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Pescara, 23/11/2024
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Data: 14/01/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Società di Stato sotto Palazzo Chigi. Dietro il rinvio dei decreti della riforma Pa una norma che toglierebbe la proprietà delle partecipate al Tesoro. Dalle Ferrovie alla Cassa depositi e prestiti le aziende interessate. Già oggi le nomine sono decise di concerto.

ROMA Per la riforma della Pubblica amministrazione arriva una nuova fumata nera. I dieci decreti attuativi che avrebbero dovuto essere approvati nel consiglio dei ministri di domani, saranno probabilmente fatti slittare alla prossima settimana. A lasciar intendere che l’intenzione del governo fosse questa, è stato ieri lo stesso Matteo Renzi. Ma il nuovo rinvio, questa volta, si è tinto di giallo. Secondo alcune fonti la decisione sarebbe stata presa per un problema che si è verificato su uno dei provvedimenti cruciali del pacchetto Madia, quello che contiene il taglio delle società partecipate dagli enti locali che, nell’arco di alcuni anni, dovrebbero scendere da 8 mila a solo mille. Qual è il punto? All’interno delle bozze del decreto era stata inserita una norma con la quale tutte le partecipazioni controllate dalle amministrazioni centrali dello Stato, sarebbero passate sotto il diretto controllo del ministero dell’Economia.
LA MODIFICA
Una norma con un impatto abbastanza limitato, considerando che già oggi la gran parte delle controllate pubbliche è sotto il cappello del Tesoro. Secondo alcune fonti politiche, all’ultimo istante, Palazzo Chigi avrebbe deciso di modificare quella norma, trasferendo dal ministero dell’Economia alla Presidenza del consiglio il controllo dei pacchetti azionari delle controllate. Dalle Ferrovie alla Cassa Depositi e prestiti, passando per le società quotate come Eni ed Enel, passerebbero dalle mani di Pier Carlo Padoan direttamente a quelle di Matteo Renzi. Fonti del governo smentiscono che un’ipotesi del genere sia mai stata sul tappeto, ma quasi nessuno nasconde che il decreto sulle società partecipate sia quello al momento più difficile da chiudere.
Attualmente le partecipazioni azionarie che fanno capo al ministero dell’Economia sono gestite da una direzione, la settima (Finanza e privatizzazioni) del Dipartimento del Tesoro, guidata da Francesco Parlato. Una struttura relativamente snella, il cui impegno è molto visibile nella fasi in cui lo Stato predispone la cessione sul mercato di quote delle proprie società: come sta avvenendo in questi mesi, prima con Poste, ora con Ferrovie. Spetta alla settima direzione, tra l’altro, il compito di tenere i rapporti con i consigli di amministrazione e svolgere i vari adempimenti dell’azionista, tra cui anche la proposta delle liste con cui vengono designati gli amministratori.
LA SCELTA
Ma naturalmente già oggi, con le azioni in capo al Tesoro, la scelta dei vertici della società - soprattutto quelle più importanti - è una questione politicamente delicata che viene definita con un ruolo decisivo della presidenza del Consiglio. È andata così anche con le più recenti tornate di nomine. L’eventuale spostamento a Palazzo Chigi della proprietà azionaria comporterebbe probabilmente anche il trasferimento di questo pezzo del Dipartimento del Tesoro presso gli uffici della Presidenza.

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