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Pescara, 23/11/2024
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Data: 15/01/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Statali, arriva il licenziamento dei furbetti. Renzi anticipa le norme sulla responsabilità dei dipendenti: entrano nel primo pacchetto di decreti attuativi della riforma. Procedure immediate per i casi flagranti di assenteismo: così il premier vuole segnare la nuova fase dell’azione di governo

ROMA Licenziamento rapido per i dipendenti pubblici colti in flagrante a truffare lo Stato con assenze ingiustificate o altri comportamenti inaccettabili: per raggiungere questo obiettivo sarà rafforzato il pacchetto di decreti attuativi della riforma della Pubblica amministrazione che andrà all’esame del Consiglio dei ministri tra una settimana. Matteo Renzi mercoledì mattina ha chiamato Marianna Madia, ministro della Pubblica amministrazione, e Antonella Manzione, capo del Dipartimento legislativo di Palazzo Chigi, con l’obiettivo di stringere i tempi e arrivare già venerdì prossimo ad una norma di sicuro impatto, che rappresenti un segnale concreto di avvio di una nuova fase nell’azione di governo. In qualche modo, almeno per i casi più eclatanti come quelli dei furbetti del cartellino, si avvierebbe per il mondo del lavoro pubblico qualcosa di analogo alla revisione dell’articolo 18 che ha già toccato i dipendenti privati. Lo spunto legislativo sarebbe dato dalla lettera s) dell’articolo 17 del disegno di legge Madia: quattro righe che parlano di «introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti finalizzate ad accelerare e rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l’esercizio dell’azione disciplinare». Una formula ispirata dall’idea che le norme per intervenire sulla carta già esistono, ma sono state rarissimamente applicate per la farraginosità delle procedure: renderle effettive e immediate è proprio l’obiettivo del governo. Il relativo provvedimento anticiperà le altre novità in materia di lavoro pubblico e dirigenza, in calendario nei prossimi mesi in coda agli altri decreti.
LE NOMINE Non ci dovrebbero essere invece sorprese clamorose sulle grandi società pubbliche. Le azioni di Eni, Enel, Poste e delle altre partecipate statali, dalle grandi quotate alle più piccole, resteranno per ora dove sono cioè al ministero dell’Economia. Il governo ha smentito l’indicazione emersa mercoledì a proposito del decreto di riassetto della galassia delle società: il controllo non sarà trasferito a Palazzo Chigi e sarà mantenuto al Tesoro anche il ruolo formale di proporre le nomine (che comunque sul piano politico sostanziale sono già gestite in strettissimo coordinamento tra Mef e Presidenza). La stessa Madia ha precisato la posta in gioco con il decreto atteso in Consiglio dei ministri la prossima settimana. Il punto da definire è la collocazione del futuro organismo di vigilanza sulle partecipate, che però avrà una missione circoscritta: dovrà verificare che siano effettivamente attuati i tagli previsti dal provvedimento e quindi la chiusura delle società con più amministratori che dipendenti, di quelle in perdita costante e così via. Questo organismo potrebbe essere costituito a Palazzo Chigi o in alternativa a Via Venti Settembre. Concentrerà la propria azione sulle partecipate degli enti locali e dal suo mandato saranno escluse comunque le società quotate. La partita però potrebbe non chiudersi con questo provvedimento: tra quelli previsti dalla riforma infatti c’è anche quello che tocca i poteri di indirizzo della Presidenza. In quel contesto ad esempio dovrebbe essere trasferita a Palazzo Chigi la vigilanza sulle Agenzie fiscali, attualmente appannaggio del Mef. Il tema delle partecipate potrebbe quindi tornare di attualità rientrando dalla finestra.


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