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Pescara, 23/11/2024
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Data: 15/01/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Contratti, riesplode lo scontro. Cgil, Cisl e Uil: estensione dei minimi salariali e secondo livello. Ma Confindustria dice di no

ROMA Arriva, approvata all’unanimità, la proposta unitaria di Cgil, Cisl e Uil di riforma del modello contrattuale, «un moderno sistema di relazioni industriali», basata su contrattazione, partecipazione e rappresentanza. I sindacati parlano di una «stagione nuova», di un risultato importante a cui sono arrivati dopo mesi (e strappi anche interni) ed una «difficile sintesi». Su cui avviare il confronto con tutte le associazioni datoriali e con il governo, sottolineano, «controparte» nel pubblico impiego. Il numero uno di Confindustria gela i sindacati: la loro proposta «è già superata», dice Squinzi, «dai contratti di categoria che si sono chiusi in questo periodo e dalle nostre proposte per i contratti in fase di rinnovo, anni luce più innovative rispetto alla piattaforma di Cgil, Cisl e Uil». Non si fa attendere la replica del segretario generale della Cgil: è il modello di Confindustria ad essere «vecchio come il mondo. Sono stupita che il presidente Squinzi lo dica del nostro. La cosa più vecchia è sostenere il primato, il dominio dell’impresa», rimarca Camusso, secondo cui invece «la foto sbiadita» è di «quelli che pensano si possa continuare a proporre la ricetta della competizione al ribasso, della riduzione dei costi e dei salari». «Forse si è guardato allo specchio», risponde invece il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, precisando di riferirsi non alla persona di Squinzi «ma a una parte di ciò che rappresenta: è una parte del sistema delle imprese ad essere vecchia». Tre i pilastri del testo sindacale, approvato all’unanimità dagli esecutivi di Cgil, Cisl e Uil: sulla contrattazione in senso stretto si confermano i due livelli con la centralità del contratto nazionale; gli aumenti salariali vengono legati non più (solo) all’inflazione ma a «dinamiche macroeconomiche», si punta ad implementare il secondo livello (aziendale o territoriale) e la produttività. Alla via contrattuale si rimandano anche i licenziamenti economici collettivi e disciplinari «per aggiornarli secondo il principio della proporzionalità tra mancanza e sanzione», così come le mansioni. «In alternativa all’ipotesi del salario minimo legale», unico punto della delega sul jobs act non esercitato dal governo che ha lascito alle parti sociali il tempo (ragionevole) per arrivare ad un accordo, Cgil, Cisl e Uil chiedono «l’esigibilità universale» dei minimi salariali ma definiti dai contratti nazionali, da sancire attraverso «un intervento legislativo di sostegno.

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