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Data: 28/01/2016
Testata giornalistica: Mapero'
Zappa(costa) sui piedi di Lilli Mandara

A tutti i costi, a dispetto di tutto e di tutti. Persino dei pareri più autorevoli. E allora, siccome pezze di appoggio dentro la Regione Abruzzo non ne trova, adesso il presidente Luciano D’Alfonso sta cercando disperatamente qualcuno, magari il ministero della Funzione pubblica, che gli dia ragione. Pur di far fuori Giancarlo Zappacosta, il direttore del dipartimento Cultura e Turismo.

Per la verità già lo ha fatto fuori: nella delibera di incarico dei Trasporti a Maria Antonietta Picardi, viene affidato l’interim di Cultura e turismo al direttore generale Cristina Gerardis.

L’attacco a Zappacosta era iniziato a novembre, studiato nei minimi particolari, condiviso con la fedelissima del presidente Eliana Marcantonio, un lavoro sottile e meticoloso: il dipartimento Trasporti, Cultura e Turismo, consegnato a Zappacosta a novembre del 2014, qualche mese dopo l’insediamento di D’Alfonso alla Regione, viene spacchettato. Diviso in due. In realtà non si potrebbe: la legge stabilisce che i dipartimenti devono essere tanti quanti gli assessori.

Ma D’Alfonso trova una scorciatoia: sostiene che in realtà gli assessorati sono sette perché la figura del sottosegretario è una figura operativa, a tutti gli effetti. Gliela fanno passare liscia. Zappacosta acconsente, ma la puzza di bruciato è forte. Puzza di bruciato, eccome: a distanza di un anno il cappotto confezionato a ferragosto del 2014 si rivela stretto, troppo stretto. Il taglio dei dipartimenti, fatto poco dopo l’elezione, serve solo come azione dimostrativa. Ora D’Alfonso deve ricavare un’altra poltrona, accontentare un’altra persona, forse la dirigente Rosso Antico Carla Mannetti: o almeno così si pensa, sulle prime. In realtà è già iniziato il siluramento di Zappacosta. E quindi prima gli taglia metà dipartimento, poi il 19 gennaio scorso lo disarciona per sempre. Non era uno yes-man, lui.

Ora però cerca pezze di appoggio. Zappacosta ha fatto ricorso all’avvocato e ha annunciato una causa civile: chiederà i danni ai dirigenti Ebron D’Aristotile e Eliana Marcantonio, al presidente D’Alfonso e ai membri della giunta regionale che hanno approvato la delibera. Di ragioni ne ha da vendere, ha in mano il parere dell’avvocato regionale dello Stato Stefania Valeri, del direttore generale Cristina Gerardis, e anche la ricostruzione storica di come è andata la giunta regionale del 19 gennaio scorso. D’Aristotile si presenta con due delibere: una di incarico per la Picardi che diventa così direttore dei Trasporti, una di conferma per lui, con il sostegno dei due pareri. Ma misteriosamente le due delibere scompaiono e al loro posto ne viene approvata un’altra, in cui viene tagliata la testa a Zappacosta.

D’Alfonso in realtà si attacca a un parere, il meno autorevole tra quelli acquisiti, ed è firmato proprio dalla Marcantonio. La dirigente sostiene che se si procede alla riorganizzazione dei dipartimenti, è necessario rifare il bando. Ma sia le leggi che i precedenti dimostrano il contrario. Intanto, secondo l’Avvocatura regionale, lo spacchettamento di un dipartimento non equivale a una riorganizzazione, e quindi è irrazionale sostenere che un direttore che era in grado di gestire i Trasporti e la Cultura e il turismo ora non sia più in grado di gestire la metà esatta di quella delega. E d’altronde in passato, in situazioni simili, i direttori sono stati confermati senza colpo ferire: è accaduto ad Antonio Di Paolo e a Tommaso Di Rino.

E allora a questo punto la Regione rischia di pagare caro il siluramento di Zappacosta. Se non c’è una giusta causa, e in questo caso sembra proprio che non ci sia, il direttore può essere mandato a casa ma ha diritto allo stipendio e anche al risarcimento del danno. Il governatore è davanti a un vicolo cieco: il danno economico per la Regione potrebbe essere elevatissimo.

Ps: il centrosinistra non ha mandato a casa i manager delle Asl nominati dal centrodestra sostenendo che avrebbero fatto causa e la Regione avrebbe dovuto pagare i danni. In questo caso però che importa: Zappacosta è scomodo, i manager del centrodestra invece no.

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