Una lista di 10 dirigenti d’oro a cui dare il benservito entro un mese. Parte da qui la rivoluzione in Atac firmata Marco Rettighieri. Il nuovo direttore generale è evidentemente arrivato in via Prenestina con le idee chiare e, chissà, forte anche di qualche «consiglio» scritto giuntogli dal suo «estimatore» Stefano Esposito. I manager in uscita, già diminuiti sensibilmente dopo la cura Danilo Broggi, potrebbero essere alcuni di quelli promossi proprio durante l’era Marino, dal discusso direttore del Personale, Giuseppe Depaoli, al direttore Relazioni Industriali, Luca Masciola, coinvolto nell’ambito dell’inchiesta Parentopoli, fino al dirigente part-time Pietro Spirito. Stipendi che, in generale, arrivano a superare anche la soglia dei 200mila euro lordi l’anno. Tremano anche alcuni dei responsabili delle due linee metropolitane A e B e della Roma-Lido, soprattutto dopo i disservizi dell’ultimo anno. Chi conosce Rettighieri, tuttavia, lo descrive sì come un decisionista, ma anche come persona «razionale», dunque non è detto che l’operazione di dimagrimento non possa passare attraverso una fase ascolto delle parti in causa, anche per evitare che riesploda la faida all’interno dell’azienda e che questa possa avere ripercussioni sul servizio.
L’exit strategy dei dirigenti non è, ovviamente, l’unica questione sul tavolo del neo dg. C’è da ricucire con estrema urgenza il rapporto con i sindacati, minato dal muro contro muro portato avanti dalla passata gestione. Le sigle in questi ultimi mesi hanno stabilito una sorta di pace armata in attesa di conoscere le direttive del nuovo amministratore. Di certo, il nuovo contratto firmato da Cgil, Cisl, Uil e Fast non piace alla stragrande maggioranza dei lavoratori e già nei mesi scorsi si è lavorato per provare a modificarlo senza intaccare il piano di rientro ipotizzato da Broggi.
Ma attenzione alle emergenze. Da quando è arrivato, ovvero da meno di 2 mesi, l’amministratore unico Armando Brandolese si è ben guardato dal sottoscrivere atti che esulavano dall’azione ordinaria. L’azienda, dunque, risulta letteralmente ferma da diverse settimane. Fra le questioni lasciate in sospeso dal professore milanese (che resterà in Atac come figura di garanzia) ci sarebbe anche un maxi-appalto da 40 milioni di euro per l’acquisto delle ruote sui vagoni delle metro A e B. Un acquisto non rinviabile, che se dilazionato potrebbe portare i responsabili delle officine a trattenere i convogli Caf nei depositi. Con un danno incalcolabile per il servizio urbano, che rimarrebbe di fatto paralizzato. Rettighieri è chiamato ad analizzare l’ordine d’acquisto in pochissimi giorni, a verificare che sia tutto regolare e a prendersi la responsabilità di firmarlo.
In tutto questo, su Atac continua a incombere l’ombra di Trenitalia. Se anche il bilancio 2015 dovesse rivelarsi devastante per le casse della municipalizzata, il Campidoglio sarebbe costretto a pubblicare un bando, attraverso il quale potrebbe rendersi concreto il progetto di Nicola Zingaretti: l’azienda unica regionale a trazione Fs.