Caro Direttore, ormai da tredici anni vivo fuori dall’Abruzzo, ma grazie a “il Centro” seguo sempre con interesse e attenzione le vicende della mia Regione. Sono qui oggi a condividere una riflessione sull’ultima vicenda che vede coinvolti Ryanair e l’Aeroporto d’Abruzzo, relativa alla decisione del vettore di cancellare la base di Pescara e ridurre drasticamente i collegamenti. Da profano dei temi di politica, in quanto ingegnere, non saprei dire se la politica degli incentivi per trattenere un vettore sul territorio sia realmente “sana” o se non ci siano altre strade per ottenere quello che chiaramente è l’unico risultato possibile: evitare che Pescara e l'Abruzzo intero diventino ulteriormente marginali rispetto all’Italia e all'Europa.
Un ramo secco in un mondo nel quale i collegamenti fisici e infrastrutturali veloci sono assolutamente vitali. Ho (mio malgrado) la percezione forte di una marginalizzazione generale della nostra Terra.Beninteso le eccellenze a tutti i livelli e in tutti i settori non mancano affatto. Vero è che le stesse eccellenze e il brand Abruzzo nel suo complesso fanno purtroppo molta fatica a sfondare una certa “soglia di riconoscibilità” in Italia e ancor più all'estero. Per quanto questo possa essere in parte imputato al nostro carattere di Abruzzesi: incline più al fare concreto che alla narrativa dello stesso. Resta quella che per me è una verità che possiamo nascondere solo se non vogliamo bene al nostro Abruzzo: siamo sempre più periferia di un'Italia che fatica ad essere protagonista in Europa. La quale a sua volta rischia seriamente la frammentazione e la conseguente implosione. Scenario catastrofico? Sono convinto di sì, se si realizzasse davvero. Ma. C'è un grande ma in tutto questo. Laddove i governi nazionali e centrale europeo faticano a comporre e guidare le repentine trasformazioni che avvengono a livello globale con riflessi sostanziali nel nostro continente, forse è proprio nelle regioni d'Europa, Abruzzo in primis, che sono già presenti gli anticorpi necessari a convertire uno scenario potenzialmente distruttivo in una enorme e potente opportunità di nuova Europa, vicina ai suoi cittadini e solidale con quanti la approccino rispettandone la ricca cultura. Un'Europa aperta ed inclusiva non perché sia stato deciso a Bruxelles vergando a tavolino numeri su documenti ufficiali, piuttosto perché tutti i suoi concittadini ne hanno compreso l'inestimabile valore essendone stati gli attori protagonisti. Concretamente tutto ciò si realizza con una società abruzzese che a tutti i suoi livelli (nessuno escluso!) decida di aprire la finestra per far cambiare l'aria e mettere il naso fuori. Politica, Pubblica Amministrazione, Sanità, Accademia, Imprenditoria battano palmo a palmo le regioni europee alla ricerca delle buone pratiche da importare, connettendo persone, amministrazioni, ospedali, università ed imprese a livello transnazionale e creando così reti di valore per i reciproci territori. La società civile potrà in tal modo toccare con mano i frutti di un'Europa unita e vicina, e chissà che le leve per mantenere un vettore come Ryanair sul territorio non aumentino notevolmente al di là degli incentivi economici... Tommaso Parlapiano, Modena Fatevi avanti: chi se n'è andato ha il diritto-dovere di stimolare chi resta, portando esperienza e idee raccolte nelle città in cui si è trasferito. “Il Centro” può raccogliere questi suggerimenti e farsi carico di incalzare una classe politica spesso autoreferenziale, attenta più a dosare il bilancino tra gli egoismi dei vari campanili che a costruire un futuro per una regione che rischia la marginalità. Ma serve concretezza, come antidoto al bla bla dei convegni.