«Palazzo Chigi vuole tagliare le pensioni di reversibilità. Un governo che fa cassa sui morti mi fa schifo». Sono 140 caratteri sparati ad alzo zero quelli che ieri il leader della Lega Matteo Salvini ha fatto partire via twitter all’indirizzo della presidenza del Consiglio. Materia del contendere: le pensioni di reversibilità.
Il no di Damiano e di Binetti
Pur con toni diversi, ieri anche Cesare Damiano ha posto il suo altolà: «La delega del governo sul sostegno alla povertà prevede la possibilità di tagliare le reversibilità – ha rimarcato il presidente della commissione Lavoro della Camera –. Non è accettabile. La previdenza non può essere una mucca da mungere». A completare la trasversalità dell’allerta Paola Binetti, Area Popolare: «La proposta di legare all’Isee le pensioni di reversibilità va approfondita».
La partita della commissione
Nella serata di ieri palazzo Chigi ha precisato che «se ci saranno interventi di razionalizzazione saranno solo per evitare sprechi e duplicazioni, e riguarderanno solo le prestazioni future, non quelle in essere». Ma facciamo un passo indietro. A far scattare l’«allerta reversibilità» è stato l’arrivo in commissione Lavoro della Camera della delega del governo sul sostegno alla povertà. Il testo prevede di riformare i criteri (di reddito e/o patrimonio) che permettono l’accesso a determinate misure, tra cui anche l’integrazione al minimo oltre alla reversibilità. Una delle ipotesi è quella di legare la reversibilità alla parte dell’Isee che valuta il reddito (eventualmente inserendo anche soglie patrimoniali elevate).
La posizione dell’Isfol
«Sia chiaro, tutto questo non ha l’obiettivo di risparmiare risorse ma di rendere più giusta l’assegnazione dei fondi», sottolinea Stefano Sacchi, commissario dell’Isfol oltre che ex consigliere del ministero del Lavoro su questa partita. E ancora: «Primo: le pensioni già in essere non sono materia di intervento. Secondo: se in futuro ci fosse qualche risparmio con questa misura sarebbe reinvestito nella lotta alla povertà».
Cambio di criteri
Resta il fatto che i criteri per l’assegnazione della reversibilità in futuro cambieranno. Chi con le regole di oggi aveva il diritto potrebbe perderlo o vederlo ridimensionato. Chi non lo aveva potrebbe acquisirlo. A spezzare una lancia a favore di una razionalizzazione attenta è l’esperto di previdenza Alberto Brambilla: «I casi soprattutto di donne che sposano uomini molto più anziani sono più frequenti. Alcune restano vedove giovani, magari senza figli. È giusto pagare loro la reversibilità da subito? O andrebbe valutata la possibilità di versare l’assegno, come in molti Paesi, quando si raggiunge l’età pensionabile?». Da notare: a oggi il 67% di pensionati di reversibilità gode già di un’altra pensione. Una certezza c’è: la questione continuerà a far discutere.