ROMA Lo scontro si è acceso sulle pensioni di reversibilità, nervo sensibile dello Stato sociale italiano. Ma la delega che il governo aveva approvato a fine gennaio e che da pochi giorni è arrivata in Parlamento prevede di razionalizzare non solo i trattamenti ai superstiti ma anche tutti quelli che in ambito assistenziale, ma anche previdenziale, sono legati al reddito. Si parla dunque di assegno al nucleo familiare, di assegno sociale, di integrazione al minimo e di altre maggiorazioni sociali. Sono esplicitamente menzionati i trattamenti percepiti dagli italiani all’estero mentre al contrario sono escluse le prestazioni legate a invalidità o disabilità.
IL PROVVEDIMENTO
I risparmi eventualmente ottenuti attraverso il riordino andranno a finanziare il nuovo sussidio alle famiglie povere, la cui istituzione è stata inserita nello stesso provvedimento legislativo. Nelle ultime ore il crescere della protesta sindacale e politica ha indotto il governo a tentare di calmare le acque. Così il ministro del Lavoro Poletti ha parlato di «polemica infondata» aggiungendo che «tutto quello che la delega si propone è il superamento di sovrapposizioni e situazioni anomale». E sulla stessa linea si è attestata la presidenza del Consiglio: «Non si toccano le pensioni di reversibilità». Nella versione del testo inviata alla Camera è stata comunque inserita una clausola assente nel testo originario esaminato dal Consiglio dei ministri: si precisa che i nuovi requisiti si applicheranno «a coloro che richiedono le prestazioni dopo la data di entrata in vigore dei decreti legislativi». Dunque per chi attualmente gode della pensione di reversibilità o di un altro trattamento non cambierà nulla.
Il percorso è appunto quello della legge delega: dopo che il provvedimento sarà stato approvato dal Parlamento, il governo avrà sei mesi di tempo per mettere a punto i conseguenti decreti legislativi, nei quali saranno contenute le nuove regole dettagliate. Il nodo è capire fino a che punto l’esecutivo si spingerà nella riforma, che ha alcune linee guida specificate nella delega: «universalismo selettivo» nell’accesso e «criteri unificati di valutazione» in base all’Isee, indicatore di situazione economica equivalente. Proprio il nesso con l’Isee è stato il detonatore che ha fatto esplodere le contestazioni sulla reversibilità. Attualmente il trattamento scatta sia e beneficio dei superstiti di un pensionato, sia nel caso in cui il defunto sia un lavoratore, purché abbia accumulato contribuzione sufficiente. L’importo, nel caso in cui ci sia solo il coniuge è pari al 60 per cento della pensione originaria, mentre sale se ci sono anche figli minori o altri familiari. Ma poi scattano altre decurtazioni crescenti se il superstite possiede altri redditi al di sopra di tre volte il minimo Inps (ovvero circa 1.500 euro lordi al mese). Rispetto a questo meccanismo l’Isee potrebbe risultare più penalizzante ad esempio per chi possiede una casa, visto che l’indicatore tiene conto oltre che del reddito anche del patrimonio.
LE CRITICHE
La connessione con l’Isee è uno dei punti che ha scatenato le critiche più forti. «La reversibilità non si tocca» è stato lo slogan dei vertici sindacali: i tre segretari generali di Cgil, Cisl e Uil si sono mossi per chiedere un incontro al presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano. In campo con toni accesi anche Lega, Forza Italia e Movimento Cinque stelle («sarà guerra» ha detto il leader del Carroccio Salvini) mentre commenti preoccupati sono arrivati anche dall’interno del Pd. La polemica si è inevitabilmente collegata con un altro tema caldo di questi giorni, quello delle Unioni civili: Maurizio Sacconi, presidente della commissione Lavoro del Senato ha definito «paradossale ipotizzare tagli alla reversibilità mentre si vuole un ampliamento alle coppie gay».