MILANO Mazzette per aggiudicarsi appalti pubblici, corsie preferenziali in cambio di finanziamenti elettorali, pericolosi intrecci societari tra gli imprenditori e le consorti dei politici. Il nuovo scandalo nella sanità lombarda, questa volta per l’assegnazione dei servizi odontoiatrici di alcuni ospedali, ha come protagonisti il consigliere regionale leghista Fabio Rizzi, un fedelissimo del governatore, e il suo braccio destro Mario Valentino Longo. Sono finiti in carcere, indagati con altre diciannove persone, con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, turbata libertà degli incanti e riciclaggio. Il ritratto tracciato dal gip di Monza Giovanna Corbetta nell’ordinanza è impietoso: hanno usato «il potere politico» come «strumento per accumulare ricchezze» e non hanno esitato «a strumentalizzare le idee del partito che rappresentano, a intimidire facendo valere la loro posizione chi appare recalcitrante alle loro pretese».
SALUTE A CARO PREZZO
Il giro d’affari era ricco, oltre 400 milioni di euro, le gare numerose e il vincitore sempre lo stesso: le aziende dell’imprenditrice Maria Paola Canegrati, che in dieci anni avrebbe conquistato il monopolio dei servizi odontoiatrici appaltati in esterno dagli ospedali lombardi. «I bandi erano puramente formali - spiega il procuratore aggiunto monzese Luisa Zanetti - La Canegrati, dal 2013, si è procurata aderenze nella politica regionale, per poi costruire la sua rete di azione a livello amministrativo con funzionari pubblici corrotti, a libro paga del suo gruppo». Le pedine più preziose, stando alle carte dell’inchiesta, erano proprio Rizzi e Longo: è grazie a loro che avrebbe vinto un bando da 45 milioni di euro indetto nel 2015 dagli ”Istituti clinici di perfezionamento” e uno da 10 milioni dell’”Ospedale di circolo di Busto Arsizio” nel 2014. L’ex senatore e il suo factotum si sarebbero anche dati da fare per favorire l’espansione della Canegrati in Toscana e per blindare la riconferma dei suoi contratti. E in cambio? Cinquanta mila euro spartiti tra Rizzi e Longo, più il sostengo per le regionali del 2013. «Ti dico una cosa riservatissima - rivela Longo in un’intercettazione - la campagna elettorale di Fabio l’ha sostanzialmente finanziata al 100% la dottoressa Canegrati». Una colonna portante del Pirellone: «La dottoressa Canegrati versa mediamente 15 milioni di euro all’anno alla Regione Lombardia e dà da lavorare, più o meno, a 1000 persone». Le aziende dell’imprenditrice si inserivano nell’ospedale come un vero e proprio reparto, gestivano l’allestimento dei locali, le visite e il personale. A danno della qualità del servizio e del cittadino, indotto a ricorrere «alle prestazioni in regime di solvenza». Non solo: le liste d’attesa magicamente si allungavano e così i pazienti, rassegnati, venivano dirottati sui servizi a pagamento.
REGIONE SPACCATA
Un’organizzazione pazientemente costruita dalla Canegrati che poteva contare sui politici regionali e funzionari corrotti, ricompensati con denaro o con l’assunzione di parenti e finte consulenze. «Quando le cose non vanno bene metto di mezzo la politica», era il motto dell’imprenditrice. E con Rizzi e Longo si sentiva in una botte di ferro, perché il sodalizio era diventato una questione di famiglia. Lorena Lidia Pagani e Silvia Bonfiglio, «compagne conviventi» dei due uomini del Pirellone, «svolgevano il ruolo di prestanome al fine di ricevere il prezzo della corruzione» ed erano socie al 50% con la Canegrati della Sytcenter srl. Per il governatore Roberto Maroni è stato come uno schiaffo in pieno volto: di Rizzi di fidava, era un compagno di partito e un amico. E ora si dice «offeso, deluso», soprattutto «molto, molto inca...to». Annuncia una «commissione ispettiva» e la costituzione di parte civile all’eventuale processo: «Non vogliamo coprire nessuno - assicura - non abbiamo nessuno da difendere, chiunque abbia sbagliato ne risponderà. La Regione è parte offesa». Nel frattempo il consigliere è già fuori dal Carroccio, espulso «per il bene suo, della verità, della Lega e dei cittadini della Lombardia», annuncia il segretario Matteo Salvini. Senza però convincere le opposizioni - Pd, M5S e Patto Civico - che lo accusano di essersi fidato troppo: «Bisogna tornare al voto al più presto», è la richiesta che sarà presto formalizzata in una mozione di sfiducia.