ROMA Un «parziale insuccesso». La spending review quale strumento per il riequilibrio della finanza pubblica si è tradotta più in tagli rigidi e generalizzati che in processi di efficienza della pubblica amministrazione. Il sistema di revisione della spesa pubblica comporta un rovescio della medaglia che il presidente della Corte dei Conti, Pasquale Squitieri, ha messo in evidenza ieri, nel corso dell’annuale cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario della magistratura contabile alla presenza del Capo dello Stato Mattarella. Le «operazioni assai meno mirate di contrazione, se non di soppressione, di prestazioni rese alla collettività», specialmente nei servizi sanitari, hanno sì tagliato i costi ma anche causando un «progressivo offuscamento dei servizi».
L’analisi di Squitieri, inserite in un contesto di più ampio respiro sulla necessità di «fornire impulso alla crescita in una fase così delicata per il Paese», è stata accolta con irritazione dal governo. Il primo a reagire è stato il viceministro all’Economia Enrico Zanetti: in due anni gli interventi di revisione hanno consentito ben 25 miliardi di spending, «mica noccioline». «Non ci sono stati tagli lineari alla sanità», ha ulteriormente precisato il ministro alla Sanità Beatrice Lorenzin. Alla richiesta di chiarimento partita all’indirizzo della magistratura ha dato successivamente risposta lo stesso Squitieri: le considerazioni fatte nel corso dell'inaugurazione dell'anno giudiziario - ha detto - facevano riferimento «alle tecniche adottate fino ad oggi, e dunque alle spending review tentate in passato che non hanno oggettivamente avuto un grande successo perché forse è mancata una precisa informazione sui settori e sui tipi di intervento. Adesso la linea è diversa».
GLI ILLECITI
Precisazioni a parte, il quadro dell’illegalità tracciato anche dal pg della Corte dei Cont Martino Colella non è dei più edificanti. I settori nei quali è stato rilevato il maggior numero di illeciti resta quello delle forniture e dei lavori pubblici, oltre che la gestione della spesa sanitaria e la concessione di contributi nazionali e comunitari a soggetti privati. I reati contro la pubblica amministrazione hanno portato, nel 2015, a condanne per danni, sia patrimoniali che all’immagine, per un importo di oltre 66milioni di euro in primo grado e di 18,3 milioni di appello.