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Pescara, 26/07/2024
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Data: 24/02/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Privatizzazioni, in campo alternative alle Ferrovie

ROMA Enrico Morando non si sbilancia. Ma qualche indizio lo lascia trapelare. Sulle privatizzazioni, ha spiegato ieri il vice ministro dell’Economia, «abbiamo l’esigenza di conseguire gli obiettivi che ci siamo prefissi». Poi ha aggiunto anche che «se non li facciamo nel 2016 attraverso Ferrovie, vorrà dire che dovremo compensare con altre». Dove per altre intende le società pubbliche. Il cantiere, insomma, è aperto. Qualche indicazione più precisa, probabilmente, la si avrà soltanto ad aprile, quando il governo presenterà il nuovo Def, il documento di economia e finanza, nel quale aggiornerà le previsioni economiche. Una cosa è certa. Il capitolo sul debito pubblico sarà uno di quelli che verranno esaminati con il lanternino dalla Commissione europea, che già nelle sue stime invernali ha ritoccato al rialzo la previsione del 2016 indicando un rapporto tra debito e Pil al 132,4%, leggermente in discesa sul dato del 2015. Il punto è che venendo a mancare i proventi della quotazione di Ferrovie, il cui sbarco in Borsa è stato rinviato al 2017, il segno meno davanti al debito potrebbe trasformarsi in un segno più. Da qui l’esigenza di trovare qualche modo di «compensare» i mancati introiti. Che, secondo il governo, dovrebbero essere pari allo 0,5% di Pil, anche se Morando ha detto che in realtà si tratta di «un po’ meno». La forbici sarebbe tra i 6,5 miliardi (lo 0,4% raggiunto nel 2015) e gli 8 miliardi (lo 0,5%). In cantiere ci sono alcune operazioni già previste. C’è la quotazione di Enav, che procede abbastanza spedita. Il filing alla Consob potrebbe arrivare già a fine marzo. La società per giugno dovrebbe essere sul listino, dove è accreditata di un valore che può arrivare a 2 miliardi. Se collocasse tutto il 49% autorizzato dal decreto di privatizzazione, potrebbe arrivare nelle casse del Tesoro circa 1 miliardo.
LE OPERAZIONI
Poi c’è l’operazione Stm. Da tempo la partecipazione deve essere trasferita dal Tesoro al Fondo strategico della Cdp. I tempi sarebbero ormai maturi. L’incasso sarebbe tra i 400 e i 500 milioni. C’è l’operazione Grandi Stazioni, ma si tratta di una privatizzazione indiretta che, anche se porterà benefici per il bilancio statale grazie ai minori trasferimenti alle Ferrovie, difficilmente potrà essere messa in conto all’abbattimento del debito pubblico. Qualcosa si farà di certo anche sugli immobili, ma per coprire l’ammanco di Ferrovie bisognerà ipotizzare qualche operazione più consistente. Si potrebbe ragionare, per esempio, di una nuova tranche di Poste, società che capitalizza 8 miliardi e di cui il Tesoro ha ancora oltre il 60%. Ma è da escludere almeno fino a quando il titolo non recupererà in Borsa il livello della quotazione, ossia 6,75 euro. Mentre, per ora, sarebbero escluse totalmente nuove cessioni di Enel e di Eni.

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