Iscriviti OnLine
 

Pescara, 26/07/2024
Visitatore n. 738.580



Data: 02/03/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Pil. L’Italia in recupero crescita 2015 allo 0,8%. I dati definitivi dell’Istat, dopo tre anni l’economia riparte trainata dai consumi. Deficit al 2,6%, debito meglio del previsto Scende al 43,3% anche la pressione fiscale.

L’Italia è fuori dalla recessione. Per la prima volta, dopo tre anni, il Prodotto interno lordo è tornato a crescere. Il dato finale comunicato ieri dall’Istat per il 2015 è lo 0,8%. Uno 0,1% in più rispetto alle stesse previsioni preliminari dell’Istituto di statistica, ma uno 0,1% in meno di quanto aveva indicato il governo nel suo ultimo documento ufficiale, la nota di aggiornamento del Def, nel quale l’asticella del Pil dello scorso anno era stata fatta salire fino allo 0,9%. Sul dato finale, in realtà, ha inciso anche una revisione al ribasso di due miliardi di euro effettuata dall’Istat, sul prodotto interno lordo del 2014. Un normale ricalcolo che l’Istituto effettua periodicamente, ma senza il quale il dato finale si sarebbe collocato leggermente al di sotto dello 0,7%.
LE CIFRE
Il contributo alla crescita è arrivato soprattutto dai consumi interni, saliti in un anno dello 0,5%. Il traino maggiore l’ha dato il settore dell’auto. La spesa per trasporti è aumentata del 5,5%, a 106,6 miliardi di euro. Sono cresciute poi, le spese per istruzione (+2,7%), quelle per ricreazione e cultura (+2,4%) e anche per vestiario e calzature (+1,4%). A livello settoriale, il valore aggiunto più elevato è arrivato dall’agricoltura, con un più 3,8%. Anche gli investimenti, vero buco nero negli anni di recessione, hanno mostrato qualche segno di risveglio, con un incremento dello 0,8%. Per il governo, in realtà, quello che conta maggiormente sono altri due numeri diffusi ieri dall’Istituto di statistica. Si tratta del dato sul deficit e di quello sul debito, le voci sulle quali si concentrano normalmente i negoziati con la Commissione europea. Il deficit si è fermato al 2,6%, perfettamente in linea con le previsioni del governo. Il dato sul debito è stato anche leggermente migliore rispetto alle aspettative. Il governo nei suoi documenti di finanza pubblica aveva indicato un obiettivo al 132,8%. Il risultato finale è stato del 132,6%. Questo grazie anche ad un aumento leggermente maggiore dell’inflazione rispetto alle previsioni, che ha influenzato il Pil nominale, il valore su cui si calcolano il deficit ed il debito. Comunque sia, è evidente che il buon risultato mette il governo italiano in una posizione di maggiore forza nei prossimi negoziati con Bruxelles nei quali ha intenzione di chiedere più flessibilità nei conti anche per il 2017.
IL CONFRONTO
Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha preso la palla dei dati Istat al balzo per lanciare immediatamente un messaggio. «La stabilizzazione del debito», ha spiegato, «è la premessa per la sua riduzione». Ha poi sottolineato che «l’Italia mantiene i suoi impegni» e dunque bisogna «proseguire su questa strada». Ma non è tutto oro quel che luccica. L’avanzo primario, ossia la differenza tra le entrate e le spese pubbliche al netto degli interessi sul debito, che è considerato un indicatore chiave per valutare la capacità di ridurre il passivo pubblico, è sceso all’1,5%. Già nel 2014 si era fermato all’1,6%, mentre due anni prima era al 2,2%. Le entrate sono migliorate dello 0,6%, grazie soprattutto al buon andamento del gettito dell’Iva e dell’Irpef. La pressione fiscale è leggermente scesa, passando dal 43,6 al 43,3%. Le spese totali delle amministrazioni pubbliche sono invece diminuite dello 0,1%, circa 1,6 miliardi di euro in tutto. A calare maggiormente sono state le uscite correnti, che si sono ridotte dello 0,7%. I risparmi sono stati registrati quasi interamente alla voce redditi da lavoro dipendente. Il costo dei lavoratori statali è sceso dell’1,1% a 161,7 miliardi. I consumi intermedi, quelli sui quali da anni ormai si concentrano le spending review dei vari governi, sono invece saliti dello 0,3%. Un contributo decisivo alla riduzione della spesa è arrivato anche dagli interessi sul debito pubblico. Grazie al Quantitaive easing di Mario Draghi che ha calmierato lo spread, il costo del debito è crollato dell’8% a meno di 70 miliardi di euro l’anno.
LE PROSPETTIVE.
Archiviato il 2015, ieri sono arrivai anche i dati sul fabbisogno di febbraio di quest’anno. Un primo bimestre nel quale, rispetto ad un anno fa, il deficit di cassa delle amministrazioni pubbliche è peggiorato di 1,5 miliardi di euro, arrivando a circa 5,8 miliardi. Solo nel mese di febbraio il fabbisogno è stato di 9,9 miliardi di euro. A pesare sul dato, ha fatto sapere il ministero dell’economia, è stato il mancato incasso del canone della Rai, che da quest’anno sarà pagato in bolletta a partire dal mese di luglio e che invece negli anni scorsi era versato a gennaio. Tengono invece le entrate, in linea con i primi due mesi dello scorso anno.

www.filtabruzzo.it ~ cgil@filtabruzzo.it