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Pescara, 25/07/2024
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Data: 09/03/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Tagli e privatizzazioni il governo ora accelera. Per il prossimo anno prevista la vendita delle municipalizzate. Tetto alle detrazioni.

Nel Def che sarà presentato entro aprile verrà aggiornato anche il piano di riforme.

ROMA Tra Palazzo Chigi e il Tesoro la parola d’ordine è fare buon viso. In fin dei conti, spiegano fonti del governo, l’Unione Europea non ha calcato la mano accogliendo quasi in toto la linea italiana. Roma non è finita nel cosiddetto «braccio correttivo», quello che avrebbe determinato l’apertura di una procedura d’infrazione che a sua volta avrebbe legato mani e piedi al governo. L’Italia è rimasta nel «braccio preventivo», che equivale ad una tirata d’orecchie o poco più. E nemmeno spaventano più di tanto le minacce del falco Valdis Dombrovskis, vice presidente della Commissione europea con delega agli affari economici. Roma ha già ottenuto di confrontarsi con l’altro vicepresidente, ascrivibile più alla categoria delle colombe che dei rapaci, Pierre Moscovici. Tanto è vero che ieri lo stesso premier, Matteo Renzi, ha gettato secchiate d’acqua sul fuoco. Ha persino plaudito ai richiami dell’Ue, spiegando comunque che Bruxelles non ha chiesto nessuna manovra correttiva. Certo, è pur vero che qualcuna delle censure contenute nel documento europeo non ha lasciato indifferente Palazzo Chigi. Come le presunte lacune sulla spending review. Un giudizio ritenuto «superficiale», non corroborato da dati precisi e confronti internazionali e sul quale, nei prossimi giorni, il governo potrebbe rispondere con un’analisi dettagliata dei tagli alla spesa effettuati negli ultimi anni.
LE RISPOSTE
Le risposte puntuali alle osservazioni di Bruxelles, arriveranno comunque tra circa due mesi, entro il 15 aprile, quando il governo Renzi presenterà il nuovo Documento di economia e finanza insieme al Programma di stabilità e al piano delle riforme. Carte ufficiali nelle quali saranno messi nero su bianco le nuove previsioni sulla crescita, sul deficit e sul debito. E nei quali saranno affrontati anche i temi delle privatizzazioni e quello delle riforme, due questioni sollevate in maniera critica nella lettera dell’Unione europea. Nei giorni scorsi il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha confermato gli obiettivi di cessione di aziende pubbliche nel prossimo biennio, indicati nell’ultimo documento di finanza nello 0,5% del Pil per quest’anno e il prossimo. Un punto di Pil in 24 mesi. Si tratta, a conti fatti di oltre 16 miliardi di euro. Per il prossimo anno non ci dovrebbero essere particolari problemi, soprattutto se andasse in porto la cessione delle Ferrovie che era già stata prevista per quest’anno ma poi fatta slittare dopo il cambio di management. Qualche problema in più ci sarà per l’anno in corso. Un trimestre è stato già bruciato e operazioni complesse sarà difficile strutturarne. Di certo, per ora, c’è la vendita di Enav, che arriverà in Borsa a giugno, e la cessione alla Cdp della quota di Stm in mano al Tesoro. Altre operazioni sono solo ipotizzabili, come un’ulteriore tranche di Poste da vendere sul mercato. Nel programma di riforme che il governo presenterà a Bruxelles, invece, un ruolo importante lo avranno anche le cessioni delle società municipalizzate.
L’ASSO NELLA MANICA
Il decreto di attuazione della riforma Madia è stato licenziato dal governo ed è in attesa di passare al Parlamento. Entro fine anno ci sarà una ricognizione delle società controllate dai Comuni e il prossimo anno inizieranno liquidazioni, cessioni e fusioni che ridurranno da 8 mila a mille le società. La riforma della Pa è una delle carte nella manica del governo per convincere Bruxelles a concedere nuovi margini all’Italia. L’altra è la spending review che è pronta a proseguire. È probabile che quest’anno qualcosa su detrazione e deduzioni si riesca a fare, magari con un tetto complessivo agli sconti utilizzabili. Ma molto arriverà, ancora una volta, dai tagli su beni e servizi. Tra le cartucce del governo, infine, c’è la riforma fiscale con il taglio dell’Ires il prossimo anno e quello dell’Irpef nel 2018. Con l’ipotesi anche di tagliare il cuneo definitivamente attraverso una riduzione dei contributi. Un’idea che a Bruxelles non dispiace.

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