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Pescara, 25/07/2024
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Data: 11/03/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Voto di scambio, a giudizio i Di Nino. A carico dei fratelli Piero e Stefano ipotesi anche di truffa, falso e violazioni della normativa sulla sicurezza dei lavoratori. L’accusa più pesante per il patron della ditta è di aver estorto le preferenze ai dipendenti per far eleggere la figlia Antonella.

L'accusa più pesante, se non altro dal punto etico, è quella di aver estorto il voto ai suoi dipendenti al fine di far eleggere la figlia Antonella (non imputata, né indagata) alle elezioni provinciali del 2010, a seguito delle quali divenne nelle file di Forza Italia (di cui oggi è coordinatrice provinciale) vicepresidente di Antonio Del Corvo. Ma a carico dei fratelli Piero e Stefano Di Nino (solo il primo imputato per il voto di scambio, ovvero per attentato contro i diritti politici) ci sono anche le accuse di truffa ai danni dello Stato, falso e violazioni della normativa sulla sicurezza dei lavoratori. Con loro dovranno rispondere a vario titolo delle accuse mosse anche sette dipendenti della Di Nino trasporti: Marco Caldarozzi, Attilio D'Andrea, Natalino Liberatore, Ottavio Fernando Pisegna, Marco Amiconi, Angelo Santilli e Angelo Campellone.
SENTENZA RIBALTATATutti rinviati a giudizio ieri dal giudice Giorgio Di Benedetto che, così, ha ribaltato la sentenza di proscioglimento emessa lo scorso anno dal gup Ciro Marsella e contro cui la procura aveva ricorso in Cassazione. Secondo quest'ultima il primo giudice era entrato troppo nel merito delle prove e per questo aveva accolto il ricorso del sostituto procuratore Aura Scarsella e riavviato l'iter processuale. Ora, dunque, la famiglia Di Nino dovrà affrontare il processo, la cui prima udienza si terrà il 4 ottobre prossimo. Nella sostanza l'indagine, condotta dalla polizia stradale di Pratola Peligna, ha ipotizzato l'esistenza di un sistema di taroccaggio dei cronotachigrafi (gli strumenti che si trovano a bordo dei camion e che registrano orari e chilometri percorsi) tramite magneti, con il fine di far risultare fermi mezzi che in realtà viaggiavano. E poi di aver costretto i propri dipendenti, sotto la minaccia di licenziamento o di riduzione del lavoro, ad accettare stipendi più bassi rispetto alle buste paga emesse e a fare turni massacranti, mettendo a repentaglio la sicurezza stradale. E ancora a votare per Antonella Di Nino alle elezioni e a fare i rappresentanti di lista nei seggi. «Siamo già stati riconosciuti innocenti una prima volta e siamo certi che continueremo a provare la nostra totale estraneità alle infamanti accuse - commenta la ditta Di Nino - mosse da personaggi il cui valore morale e la cui condotta anche penale è discutibile e degna di essere stigmatizzata. Mosse da spirito di rivalsa per essere state licenziate e a carico delle quali già pendono condanne per calunnia».

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