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Pescara, 25/07/2024
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Data: 16/03/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Patto tra Giorgia e Salvini Berlusconi: si schianti pure. Summit dei due alleati: basta con i diktat di Silvio. L’ira del leader: io il vero obiettivo.

Forza Italia spaccata: così ammazziamo il partito. Exit strategy: convergere su Marchini.

ROMA Un patto per Roma, con Salvini che ha fornito massime garanzie di sostegno alla Meloni. E un patto tra forze di «vera opposizione» a Renzi, con un pressing partito anche su Storace affinché converga e addirittura su Fitto per la costituzione di un centrodestra tutto nuovo, che vada oltre Berlusconi. L’operazione politica tra Giorgia e Matteo si va delineando. Per ora prevede la scalata al Campidoglio. Ma la sfida è a Berlusconi: «Contiamoci e vediamo chi vince».
Salvini e Meloni si sono incontrati ieri alla Camera. Hanno convenuto sulla necessità di non piegarsi più ai diktat dell’ex premier. L’auspicio di entrambi è che Berlusconi faccia una sintesi nel centrodestra, che lavori per l’unità con una visione strategica più ampia. «Se si rompe la coalizione non è colpa nostra, dimostri di essere lucido e faccia ritirare Bertolaso», la linea comune. Ma per ora l’ex presidente del Consiglio non ha alcuna intenzione di aprire uno spiraglio. «Ho dato la parola a Bertolaso, sono stati loro a richiamarlo da Londra, non ci sono spazi per tentennamenti. E’ una questione di coerenza politica, non accetto più giochini strumentali». Dunque strada obbligata. O forse no, visto che in FI cresce il partito di chi ritiene necessario un ripensamento.
«SUICIDA ISOLARSI»

Pochi escono allo scoperto, lo ha fatto la Mussolini, ma molti pensano che sia un suicidio isolarsi, insistere su un candidato con pochissime probabilità di andare al ballottaggio. «Rischiamo di ammazzare il partito, di non avere neanche un consigliere comunale», il terrore di molti dirigenti azzurri. E’ iniziato un lavoro sotto traccia per invitare Berlusconi a guardare in faccia la realtà, a non sottovalutare le difficoltà nel portare avanti una candidatura senza l’appoggio degli alleati, a derubricare la vicenda romana a tema locale, a non drammatizzare e concentrarsi piuttosto su Milano. Mancano del resto circa 50 giorni alla presentazione delle liste e, anche se in FI oggi c’è la convinzione che indietro non si torna, nessuno è disposto a negare che nelle prossime settimane si possa cambiare cavallo. Anzi, alcuni big non escludono neanche una mossa azzardata, ovvero quello di virare di nuovo su Marchini per mettere al bando la destra lepenista. «Per me la Meloni si può andare a schiantare, si è giocata tutta la credibilità, le ho proposto mesi fa di candidarsi e mi ha detto di no. Tempo scaduto», è il muro granitico eretto dall’ex premier che tuttavia sta pensando di circoscrivere l’incendio divampato, di andare oltre ai litigi legati alla partita su Roma.
LOGORAMENTO

All’orizzonte non è previsto alcun incontro a tre, anzi c’è chi racconta in FI come la Meloni abbia cercato, invano, il Cavaliere al telefono per comunicargli l’intenzione di candidarsi. Rapporti ormai logorati tra leader di partiti che ritengono di equivalersi anche dal punto di vista elettorale. Per questo salvaguardare l’alleanza dopo lo strappo della presidente di Fdi e di Salvini non sarà facile. «Non potevo certo accettare ordini da chi a Roma non ha voti. E’ arrivata l’ora di unire la destra, di rimetterci in gioco con coraggio e determinazione», ha spiegato la Meloni ai componenti della direzione del suo partito. «Chi resterà vivo da queste macerie assumerà la leadership del centrodestra», spiega un ex ministro fotografando la situazione. Il ritratto di Bologna non c’è più. Per ora solo sospetti e veleni e la stessa Meloni ai suoi non ha nascosto come l’appoggio di Salvini possa essere una trappola.

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