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Data: 23/03/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Tragedia dell’Erasmus. L’autista del bus non parla

TORTOSA È l’uomo chiave per capire l’insensata strage delle ragazze dell’Erasmus. Ma l’autista del bus maledetto tace, ricoverato nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Verge de la Cinta di Tortosa, a poche stanze da dove sono ricoverati alcuni studenti feriti nell’incidente. Per le famiglie di tre delle sette ragazze italiane morte domenica è arrivato ieri sera il momento di tornare a casa. Le procedure formali del riconoscimento dei corpi per loro si sono concluse. Un aereo dell’aeronautica militare riporta le tre bare in Italia. Per la genovese Francesca Bonnello i funerali sono stati annunciati già per oggi. Per la torinese Serena Saracino per domani. Per i familiari delle altre quattro ragazze la dolorosa attesa nel castello di Tortosa durerà ancora un paio di giorni. Tutte le salme dovrebbero partire per l’Italia entro domani, ha detto l’ambasciatore italiano in Spagna Stefano Sannino. Rinchiusi da lunedì scorso nel suggestivo - ma certo non per loro - castello-albergo del X secolo, madri e padri delle ragazze vagano come fantasmi affranti, volti arrossati, solcati dalle lacrime. Le formalità per le complesse procedure spagnole di riconoscimento sono quasi una distrazione, fra crisi di pianto al telefonino con parenti e amici, a volte anche di rabbia, per l’ingiustizia per l’irreparabile perdita che nulla faceva prevedere di una figlia poco più che bambina, che aveva ancora tutta la vita davanti a sé. L’uomo che potrebbe chiarire definitivamente la dinamica della strage del bus però per ora non parla. Secondo la stampa spagnola, è probabile che si sia addormentato al volante. L’avrebbe confessato, ancora sotto choc, ai primi soccorritori. Poi, seguendo i consigli di un avvocato d’ufficio, scrive La Vanguardia, si sarebbe rifiutato di rispondere alla polizia. L’uomo, di 63 anni, non ha mai avuto un incidente secondo l’impresa proprietaria del bus, e da lunedì è ricoverato. I medici hanno scoperto 24 ore dopo l’incidente che la cintura di sicurezza che gli ha salvato la vita gli ha però provocato una lesione polmonare. È grave, ma non in pericolo di vita. Non potrà essere interrogato dal magistrato che indaga sulla strage - 13 ragazze morte, sette delle quali italiane, 34 feriti - ancora per diversi giorni. A poche stanze di distanza dalla sua è ricoverata nello stesso ospedale - una vertebra forse incrinata - la cuneese Annalisa Riba, 22 anni, studentessa di Farmacia. Deve essere operata a Barcellona o Torino, perché l’ospedale di Tortosa non è attrezzato, ha spiegato il padre, Paolo. I genitori non hanno avuto il coraggio di dirle che Serena, sua cara amica, è morta nell’incidente. «Le ho detto solo che alcune ragazze sono morte», ha spiegato il padre. Annalisa ha raccontato al papà di essersi bruscamente svegliata quando il bus è impazzito. Poi si è ritrovata incastrata nelle lamiere. Ha urlato, finché qualcuno è arrivato a liberarla. Per i quattro giovani italiani feriti nell’incidente ancora ricoverati, tre ragazze e un ragazzo, non c’è pericolo di vita. Per i loro genitori la vita può continuare. Per quelli delle sette ragazze da domenica nell’obitorio di Tortosa la speranza invece è finita.

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