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Data: 23/03/2016
Testata giornalistica: Il Centro
La strage di Bruxelles - Triplice attentato a Bruxelles. Azione kamikaze in aeroporto e bombe nella metropolitana

ROMA Il monitor con il vetro spezzato davanti all’area del check-in, rimanda all’infinito l’orario dei voli in arrivo e in partenza da Bruxelles. Quella luce bianca e azzurra, rimasta accesa in mezzo alla devastazione, sarà per ore l’unico segno di quella che doveva essere una giornata normale allo scalo Zaventem, uno dei più affollati d’Europa. Ma nessun aereo dopo le 8 di ieri è più decollato né atterrato nella capitale d’Europa, colpita da due attentati terroristici che hanno ucciso 31 persone e ferite 250. Tra loro, anche tre italiani che non sono in pericolo di vita. Ma il bilancio poteva essere più tragico: una bomba, inesplosa, è stata trovata dagli artificieri tra le macerie a Zaventem, oltre un kalashnikov. Il commando che ha agito a Bruxelles, composto da almeno cinque persone, si è mosso con una strategia militare. «C’è stato un salto di qualità rispetto a Parigi», ha spiegato Giacomo Stucchi presidente del Copasir. Il primo attacco alle 8. Due giovani kamikaze il cui volto è rimasto impresso nelle telecamere della videosorveglianza si sono fatti esplodere all’interno dell’aeroporto vicino al check-in dell’American Airlines. L’altro, un’ora dopo, nella metropolitana in pieno centro, tra le stazioni di Maelbeek e Schumann. Vicino alla sede della commissione europea, fulcro politico della Ue. La matrice che ha colpito è la stessa degli attentati del 2004 alla stazione Atocha a Madrid e alla metro a Londra nel 2005: gli uomini del radicalismo islamico. Al Qaeda prima, l’Is ora che hanno già rivendicato l’attentato via internet.
E Bruxelles, che solo quattro giorni fa era rimasta sotto assedio per l’arresto di Abdeslam Salah, il mancato kamikaze della strage di Parigi, è piombata di nuovo nell’inferno. Anzi, potrebbe essere stata proprio la fine della fuga del terrorista a Molenbeek, alle porte di Bruxelles e la possibilità delle sue “rivelazioni”, a scatenare la reazione dei capi jihadisti. Ne sono convinti gli 007 iracheni. E Bruxelles, come Parigi, ha pagato un prezzo altissimo nella lotta al terrorismo. Metro e treni bloccati, bus abbandonati per strada dove si trovavano, uffici pubblici e scuole evacuate. C’è stata una sorta di mega passaparola con cui gli abitanti di Bruxelles hanno decretato autonomamente l’evacuazione generale. Sui marciapiedi ci sono i feriti, mentre i sopravvissuti sono scappati dalla metro e dall’aeroporto per le strade con i vestiti strappati, i volti insanguinati e i capelli pieni di calcinacci. Scene da 11 settembre nel cuore dell’Europa. «Sarà una lotta senza quartiere e senza confini, quella che l’Europa e i suoi alleati condurranno contro gli autori degli attentati» ha annunciato ieri al mondo il premier belga Charles Michel. Intanto Bruxelles è allo stremo e sotto choc. Il livello d’allerta è al massimo e in tutta la provincia è scattato il “piano catastrofi”. Le bombe, il buio, il panico. In un video sono fissati gli ultimi istanti di vita dei due kamikaze. Sono nella hall delle partenze allo scalo di Zaventem e con loro c’è una terza persona, ora ricercata. Spingono ognuno un carrello con i bagagli. Giovani, indossano giubbotto e jeans, nessuno si insospettisce. Dietro, una donna cammina tranquilla. Ma c’è un particolare agghiacciante in tanta “normalità”: ognuno di loro indossa un unico guanto nella mano sinistra. Ed è lì, secondo gli investigatori, che i terroristi nascondono il detonatore che farà esplodere la carica trasportata nei bagagli. Pochi istanti dopo, non ci sarà più nulla di ciò che è stato ripreso in quel video. Il soffitto dell’area delle partenze crolla sui passeggeri e il personale, esplodono i vetri che piombano su uomini, donne e bambini, nelle bombe c’erano chiodi che hanno amplificato l’effetto. E per questo molti feriti subiranno amputazioni.
È una strage. Muoiono 20 persone, centinaia i feriti alcuni molto gravi. L’aeroporto piomba nel buio, chi ce la fa si rialza e scappa, altri aiutano i feriti. Trolley, valige, borsoni vengono abbandonati dove capita. Dalla torre di controllo scatta l’ordine ai comandanti che sono già in fase di decollo di spegnere i motori degli aerei, i passeggeri vengono fatti scendere e la pista si riempie. Fuori la gente con i vestiti strappati e insanguinati scappa, qualcuno è in maniche corte, una donna è in reggiseno. La detonazione ha portato via gli abiti. Familiari e amici si ritrovano e si abbracciano. Tutti si incamminano verso un campo sportivo. Intanto dentro lo scalo di Zaventem, tra le macerie si soccorrono i feriti e si portano via i morti. L’inferno nella carrozza numero due. La bomba era nel secondo vagone. L’ordine era di farla esplodere sotto il cuore dell’Unione europea. E cosi è stato: il commando ha azionato il detonatore quando la metro era appena entrata nella stazione di Maelbeck. La prossima sarebbe stata Schumann, la fermata dove scendono i funzionari che lavorano alla commissione europea. Ma a Schumann quella metro non è mai arrivata. Una sola esplosione devasta alle 9,15 la seconda carrozza e uccide 11 persone ferendone un centinaio. Bruxelles non ha neppure il tempo di rendersi conto di ciò che è accaduto a Zavantem. Ma questa volta i soccorsi sono più complicati, i sopravvissuti vengono fatti scendere e al buio si incamminano verso l’uscita. I feriti ricevono i primi soccorsi sulla strada, una lunga fila di ambulanze sono parcheggiate lungo le strade del centro. Sotto, i medici fanno di tutto per strappare alla morte una donna che si trovava nella carrozza due. Il kamikaze le sedeva di fronte. E i suoi occhi sono l’ultima cosa che ha visto.

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