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Pescara, 25/07/2024
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Data: 26/03/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Riforma dei porti. Il governo dice no all’Abruzzo col Lazio. Parere negativo alla modifica delle nuove autorità. Difficile sganciarsi da Ancona per andare con Civitavecchia. C’è sempre l’arma del ricorso alla Consulta

L’obiettivo del governo è di completare l’iter parlamentare della riforma dei porti entro maggio (dopo la Conferenza Stato-Regioni il testo dovrà andare alle commissioni competenti di Camera e Senato) per poi proseguire subito con i decreti attuativi. C’è poco tempo quindi per convincere il ministro Graziano Delrio ad apportare modifiche alla bozza. Dopo, resterebbe solo l’arma del ricorso alla Corte Costituzionale, un’arma però tutt’altra che spuntata, perché la Consulta ha già detto in una sentenza che lo Sblocca Italia è illegittimo nella parte in cui non ha previsto «alcuna forma di coinvolgimento delle Regioni nelle procedure di adozione del piano strategico nazionale della portualità e della logistica». Il passaggio in sede di Conferenza Stato regioni è dunque dirimente. La riforma va espressamente adottata in sede di Conferenza Stato-Regioni». Una rogna per Renzi, che tra l’altro deve affrontare in queste settimane anche la campagna elettorale per il referendum antitriv promosso da nove Regioni (ma non dall’Abruzzo).di Antonio De Frenza wPESCARA Il governo non vuole riaprire il vaso di pandora dei municipalismi e dà parere negativo all’emendamento della conferenza delle Regioni alla riforma dei porti. Si tratta dell’emendamento che dà la possibilità agli scali di chiedere l’adesione a una diversa Autorità di sistema portuale rispetto a quanto previsto dal testo del governo. Ma il ministro Graziano Delrio non vuole rischiare, come i suoi predecessori Altero Matteoli, Corrado Passera e Maurizio Lupi, di imbastire la riforma senza vederla poi partire. Il no del governo espresso mercoledì scorso alla Conferenza Stato Regioni, mette il tappo a rivendicazioni come quella di Savona che non vuole andare con Genova, o di Salerno che non gradisce la fusione con Napoli. Ma vanifica anche il progetto della Regione Abruzzo che ha chiesto formalmente di sganciarsi dall’autorità portuale di Ancona, dove la bozza del decreto la colloca, per allearsi con Civitavecchia. Un’idea di corridoio logistico est-ovest nata dalla testa dei due consulenti per la portualità del comune di Ortona Antonio Nervegna e Euclide Di Pretoro, e diventata ormai una priorità per la Regione Abruzzo, che una decina di giorni fa, dopo un incontro del presidente della Regione Luciano D’Alfonso con il ministro Delrio, ha presentato un dossier al ministero, elencando tutti i punti di forza del nuovo sistema portuale. «Un progetto di sviluppo del porto d'Abruzzo», chiarisce Nervegna, «nell'ambito della connessione della nostra regione al corridoio Ten-t baltico-adriatico e del collegamento con i porti di Roma». Il no del governo non pare essere definitivo, almeno nella forma. La conferenza Stato-Regioni si riunirà di nuovo giovedì per discutere il punto. La palla passerà poi alle commissioni parlamentari di Camera e Senato che dovranno esprimere anch’esse un parere, prima che la bozza torni in Consiglio dei ministri e poi al Quirinale per il varo conclusivo. Il governo resterà sulle sue posizioni? E’ possibile, ma dovrà farlo ignorando una serie di fatti. C’è innanzitutto una sentenza della Corte costituzionale che invita espressamente il governo a tenere conto della posizione delle Regioni sulla riforma dei porti; sull’alleanza Abruzzo-Lazio si è già pronunciato favorevolmente il commissario dell’Autorità portuale di Civitavecchia e presidente di Assoporti Pasqualino Monti, che la settimana scorsa ha consegnato al ministero una relazione tecnica sul progetto; c’è una lettera d’intenti sottoscritta il 24 febbraio da Regione Abruzzo e Regione Lazio in cui si dichiara che obiettivo comune dei due enti è «la collocazione dei porti di Pescara e Ortona all’interno della istituenda Autorità di sistema portuale Mar Tirreno-Centro settentrionale»; c’è l’intesa tra i due Pd regionali; infine martedì scorso alla Camera sono stati i deputati di maggioranza di Lazio e Abruzzo a esprimersi favorevolmente sul progetto. Secondo Nervegna, che è coordinatore della commissione regionale sulla portualità, «nessuno può opporsi a un progetto di sviluppo condiviso da due Regioni».

C’è sempre l’arma del ricorso alla Consulta
L’obiettivo del governo è di completare l’iter parlamentare della riforma dei porti entro maggio (dopo la Conferenza Stato-Regioni il testo dovrà andare alle commissioni competenti di Camera e Senato) per poi proseguire subito con i decreti attuativi. C’è poco tempo quindi per convincere il ministro Graziano Delrio ad apportare modifiche alla bozza. Dopo, resterebbe solo l’arma del ricorso alla Corte Costituzionale, un’arma però tutt’altra che spuntata, perché la Consulta ha già detto in una sentenza che lo Sblocca Italia è illegittimo nella parte in cui non ha previsto «alcuna forma di coinvolgimento delle Regioni nelle procedure di adozione del piano strategico nazionale della portualità e della logistica». Il passaggio in sede di Conferenza Stato regioni è dunque dirimente. La riforma va espressamente adottata in sede di Conferenza Stato-Regioni». Una rogna per Renzi, che tra l’altro deve affrontare in queste settimane anche la campagna elettorale per il referendum antitriv promosso da nove Regioni (ma non dall’Abruzzo)

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