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Pescara, 25/07/2024
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Data: 03/04/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Renzi, sì alle trivelle. E rilancia: per l’Italia Marchionne ha fatto più dei sindacati. Controffensiva del leader: avanti con gli impianti già esistenti

ROMA «Il rischio è sprecare energia, è la cosa più sbagliata. Si può discutere di non fare più impianti, ma dove ci sono impianti io credo che sia giusto continuare a tenerli in funzione». Matteo Renzi non deflette dal suo sì alle trivelle, oggetto tra due domeniche del referendum abrogativo. E anzi va al contrattacco intervenendo alla scuola politica del Pd dove ribadisce la necessità di far continuare ad operare gli impianti estrattivi entro le 12 miglia. Non meno nette le posizioni esposte davanti ai giovani studenti dem su un tema cruciale quanto dibattuto, soprattutto a sinistra e nel sindacato: l’intervento della Fiat di Sergio Marchionne nel Mezzogiorno d’Italia e in Usa col salvataggio della Crysler. «Due anni fa - dice il premier - eravamo soli a sostenere il progetto italiano di Marchionne. Oggi i numeri parlano per lui: se la Basilicata produce Jeep per il mercato americano è merito suo, che ci ha creduto quando tutto il pensiero dominante in Italia sapeva solo criticare. Si è detto che c’era un disegno squallido contro i lavoratori, e invece io penso che in un Paese che ha il 39 per cento di disoccupazione giovanile chi crea lavoro è di sinistra. Credo che per l’Italia abbia fatto più Marchionne che certi sindacalisti».
Renzi sa di essere sotto attacco, soprattutto dopo le dimissioni del ministro Guidi e la mozione di sfiducia al suo esecutivo presentata da M5S a cui se ne affiancherà una del centrodestra. «Non ci manderanno a casa» è il secco avvertimento del premier che osserva: «La disponibilità immediata di Guidi a un passo indietro ha gettato nel panico le varie opposizioni che a quel punto non sapendo che fare hanno pensato di chiedere le dimissioni dell’intero governo presentando l’ennesima mozione di sfiducia. Andremo in Parlamento, spero prima possibile, ma anche questa volta non riusciranno a mandarci a casa». E le pronte dimissioni della ministra per lo Sviluppo danno l’opportunità a Renzi di ribadire la «diversità» del suo governo: «Se uno sbaglia, con noi paga. A quelli che vogliono far credere che siamo tutti uguali rispondiamo con i fatti». Poi la sottolineatura che «chi ruba va a casa, anzi in carcere, ma chi ruba lo decide una sentenza e noi vogliamo che i magistrati lavorino, ma quando si cerca di buttarla in rissa rispetto alla comunità del Pd se ne risponde nelle sedi opportune, non i tribunali nelle piazze». Evidente il riferimento alla querela che il Pd presenterà domani contro Grillo e Di Maio sfidando quest’ultimo a rinunciare all’immunità parlamentarei: «Accusare la comunità del Pd di essere complice e collusa, con le mani sporche di denaro e petrolio, significa - afferma Renzi - insultare donne e uomini che non lo meritano. Per questo andiamo in tribunale a chiedere i danni a Grillo che alle condanne penali, a differenza nostra, è abituato».
CASO DIFESAAltro caso innescato dai grillini riguarda il ministro della Difesa Roberta Pinotti chiamata in causa dai membri pentastellati delle commissioni Difesa di Camera e Senato, per un presunto intreccio tra l’acquisto di navi militari, il capo di stato maggiore della Marina ammiraglio De Giorgi indagato a Potenza e la stessa ministra, che reagisce prontamente facendo sapere di aver dato già mandato ai suoi legali per tutelare la propria immagine nei confronti degli «autori di gravissime falsità».
Quanto alle opposizioni, l’M5S, con Di Battista, conferma il «coinvolgimento del governo nello scandalo» e il blog di Grillo sostiene che «l’emendamento sulla,Total era un emendamento marchetta scritto dalle lobby del petrolio».
Il centrodestra si associa alla linea della sfiducia al governo ma presenta una propria mozione a firma FI, FdI, Lega sia al Senato che alla Camera, dove il capogruppo Brunetta preannuncia: «Caro Renzi, game over per te. Il tuo gioco è finito non per la Guidi, ma perché il governo è vuoto di senso, ma pieno di conflitti di interesse, marchette, imbrogli». I grillini, delusi di non vedere la propria mozione di sfiducia sottoscritta anche dal centrodestra, abbozzano, e con Di Maio dicono: «Tutti dobbiamo dimostrare di voler mandare a casa Renzi. Noi voteremo la nostra mozione, se poi qualcuno ne propone un’altra diversa non è un problema».
Una contestazione a Renzi, su Marchionne, arriva dalla Fim Cisl, il cui leader Marco Bentivogli tiene a distinguere la propria organizzazione dal «sindacato ideologico e reazionario», ricordando il sì della Fim-Cisl all’accordo che rilanciò la Fiat nel Mezzogiorno.

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