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Pescara, 25/07/2024
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Data: 12/04/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Sempre più anziani, sempre più poveri. Lo Spi Cgil: è preoccupante L’assetto socio-economico della provincia dove si pagano le pensioni più basse d’Abruzzo. L’effetto fornero I trattamenti sono in calo e in media ammontano a 648 euro

TERAMO Meno giovani e più anziani, in provincia di Teramo. Ma anche anziani più poveri. Questo dicono dati statistici inoppugnabili e in base a questo lo Spi Cgil chiede alle istituzioni locali di calibrare decisioni e strategie. I dati, aggiornati al 2015, dicono che la popolazione di tutta la provincia è di 311.168 unità, più o meno la stessa dell’anno precedente (è cresciuta di sole 15 persone). L’unica voce che aumenta sono gli anziani: gli ultra65enni sono 68.337, cioè un migliaio in più del 2014 (+14%) e tra questi aumentano notevolmente gli ultra80enni. Sono 21.668, 642 in più rispetto al 2014 (+30%). Insomma, i teramani sono una popolazione che invecchia. «Da questo spaccato demografico, che emerge dai dati Istat 2015», esordisce Geppino Oleandro, segretario dello Spi Cgil, «ciò che preoccupa di più sono le condizioni socio-economiche della popolazione anziana. Il complesso degli assegni pensionistici erogati dall’Inps sono 97.516, cioè 681 in meno rispetto all’anno precedente. E’ l’effetto Fornero: di anno in anno ci sono sempre meno accessi alla pensione. E di contro si lasciano sempre meno posti di lavoro ai giovani. Ecco perchè è necessario fare una riforma seria del mercato del lavoro e delle pensioni». Ma Oleandro sottolinea un altro dato, certamente non positivo. L’importo medio mensile delle pensioni erogate in provincia di Teramo è pari a 648 euro, il più basso d’Abruzzo. A Chieti è di 669 euro, all’Aquila di 703 e a Pescara di 718. «Continua questa disparità, causata dalla storia economica della nostra provincia, che ha visto una minore presenza dell’occupazione nel pubblico impiego – che garantisce trattamenti pensionistici più alti – rispetto a quella nel privato. Per sintetizzare: è vero che il “miracolo economico” della Vibrata degli anni Settanta e Ottanta trainava, ma i lavoratori erano impiegati in piccole e medie imprese in cui versavano pochi contributi, per cui ora le loro pensioni sono ridotte. La storia economica e lavorativa della provincia ha avuto questo imbuto finale, tanto che questa differenza c’è soprattutto sulle pensioni di vecchiaia. Da sottolineare che tutto ciò si traduce in minor ricchezza in circolazione in provincia». I 70 euro di differenza con la media della provincia di Pescara, ad esempio, si traducono in 88 milioni 739euro in meno percepiti dagli anziani teramani e quindi in una corrispondente minore capacità di spesa. «In provincia di Teramo dei 97.516 trattamenti pensionistici, l’86%, ossia 85.662 non supera la soglia dei mille euro lordi e poco più di 11mila (l’11%) sono compresi fra i mille e i duemila euro lordi mensili», aggiunge il segretario dello Spi. E ovviamente va peggio alle donne, che mediamente percepiscono il 62% di quello che viene versato agli uomini. Una situazione di cui le istituzioni devono prendere atto, sottolinea Oleandro. «L’Abruzzo è fra le regioni che la più alta spesa per il ticket in Italia, 57 euro pro capite. E ticket e liste di attesa sono i due fattori che determinano, soprattutto negli anziani, la rinuncia alle cure. Non a caso per la prima volta dopo 10 anni c’è una riduzione dell’aspettativa di vita. In Abruzzo per gli anziani uomini resta stabile, ma per le donne scende di 4 mesi, da 85 anni e un mese a 84 e 8 mesi. E’ necessario un riordino della rete ospedaliera che tenga conto dei nuovi equilibri. La rete di emergenza territoriale inoltre non tiene conto delle “soglie di adeguatezza” nei tempi degli interventi. La maggior parte degli anziani abita in montagna e in campagna, lontana dai servizi sanitari: la soglia di adeguatezza è 18 minuti, la media provinciale è di 25. Sono 7 minuti in più che a volte possono significare vita o morte». Il sindacalista pensa inoltre al potenziamento dell’assistenza territoriale, fatta di prevenzione e riabilitazione. E anche sul fronte sociale «in cui serve maggiore sinergia fra livelli istituzionali, con investimenti adeguati».

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