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Pescara, 25/07/2024
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Data: 18/04/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Ora il premier punta su ottobre per sfilare poteri ai governatori. Per palazzo Chigi i veri sconfitti sono M5S e le procure: «Sinistra abituata a perdere...».

ROMA «Gli italiani non hanno abboccato». Renzi gongola alla notizia del mancato quorum. Cinque anni fa l’ultimo referendum, quello sull’acqua pubblica, superò il quorum e spalancò la strada al populismo e al travolgente successo del Movimento Cinque Stelle alle elezioni del 2013. Stavolta così non è stato e il premier mostra tutta la sua soddisfazione parlando dalla sala stampa di palazzo Chigi poco dopo la chiusura dei seggi.
MANO
D’altra parte il referendum sulle trivelle - oltre alla sua carica di ideologismo ambientalista secondo la quale le trivelle rovinano l’ambiente, le pale eoliche il paesaggio e i pannelli solari l’agricoltura - si è caricato da subito di una innegabile valenza politica contro il governo Renzi che la sinistra del Pd ha cavalcato insieme a tutti i partiti d’opposizione. L’ampiezza dello schieramento dei partiti favorevoli al blocco delle estrazioni già esistenti, da Forza Italia al M5S passando per Sel, Fratelli d’Italia e Lega, era tale che il quorum poteva sembrare a portata di mano. Ciliegina sulla torta l’inchiesta della procura di Potenza ”Tempa Rossa”, con il sequel di intercettazioni a puntate, le dimissioni di un ministro e le notizie di nuovi indagati filtrate anche ieri l’altro.
Invece la ”spallata” non c’è stata e di «fossile» per Renzi in questa consultazione c’è stato il tentativo di riproporre un mix di politica e procure, spolverato stavolta di ambientalismo dietro al quale hanno dato battaglia i presidenti di Regione che hanno indetto la consultazione di ieri e che, a suo giudizio, «altro non hanno fatto che portare acqua al mulino dei grillini». I veri sconfitti di ieri sera non sono per Renzi la sinistra del Pd «abituata a perdere» o Forza Italia «da tempo in stato confusionale», ma i pentastellati e «l’inedita alleanza» con alcune procure che vorrebbero dettare scelte che il premier rivendica alla politica.
Infatti, il referendum originariamente faceva parte di un pacchetto molto più nutrito e teso ad azzerare lo ”Sblocca Italia”. Ovvero la legge attraverso la quale il governo ha cercato di superare i veti delle regioni sulle politiche industriali ed energetiche. E’ per questo che Renzi ha difeso la legge, votata anche dal Pd, che il quesito referendario intendeva affossare ed è per questo che, malgrado i consigli di qualche collaboratore, ha deciso di metterci la faccia realizzando anche in questa occasione un ”uno contro tutti” che, a suo parere, esalta il risultato di ieri sera che comunque rispetta visti i milioni di cittadini che comunque si sono recati alle urne.
BENI
Il referendum sulle trivelle non è stato quindi che l’antipasto del referendum costituzionale di ottobre e non solo perché lo schieramento avverso sarà più o meno lo stesso. La riforma Boschi alle amministrazioni regionali toglierà moltissime delle materie a suo tempo assegnate dallo Stato con la riforma del Titolo V. Lo Stato tornerà quindi ad occuparsi in prima persona e senza dover aprire lunghi e costosi contenziosi con le Regioni, di porti e aereoporti, di turismo e valorizzazione di beni culturali, di infrastrutture strategiche, di reti di trasporto e navigazione, di produzione, trasporto e distribuzione dell’energia. Materie a suo tempo delegate che hanno contribuito ad accentuare la voragine del debito pubblico producendo doppioni e inefficienze che lo Stato centrale ha dovuto ripianare visto che al decentramento di competenze non ha mai fatto seguito la più volte annunciata devolution fiscale. Proprio contro le Regioni e i loro presidenti che ieri hanno fatto buttare alle casse pubbliche trecento milioni di euro che si potevano spendere meglio, Renzi è pronto ad aprire nuovi fronti polemici con gli amministratori locali che parlando di ambiente ma non fanno funzionare depuratori e non avviano la raccolta differenziata. Senza contare gli stipendi dei presidenti di regioni «Puglia e Sicilia i più ricchi» e «tutti guadagnano più di me», passando per la gestione della sanità vero e proprio buco delle finanze locali.
SALITA
La battaglia contro lo schieramento che ieri è uscito sconfitto rende ancor più in salita lo scontro sul referendum costituzionale che da solo leva e sposta poteri e denaro ad una miriade di corpi sociali più o meno riconoscibili. Per Renzi si tratta della madre di tutte le battaglie perché considera la riforma costituzionale l’unico antidoto al populismo leghista e grillino ed un esempio per molti governi in Europa.

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