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Pescara, 25/07/2024
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Data: 20/04/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Pensioni flessibili, Padoan apre Boeri: a rischio i giovani anni ’80. Il ministro: pronti a ragionare ma resta la legge Fornero. Il presidente Inps: c’è chi rischia di lavorare fino a 75 anni.

ROMA Il ministro dell’Economia è detto «favorevole a ragionare», il sottosegretario alla Presidenza Nannincini ha fatto alcune ipotesi pur senza entrare nel merito, visto che la fase istruttoria è ancora in corso. Insomma di novità in tema di pensioni si continua a parlare anche se il momento della verità arriverà solo a settembre, a ridosso della legge di Stabilità per il 2017. Allora saranno un po’ più chiari gli effettivi margini di manovra sia rispetto agli impegni di bilancio da concordare con Bruxelles, sia rispetto al resto dell’agenda del governo (ad esempio un eventuale anticipo dell’intervento sull’Irpef cambierebbe notevolmente il quadro).
Nel dibattito continua a intervenire il presidente dell’Inps Boeri, il quale ieri ha reiterato il suo allarme per il futuro previdenziale dei giovani. In casi estremi, ha fatto notare Boeri, a coloro che sono nati negli anni Ottanta del secolo scorso ed hanno avuto una carriera lavorativa particolarmente discontinua, con “buchi” dovuti a lunghi periodi di disoccupazione, potrebbe essere chiesto di restare al lavoro anche fino ai 75 anni prima di maturare il diritto alla pensione.
L’EQUILIBRIO DEI CONTI
Padoan ha parlato invece di «margini per ragionare sugli strumenti e sugli incentivi, e sui legami tra sistema pensionistico e mercato del lavoro»; accennando poi alla possibilità di considerare «fonti di finanziamento complementare» rispetto al bilancio pubblico. Ma allo stesso tempo ha ricordato come l’equilibrio dei conti previdenziali di lungo periodo, ottenuto con la riforma Fornero, sia un qualcosa a cui l’Italia non si può permettere di rinunciare, soprattutto in una fase in cui si batte in Europa per ottenere un’applicazione ancora meno rigida del Patto di Stabilità e crescita.
È toccato poi a Tommaso Nannicini quantificare l’impatto sui conti pubblici di requisiti di uscita più flessibile: oscillerebbe tra i 5 e i 7 miliardi, a seconda dell’intensità della penalizzazione da applicare comunque al lavoratore. Per questo il sottosegretario ha evidenziato la necessità di pensare anche a soluzioni «creative», anche con il coinvolgimento del mondo bancario.
Pure Nannicini, come Padoan, ha voluto ribadire che non ci sarà una marcia indietro rispetto alla legge Fornero, e che piuttosto potrebbero essere inserite delle ulteriori opzioni all’interno dello schema della riforma. Opzioni comunque ritagliate sulle diverse esigenze degli interessati. Tre le casistiche possibili, da affrontare eventualmente con strumenti diversi: il lavoratore che per una propria scelta personale di vita desidera anticipare l’uscita dall’attività, quello che invece si trova in stato di necessità avendo perso il lavoro o rischiando di perderlo, ed infine l’azienda interessata ad un ricambio generazionale nel proprio personale.
SINDACATI INSODDISFATTI
L’approccio del governo non soddisfa i sindacati che da tempo chiedono una marcia indietro ben più sostanziale. La leader della Cgil Susanna Camusso, vorrebbe piuttosto «atti concreti», come Annamaria Furlan, segretario generale della Cisl, che lo dice esplicitamente: «Siamo stanchi degli annunci». Scettico anche il numero uno della Uil Carmelo mBarbagallo che giudica l'apertura «virtuale».
A margine del tema previdenza il sottosegretario alla presidenza del Consiglio ha affrontato un altro capitolo quello fiscale, accenando alla possibilità di una riapertura della voluntary disclosure, l’operazione di rientro dei capitali dall’estero che ha già riportato nelle casse del fisco circa 4 miliardi. Una possibilità non esclusa nei giorni scorsi da Padoan. Lo strumento potrebbe essere riproposto «riadattato ad una seconda fase» anche se una decisione in merito ancora non è stata presa.

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