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Pescara, 25/07/2024
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Data: 21/04/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Verso le amministrative - FI, battaglia finale su Bertolaso: ritiro a un passo C’è la carta Meloni. Vertici no-stop da Berlusconi, ipotesi lista unica del centrodestra. Oggi ufficio di presidenza per la scelta. Il Ppe: attento ai lepenisti. Guido e la notte del sacrificio

ROMA «Ognuno deve fare un passo indietro, mica solo io». Berlusconi ha deciso di virare sulla Meloni. Ma con dei paletti chiari: «Gli alleati devono sottoscrivere nero su bianco che sono il leader della coalizione». In concreto Fratelli d'Italia e Lega devono aprire sulla lista unica del centrodestra (proposta di Brunetta), oppure su una federazione con il riconoscimento del ruolo del Cavaliere in qualità di presidenza. E lasciare a FI le candidature di Torino e Napoli. Insomma il passaggio da Bertolaso all'ex vicepresidente della Camera non può avvenire con un tratto di penna. «Azzeriamo ogni trattativa. O si creano le condizioni o sono pronto a far saltare tutto», avverte Berlusconi a fine giornata, mentre Guido Bertolaso lo raggiungeva a palazzo Grazioli per l’ultimo, forse più faticoso vertice, di questa interminabile giornata.
OTTOVOLANTE
Tra strappi e contromosse il centrodestra resta ancora sull'ottovolante. FI, nel frattempo, è tornata a dividersi tra filo Meloni e pro Marchini. L'epilogo, a meno di altri colpi di scena, porta alla convergenza sulla prima ma saranno necessari altri step. Il primo dei quali un incontro tra l'ex premier e la presidente Fdi che ieri sera è saltato e oggi in programma per la mattinata. Il rapporto tra l'ex premier e Salvini invece è ancora teso, i due si sono sentiti al telefono e il leader del Carroccio si è rifiutato di correre a Roma per siglare l’accordo definitivo.
E soprattutto di prestarsi ad operazioni targate FI. Ovvero se gli azzurri vogliono aggregarsi alla Lega sulla Meloni sono liberi di farlo, ma niente patti o ricompense. Da qui il nuovo gelo in serata, anche se i pontieri sono fiduciosi in una fumata bianca oggi, prima dell’apertura ufficiale della campagna elettorale della presidente Fdi. L’altra notte hanno varcato i portoni di palazzo Grazioli i due capigruppo, Romani e Brunetta, Gasparri, Matteoli e Tajani. «Il partito così scompare o c'è una svolta oppure non teniamo più i nostri, non possiamo rischiare di perdere tutto», il grido d’allarme dei presenti. L’ex premier prende nota, dapprima insiste su Bertolaso, «è lui la mia scelta, devo mantenere la parola data», poi capisce che c’è poco da fare. «Ma – premette – non posso dire sì se non fanno anche loro dei passi avanti. Così ci leghiamo mani e piedi alla Lega. E’ stata la Meloni a combinare questo pasticcio, sarebbe un autogol da parte nostra sostenerla». Cominciano allora i tempi supplementari della partita. Tra stop and go si arriva al pressing su Bertolaso con Fdi e Lega che gli offrono la poltrona di vice sindaco e il Cavaliere che ipotizza l’incarico di coordinatore del partito o di capolista.
IL MONITO DI WEBER
A spingere per una riconferma su Bertolaso è tuttavia il cerchio magico e pure una parte del partito che mal digerisce l’accordo con Salvini. L’ala moderata di FI ha portato a palazzo Grazioli il presidente del Ppe, Manfred Weber, che pur ribadendo il timore di un bipolarismo Pd-M5S ha ricordato all’ex premier la diversa collocazione in Europa della Lega: «Noi non c’entriamo con i lepenisti». «E’ una strada sbagliata», è tornato ad insistere chi intende sottrarsi dall’abbraccio con Meloni e Salvini, «se cedi ora dovrai farlo anche in futuro».
Ma la bilancia propende per la Meloni e l’ufficio di presidenza di FI convocato per le 11 dovrebbe portare al cambio di cavallo in corsa. Il Carroccio che nel frattempo ha pronta la lista (nessun consigliere uscente) insiste affinché si faccia presto. Il percorso è iniziato, ora occorre capire se l’ex premier intenda fare l’ultimo miglio.
Alfio Marchini, assicura chi l’ha sentito, intanto va avanti con la sua candidatura, forte dei sondaggi in crescita che lo danno tra il 13 e il 15%. «Bertolaso può decidere da solo», rende omaggio all’avversario in difficoltà, «gli si manca di rispetto trattandolo come un pupazzo e sarà lui a decidere che cosa fare». La convinzione dell’entourage di Marchini è che se Berlusconi punta sulla Meloni (ieri è stato chiamato da Tajani e Bergamini), la sua candidatura civica si rafforzerà ulteriormente, dal momento che alla già larga parte di elettori che non vuole andare a destra, ora si sommeranno quelli moderati orfani di Bertolaso.

Guido e la notte del sacrificio «Decidi tu se devo lasciare» L’ex capo della Protezione civile in serata convocato a palazzo Grazioli. L’amarezza per il fuoco amico: «Mi hanno trattato come il peggior rivale».
IL RETROSCENA
ROMA «Scusate, ora devo andare: mi ha chiamato Berlusconi». A metà pomeriggio Guido Bertolaso saluta tutti e lascia l’iniziativa organizzata ai Parioli da Annagrazia Calabria, responsabile delle donne di Forza Italia. Direzione Palazzo Grazioli. Insieme a lui Marcello Fiori, responsabile dei club «Forza Silvio» e soprattutto ombra motivatrice di «super Guido» in questa campagna elettorale nata male e forse finita come doveva finire. Tempo passato a schivare gaffe e sondaggi non proprio lusinghieri, gli affondi di Salvini e le cattiverie sibilline confidate ai cronisti dai forzisti critici: «E’ il nostro Ignazio Marino». Una campagna elettorale comunque sia arrivata a un punto di svolta.
Ai Parioli, l’ex capo della Protezione civile ha condotto l’ennesimo comizietto (cento persone ad ascoltarlo) della giornata. Parole chiave: «Non mollo, vado avanti». E ancora: «Volete sapere come ho risolto la buca di viale Romania?». Una giornata surreale, passata da «Guido muro di gomma» - come lo chiamano con cattiveria dentro Forza Italia per sottolineare una certa resistenza agli attacchi - a cercare voti e stringere mani. La mattina a San Giovanni, al mercato via Sannio con i commercianti della zona, poi i giovani imprenditori azzurri e infine le donne del partito. Il tutto come se niente fosse, o quasi. Nonostante l’andazzo del borsino e le indiscrezioni fatte filtrare dai colonnelli azzurri. Gli stessi che in queste settimane sull’otto volante «non si sono mai fatti vedere al mio fianco», come si è sfogato Bertolaso a più riprese con l’ex Cavaliere.
LA TELEFONATAPoteva essere l’ennesima giornata di indiscrezioni sul suo ritiro, smentite in serata dalla nota ufficiale di Berlusconi. Ma la telefonata delle 18 ha avuto un’altra suoneria. Subito capita dall’ex capo della Protezione civile: «Sono nella mani di Berlusconi, mi ha chiesto lui di candidarmi, ed è stato l’unico a difendermi, risponderò solo a lui. Io non sono un politico. E me ne vanto, sono diverso da tutti quanti». In questo sfogo del «dottor Guido» c’è un’altra considerazione lasciata cadere mentre guidava la sua smart direzione Palazzo Grazioli. «Contro di me c’è stato un accanimento incredibile, che non si riserva nemmeno ai peggior nemici». Un astio, leghista e melonista, ma anche in maniera strisciante molto forzista che il quasi ex candidato si è spiegato così: «E’ la dimostrazione che davo e do tuttora veramente fastidio a questi. Sono l’unico in grado di risollevare la Capitale». Concetti ripetuti anche durante la giornata più lunga del manager esperto in calamità naturali: «Sono tranquillo, ho visto di peggio nella mia vita». Chi gli ha parlato prima che varcasse il cancello della residenza romana di Berlusconi ha raccolto concetti di questo tipo: voglio bene a Silvio, non mi importa di cosa scriveranno i giornali domani, vediamo come va a finire. «Sono nelle tue mani». Un’immagine che fa molto il paio con quella dell’agnello sacrificale. A Bertolaso è stato comunque garantito che se vorrà e soprattutto se l’esperimento vedrà la luce avrà comunque un posto nel listone del centrodestra, «il nuovo Pdl alla romana». D’altronde per blandirlo e convincerlo a fare un passo indietro nei giorni scorsi gli sono stati offerti posti da «prosindaco», cioè vice, ma anche da city manager, cioè da super tecnico a cui affidare la complicata macchina amministrativa del Campidoglio. «Guido non è sul mercato», ha sempre ripetuto il sodale Marcello Fiori, angelo custode di questa campagna. Nella quale il candidato sindaco ha dato il meglio di sé: prima «i rom vessati» (ira di Salvini), poi «i complimenti al sindaco Rutelli» (rabbia generale) e infine il consiglio ostetrico non richiesto alla Meloni («E’ meglio che faccia la mamma»). Un trend che non si è mai interrotto culminato con «mia moglie voterebbe Giachetti». Chissà se voterà Meloni

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