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Data: 21/04/2016
Testata giornalistica: Mobility Press
Le società partecipate nel settore dei trasporti. I luoghi comuni da sfatare di Alessia Nicotera e Emanuele Proia (*)

Il 15 aprile scorso si è tenuto il primo convegno sulla riforma Madia relativamente alle società partecipate dei servizi pubblici locali, organizzato da Confservizi (Utilitalia-Asstra). Si è trattato di un primo confronto istituzionale a 360° sulle bozze dei decreti Madia finalizzato a focalizzare le novità e le prospettive ulteriori che si aprono per un settore il cui quadro normativo è in continuo divenire, soprattutto quello dei trasporti pubblici locali, sul quale la riforma Madia, con i due decreti sulle società partecipate e sui servizi pubblici locali, incide in modo peculiare. Una parte sostanziale, infatti, della riforma del TPL che il ministro dei Trasporti aveva in cantiere è stata travasata nel decreto Madia sui servizi pubblici locali. Per aprire un dibattito serio sul nostro settore in relazione alla riforma Madia, l’Associazione ha ritenuto essenziale produrre , a monte del confronto, una fotografia reale delle società partecipate nel trasporto pubblico locale e regionale. Troppo spesso, infatti, constatiamo che di questo settore si ha una percezione lontana dalla realtà, nonché una cognizione approssimativa basata su una serie di luoghi comuni che, alla fine, pesano sul giudizio politico negativo che traspare in filigrana attraverso i tanti interventi del legislatore, specialmente quelli degli ultimi dieci anni motivati dalle esigenze di spending review dello stato. I luoghi comuni più ingombranti che continuano a pesare su queste società riguardano la loro quantità e la loro qualità. Si dice e si scrive: sono tante, sono troppe, sono inefficienti! Lungi da noi avventurarci in una difesa cieca e acritica del settore, anzi ammettiamo senza problemi che ci sono margini di produttività da recuperare e alcune sacche di inefficienza da eliminare, peraltro aziendalmente e territorialmente circoscritte. Ma da questo a fare di tutta l’erba un fascio ce ne corre. Il punto è essenziale, perché qui si innestano la visione e le scelte di politica industriale che sono sullo sfondo della riforma Madia. Una riforma che - qualora non venissero eliminate alcune scelte, prima tra tutte quella di mettere sullo stesso piano e con le stesse regole della P.A. le partecipate che operano sul mercato e quelle che operano in regime non concorrenziale - risulterebbe allineata di fatto con gli interventi precedenti ispirati dalla volontà di “punire” le società pubbliche piuttosto che svilupparle in senso concorrenziale ed imprenditoriale. Di certo il tema non è e non deve essere punitivo nei confronti del mondo delle società pubbliche. La titolarità delle azioni, specie se valutata alla luce degli orientamenti comunitari, è un fattore “neutro”. Il tema è, semmai, la capacità della società, pubblica o privata che sia, di stare ed operare in un mercato che è, per sua stessa definizione, competitivo. E di operare in condizioni di parità sostanziale con gli altri operatori, pubblici o privati, presenti nel mercato. Introdurre per via legislativa un disincentivo alla costituzione o al mantenimento di società pubbliche che prescinda dal modo di operare di queste, se in un mercato o meno, se in modo efficiente o meno, non è la soluzione. Anzi, nella convinzione che ciò che è “pubblico” sia per definizione sinonimo di “inefficiente”, si corre il rischio di porre sullo stesso piano tutte le società pubbliche andando di fatto a danneggiare il valore che gran parte di queste società rappresenta per i propri azionisti e per i cittadini. E che rappresentino un valore cospicuo è emerso con chiarezza nello studio che abbiamo presentato il 15 aprile, nel quale vengono sfatati diversi luoghi comuni sulle società pubbliche del TPL . Per quanto riguarda la quantità, emerge un dato sorprendente che sfata il luogo comune del numero abnorme delle partecipate nel TPL: sul totale complessivo pari a 988 aziende TPL, le partecipate sono solo 116, pari al 12%. Poche dunque, ma con un valore economico e sociale di tutto rispetto: sul totale del valore della produzione del settore, pari a 12,4 miliardi di euro, l’84% è nelle mani delle partecipate TPL per un valore pari a 10,4 miliardi. 120.000 sono gli addetti totali del settore, di cui 100.000 lavorano nelle società partecipate. E a proposito di inefficienza di queste imprese: 84 società hanno chiuso in utile il bilancio 2014, contro 23 che lo hanno chiuso in perdita, con un valore percentuale di 79% (aziende in utile) e 21% (aziende in perdita); molto significativo è il confronto dell’evoluzione negli ultimi anni di questo dato. Nel 2009 le aziende in utile erano il 54% e quelle in perdita il 46%. Non è questo il luogo per entrare ulteriormente nel dettaglio, sia dei dati del settore, che della riforma Madia. Quello che preme esprimere in chiusura è un auspicio: che si tenga conto che questo settore , al momento della crisi, si è tirato su le maniche e ha accettato di essere messo in discussione dal confronto competitivo e che pertanto, in occasione di questa ennesima riforma, gli vengano riconosciute, almeno, le stesse chances di altri soggetti e società. E visto che sono società pubbliche, ne vale la pena nell’interesse collettivo.

(*) direttori Asstra

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