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Pescara, 25/07/2024
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Data: 22/04/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Sale l’età, crollano le nuove pensioni. Nel primo trimestre gli assegni liquidati sono calati del 34,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Uscita anticipata solo per poco più di ventimila: è l’effetto del nuovo adeguamento alle speranze di vita, 4 mesi in più .

ROMA Andare in pensione sta diventando un miraggio per gli italiani. La stretta sui requisiti della riforma Fornero costringe tanti lavoratori a rimanere al loro posto sempre più a lungo. Quest’anno sono entrati in vigore i nuovi adeguamenti legati all’aumento dell’aspettativa di vita: e così per ottenere la pensione anticipata (ex pensione di anzianità) servono quattro mesi in più per tutti. Anche per la pensione di vecchiaia delle donne le maglie diventano sempre più strette, da gennaio scorso è scattato lo “scalone” di un anno e otto mesi: non basta più avere 63 anni e 9 mesi, come era fino a dicembre scorso, adesso bisogna aver compiuto 65 e 7 mesi. Risultato: un crollo dei nuovi pensionamenti.
Nel primo trimestre 2016 - comunica l’Inps - le nuove pensioni sono state complessivamente 95.381, il 34,5% in meno rispetto alle 145.618 dello stesso periodo del 2015. Sono calate vertiginosamente le pensioni anticipate, per le quali adesso servono 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne: hanno ottenuto l’assegno solo 20.629 soggetti contro i 38.314 del primo trimestre 2015 (-46,1%). Per il bilancio previdenziale è sicuramente un beneficio, per i giovani che aspettano il loro turno per entrare nel ciclo produttivo un po’ meno, per chi fa lavori pesanti altrettanto.
Crollano anche gli assegni sociali (per gli anziani privi di reddito oppure con redditi bassi), passati da 13.033 a 7.501 (-42,4%). Il bilancio è positivo solo per le pensioni di vecchiaia liquidate nel Fondo lavoratori dipendenti delle donne, ma è solo per un mese: a gennaio infatti hanno agganciato la pensione l’ultimo lotto delle nate nel primo trimestre del ’52 (una parte era già andata in pensione negll’ultimo bimestre 2015), quelle cioè che a dicembre hanno compiuto 63 anni e 9 mesi. Si tratta di una classe di età che era rimasta bloccata per tutto il 2014 per il precedente scalino di un anno e mezzo scattato a inizio di quell’anno (dai 62 anni e 3 mesi occorrenti fino a dicembre 2013).
Dall’osservatorio Inps, si conferma anche un altro dato preoccupante: il problema dei precari. L’importo media per la categoria dei parasubordinati, che cerca di lavorare quanto più possibile (età media del pensionamento 68 anni e 6 mesi), è davvero “da fame”, appena 169 euro al mese.
Il crollo dei pensionamenti ovviamente accende ancora di più il fuoco delle polemiche sulla necessità di introdurre parametri per consentire uscite più flessibili. Le ipotesi circolate in questi giorni, dal prestito pensionistico alle penalizzazioni del 3-4% per ogni ano di anticipo non piacciono ai sindacati. Per la numero uno Cisl, Annamaria Furlan, «è improponibile» poter andare in pensione a 66-67 anni «a prescindere dal lavoro che si fa e dagli anni di contributi versati». «Con pensioni che valgono 900-1000 euro al mese, che cosa si presta?» chiede polemicamente la leader Cgil, Susanna Camusso. Bocciatura anche da parte del segretario generale Uil, Carmelo Barbagallo: «Quella del prestito è un’ipotesi strana di ingegneria politica. Un artificio».

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