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Pescara, 25/07/2024
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Data: 27/04/2016
Testata giornalistica: Il Centro
«È un mestiere delicato, serve esperienza». Il responsabile della sicurezza dell’istituto di vigilanza Aquila esclude la complicità dei dipendenti

SAN GIOVANNI TEATINO All’istituto di vigilanza Aquila di Ortona tirano un sospiro di sollievo, dopo l’assalto al portavalori, perché «ci sono state una serie di coincidenze favorevoli». E cioè «il personale sul blindato ha seguito il protocollo e attivato subito l’allarme antirapina, avvisando (con un pulsante) la centrale operativa, poi c’è stato l’intervento rapido della polizia e le misure di sicurezza sul furgone hanno funzionato alla perfezione», dopo il taglio del tetto e un colpo di arma da fuoco che ha raggiunto la parte posteriore. A parlare è Angelo Di Nardo, responsabile della sicurezza, che di fronte al dubbio sul possibile coinvolgimento di qualche dipendente si sente di «escludere tutto, mentre in passato, in altri casi, sono stato io stesso a formulare delle perplessità». L’accesso alla professione, spiega, passa attraverso una serie di controlli. Prima c’è «il colloquio con i responsabili dell’istituto, poi si invia la pratica alla prefettura e scattano gli accertamenti di polizia o carabinieri». Le valutazioni riguardano «sia gli aspetti fisici che la condotta morale e politica, lo stile di vita, l’idoneità all’uso delle armi. Se arriva il via libera c’è il passaggio al poligono e un rapido corso di aggiornamento. Per chi è addetto ai portavalori, poi, si richiede un’esperienza di tre anni». «Non ci sono più i metronotte di una volta con bici e torce, ma serve una certa preparazione, anche per l’uso degli apparati tecnologici», fa notare. «È un mestiere delicato, si rischia la vita tutti i giorni. La delinquenza è in aumento, noi abbiamo già subito una rapina simile negli anni passati, a Vasto, e dovrebbero aumentare le misure di sicurezza. Occorre maggiore attenzione delle forze dell'ordine, ma oggi diciamo grazie a tutti coloro che hanno evitato che il colpo non andasse a buon fine». Il caposcorta, che ieri era sul portavalori con l’autista (finito in ospedale, a Chieti, per problemi alla trachea ma poi dimesso), ha vissuto «un’esperienza simile nel 2007» e preferisce non parlare mentre Di Nardo entra nei dettagli. «C'è stata un’esplosione nella parte anteriore del furgone che ha provocato un incendio, bruciando il cruscotto e il telefono e bloccando una portiera. Forse qualcuno ha lanciato una molotov dalla strada o magari c’è stata una manomissione del mezzo ma lo scopriremo solo con gli accertamenti. Le guardie giurate si sono fermate», racconta, «perché stavano soffocando e sono scese. Si sono subito trovate sotto tiro, non hanno potuto impugnare le pistole. Una volta con la faccia a terra hanno sentito i rapinatori che dicevano, dal tetto del furgone, «taglia, taglia» e altri, prima della fuga, urlavano «jammu scinn», tra pugliese e campano». Nonostante l’incendio, si è attivato «il sistema di sicurezza spuma block, una schiuma solidificante che blocca la cassaforte. Quindi avrebbero dovuto lavorare a lungo, se fossero rimasti lì e se non fosse arrivata la polizia. Quanti erano? Per me una decina».

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