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Data: 28/04/2016
Testata giornalistica: Corriere della Sera
Anas e Ferrovie verso le nozze. I 10 punti critici della fusione. Se l’unione andasse in porto, la società diretta da Armani potrebbe decuplicare il margine lordo a 1,5 miliardi.

Gianni Vittorio Armani ha aperto un cantiere in più sui suoi 25.568 chilometri di strade gestite: quello per la nuova Anas. Il nipote del pioniere dell’aviazione Giovanni Caproni è presidente e amministratore delegato del gruppo da un anno. Segna la discontinuità con la gestione di Pietro Ciucci. È impegnato a togliere l’Anas dall’alveo della pubblica amministrazione (Pa), trainandola verso il mercato. L’obiettivo è conferirla a Fs, attribuendole autonomia finanziaria. I vertici, il governo e le banche sono al lavoro. Ecco i 10 passaggi e le criticità.

1) L’integrazione

L’ipotesi più accreditata per ora è conferire Anas come terza gamba a Fs holding, affiancandola a Rfi e Italferr (la società della rete ferroviaria e quella d’ingegneria). L’approdo è costituire il polo nazionale delle infrastrutture, un big player dei lavori anche all’estero. Anas, Rfi e Italferr sono spesso in contemporanea sui mercati internazionali: Iran, Algeria, Qatar. Si tratta di unire le forze, per presentarsi più competitivi alle gare. Ma senza appesantire Fs che deve quotarsi in Borsa.

2) La crescita

Se l’operazione di distacco dalla Pa riuscirà, il margine operativo lordo di Anas potrebbe quasi decuplicare dai 170 milioni stimati per il 2015 a 1,5 miliardi e il valore dell’impresa arrivare a 20 miliardi, in base ai multipli attribuiti in Europa alle infrastrutture redditizie. È una cifra vicina ai 30 miliardi stimati per Rfi e la sua rete. Si tratta di trasformare Anas da organismo di diritto pubblico a ente concessionario che si finanzia con tariffe regolate (il governo ne sta parlando con Eurostat e Istat). Armani vuole chiudere l’operazione entro la scadenza di mandato, il 2017. Per le banche il dossier dovrà essere pronto in 6 mesi. Non è facile.

3) I contenziosi

Il problema è la gestione dei 9 miliardi di contenziosi: 5 effettivi e 4 da adeguamenti del costo dei lavori chiesti dai fornitori. Finché non è risolto, non si può approvare il bilancio 2015. Armani ne sta parlando con Tesoro (socio al 100%) e Trasporti. Il guaio è che finora non ci sono stati accantonamenti per coprire il rischio.

4) Il modello

Il secondo nodo è che strada seguire per auto-finanziarsi. Due le possibilità: a) un contratto di servizio con corrispettivo pagato ogni anno dallo Stato (fisso, in anticipo e non più a rimborso, come per Poste o Fs), legato a variabili come il traffico (vedi l’Enav) e obiettivi di qualità, con penali se non sono raggiunti; b) la remunerazione tariffaria, pagata dagli utenti. Anas gestisce le strade non a pedaggio: potrebbe introdurre una tariffa indiretta con uno storno dalle accise sulla benzina (se i petrolieri ne versano una quota direttamente all’Anas, anziché allo Stato, il costo per gli utenti è zero) o dal bollo auto. È la via preferita dalle banche.

5) Il valore

Il lavoro cruciale è attribuire un valore all’Anas. La via più trasparente è ottenere una Rab, la regulated asset base: il valore del capitale investito netto riconosciuto dall’ente regolatore di settore (nel caso, Anas può finire sotto l’Autorità dei Trasporti) per la determinazione delle tariffe applicabili.

6) La newco

Un passo è già agli atti. Il 18 aprile è stata deliberata dal consiglio la costituzione di una nuova società che conterrà le partecipazioni nelle autostrade a pedaggio. Si chiama Anas Concessioni Autostradali, include 5 asset: Anas International Enterprise (100%), per gli investimenti all’estero; la Sitaf del Frejus (51% con Ativa, cioè Provincia e Comune di Torino); la Cav (50% con la Regione Veneto); l’Asti Cuneo (35% con la Salt di Gavio); il Traforo del Monte Bianco (con Autostrade). Partirebbe con un patrimonio netto di 841 milioni. È al vaglio dei ministeri, varo atteso in maggio. «Sarebbe un bel risultato: un attore nuovo sul mercato delle autostrade», dice Massimiliano Battisti, capo infrastrutture Italia di SocGen.

7) Il debito

L’altra necessità è fare leva finanziaria. Il debito netto dell’Anas (al 20 aprile) è di 542 milioni, sceso dopo il rimborso di 447 milioni del project bond della Cav, il Passante di Mestre (organizzato da SocGen con Imi, Unicredit e Bnp). Anas è in credito con lo Stato per 1,7 miliardi, soldi anticipati dalle banche. Con meccanismi di remunerazione chiari, la capacità di finanziarsi può salire: con bond o linee bancarie.

8) Gli investimenti

Con un business fuori dalla Pa, la nuova Anas conta di avere più in fretta i fondi deliberati da Tesoro e Regioni. Ci sono 20 miliardi stanziati per il 2015-2019 (8,2 per manutenzione e potenziamento strade), risultano ancora al secondo passaggio della Corte dei Conti.

9) Gli appalti

L’altro intervento previsto è l’abolizione del general contractor, che abbatte costi e corruzione. Si somma all’avvenuta separazione della direzione acquisti da quella legale: chi controlla non è più chi gestisce i lavori. Perciò Armani ha già fatto uscire 40 dirigenti su 198 e avviato per gli altri la rotazione con 100 ordini di servizio. La settimana scorsa, per esempio, il responsabile di Catania è stato trasferito a Genova.

10) I lavori in corso

La scommessa è dimostrare ai cittadini che le strade sono in ordine, le gare trasparenti e l’Anas non è più un carrozzone. La Salerno-Reggio Calabria è il punto di partenza con 21 gare avviate: esito entro l’estate. Fra i lavori della nuova Anas c’è anche la raccolta dei rifiuti: è attesa il 26 aprile la firma del primo contratto, con il Comune di Fiumicino.

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