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Pescara, 25/07/2024
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Data: 04/05/2016
Testata giornalistica: Il Centro
D’Ambrosio: non ho comprato la laurea. L’ex presidente dell’Ato si difende in tribunale: «Ho girato degli assegni al prof Panzone per aiutare un amico in difficoltà»

PESCARA «Non ho comprato alcun esame perché avevo un buon curriculum con voti alti e anche un 30 e lode. Ho sempre agito nell'interesse dell'Ato e mai per interessi personali». Giorgio D'Ambrosio, ex presidente dell'Ato, principale imputato del processo sul cosiddetto "partito dell'acqua" che si sarebbe creato in Abruzzo nell'ambito dell'Ato numero 4, si difende. Ieri, prima di lasciare spazio all'arringa del suo legale, l'avvocato Giuseppe Amicarelli, ha rilasciato una dichiarazione spontanea ai giudici del tribunale collegiale. Poco più di cinque minuti per sostenere sostanzialmente che non c'è stato un utilizzo improprio delle risorse economiche e strutturali dell'Ato per fini propri. I fatti in questione si riferiscono al periodo tra il 2003 e il mese di dicembre 2007. Per l'accusa, che ha chiesto una condanna di 6 anni, l'ex presidente dell'Ato avrebbe usato l'auto dell'ente per assolvere ai propri impegni politici a Roma, dove si recava in qualità di parlamentare, con spese a totale carico dell'Ato per ciò che riguarda benzina-telepass. Nel mirino anche le spese di rappresentanza per cene e altre attività conviviali, anche attraverso l'utilizzo di una carta Kalibra, a disposizione dell'ente. «Ho utilizzato la macchina solo per ragioni di servizio», ha detto, «cercando, nei miei viaggi a Roma, di concentrare tutti gli impegni legati alle varie cariche che ricoprivo per ridurre le spese». D'Ambrosio anche sul capitolo delle cene ha sostenuto di aver agito correttamente: «Sono sempre state fatte per motivi di lavoro». Ha poi tirato in ballo la famigerata cena con i dipendenti dell'Ato: «È vero che una volta ci fu una cena di fine anno con i dipendenti», ha raccontato, «ma fu fatta per creare maggiore attaccamento all'ente e per creare un clima di maggiore collaborazione». Infine, ha affrontato l'accusa di aver comprato la laurea in Economia e management con la complicità del professor Luigi Panzone. «Io e Panzone» , ha riferito ai giudici, «siamo amici d’infanzia. Siamo entrambi nati a Cerratina. Panzone era in difficoltà economica e mi ha chiesto di aiutarlo. Non avevo liquidi e gli ho girato degli assegni, forse con imprudenza, ma non ho saputo dire di no a un amico». Ai giudici ha, quindi, detto che non aveva motivo di corrompere il professor Panzone perché aveva un buon curriculum e non aveva bisogno di supporti. Prima di lasciare la parola al suo avvocato, ha tenuto a far saper di aver preso la laurea «come omaggio ai miei genitori contadini». Da parte sua, anche l'avvocato Amicarelli, tra le altre cose, ha affermato che le cene contestate al suo assistito erano tutte connesse all'attività dell'ente. «Non sono le cene di cui si è parlato per esempio per il sindaco di Roma, Marino», ha evidenziato, «non è la bottiglia di vino costosa presa a cena con la moglie». Nel procedimento, oltre a D'Ambrosio e Panzone, sono imputati anche l'ex sindaco di Montesilvano Pasquale Cordoma, l'ex sindaco di Francavilla Roberto Angelucci e altre 7 persone. La sentenza è prevista per il 24 maggio.

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