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Pescara, 25/07/2024
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Data: 04/05/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
«Laurea comprata? No, ero bravo». Difesa a tutto campo di Giorgio D’Amborsio, sotto processo per gli esami facili e le spese allegre da presidente dell’Ato. «Ho preso anche un trenta e lode, la mia colpa è aver aiutato il professor Panzone: un’imprudenza girargli degli assegni»

«Non ho comprato nessun esame perché avevo un buon curriculum con voti alti e anche un 30 e lode. Ho sempre agito nell’interesse dell’Ato e mai per interessi personali. Ho utilizzato la macchina dell’’nte solo per ragioni di servizio, cercando, nei miei viaggi a Roma, di concentrare tutti gli impegni legati alle varie cariche che ricoprivo per ridurre le spese. Anche le cene sono sempre state fatte per motivi di lavoro». Insomma, non ha fatto di nulla di quanto gli viene imputato. L’ex parlamentare ed ex presidente dell’Ato, l’ente d’ambito dell’acquedotto pescarese Giorgio D’Ambrosio, sotto processo per i presunti sprechi del cosiddetto partito dell’acqua insieme ad altri dieci coimputati, ieri ha voluto rilasciare dichiarazioni spontanee nel corso dell’udienza che lo riguarda. Secondo l’accusa, al contrario, da parte del massimo rappresentante dell’ente ci sarebbe stato un utilizzo improprio delle risorse economiche e strutturali dell’Ato per fini propri.
LA CARTA DI CREDITO D’Ambrosio, un passato da esponente di punta della Margherita prima e del Pd poi, oggi in quota Psi, è accusato di aver usato l’auto blu per assolvere i suoi impegni politici a Roma, dove si recava regolarmente in qualità di parlamentare, con spese, secondo l’accusa, interamente a carico dell’Ato per quello che riguarda benzina e telepass e anche per il pagamento di alcune multe. Nel mirino della pubblica accusa erano finite anche le spese di rappresentanza per cene e altre attività conviviali, anche attraverso l’utilizzo di una carta Kalibra a disposizione dell’Ato, un ente che per statuto dovrebbe rappresentare le amministrazioni locali servite dall’acquedotto pescarese.
Nello stesso procedimento D’Ambrosio è accusato di aver comprato alcuni esami universitari per raggiungere la laurea in Economia e management, con la complicità del professor Luigi Panzone, anche lui imputato nello stesso procedimento.
IL MITO DEL PEZZO DI CARTA E a riguardo, nelle sue dichiarazioni spontanee, D'Ambrosio ha detto che «con Panzone siamo amici d’infanzia: siamo nati entrambi a Cerratina. Panzone era in difficoltà economiche e mi chiese di aiutarlo. Non avendo liquidi gli girai degli assegni, forse con imprudenza, ma non ho saputo dire di no ad un amico». Quanto alla laurea l’esponente politico ha aggiunto di averla conseguita «come omaggio ai miei genitori contadini». Sul capitolo cene ha detto invece che erano legate all’attività dell’Ato. «È vero - ha aggiunto - che una volta ci fu una cena di fine anno con i dipendenti, ma anche in quel caso fu fatta per creare maggiore attaccamento all’ente e per creare un clima di maggiore collaborazione».
L’avvocato Giuseppe Amicarelli, al termine della sua arringa ha chiesto per D’Ambrosio l’assoluzione con formula piena o in subordine per non aver commesso il fatto. Nella precedente udienza c’erano state le richieste della pubblica accusa che aveva chiesto la condanna per D’Ambrosio a sei anni. Cinque anni per il professor Panzone; quattro anni e 3 mesi per il dirigente Ato Nino Pagano; un anno e sei mesi ciascuno per l’ex sindaco di Montesilvano, Pasquale Cordoma, l’ex sindaco di Francavilla, Roberto Angelucci e per Gabriele Pasqualone, ex componente del cda Ato. Un anno per il dirigente Alessandro Antonacci. Lo stesso pm aveva chiesto anche il non doversi procedere per alcuni reati coperti da prescrizione. L’accusa aveva inoltre chiesto la prescrizione per gli ex dipendenti Vincenzo Di Giamberardino e Fabio Ferrante, mentre per Franco Feliciani, ex componente del cda, l’assoluzione con formula piena così come per l’imprenditore Ercole Cauti. La prossima udienza è stata fissata per il 24 maggio:la sentenza dopo le ultime arringhe.

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