Iscriviti OnLine
 

Pescara, 25/07/2024
Visitatore n. 738.579



Data: 10/05/2016
Testata giornalistica: Corriere della Sera
Pensione, sei mattoni per costruire una rendita di scorta senza aspettare. Dallo scorrere degli anni al rischio, dall’investimento del Tfr al possibile aiuto delle aziende: ecco tutte le opzioni per far fruttare di più i risparmi a lungo termine

1.Le carte da giocare
Una Busta arancione e sei carte da giocare per evitare di vivere un futuro a mezza pensione. L’invio da parte dell’Inps del documento che contiene la stima su età di pensionamento e importo del vitalizio è un’importante occasione per fare un check up della propria situazione pensionistica e correre ai ripari se si è ancora in tempo, soprattutto se si è giovani. Le simulazioni presentate in queste pagine e realizzate in esclusiva per Corriere Economia da Progetica, società indipendente di consulenza in pianificazione finanziaria e previdenziale, mostrano che, pur in un periodo di scarse risorse disponibili da investire per molti italiani, soprattutto se sono giovani, chi vuole cercare di migliorare il proprio futuro pensionistico può contare su sei preziosi alleati. Eccoli: il tempo, i mercati finanziari, le agevolazioni fiscali sulla previdenza integrativa, la liquidazione (Tfr) e il contributo aziendale (entrambi nel solo caso dei lavoratori dipendenti), e infine il riscatto degli anni di laurea. «Il progressivo invio della Busta arancione Inps a sette milioni di lavoratori ha riacceso i riflettori sulle pensioni — sostiene Andrea Carbone, partner di Progetica —. Si ritorna a parlare della necessità della previdenza integrativa, e di una qualche flessibilità nel pensionamento. Le prime verifiche a caldo invitano a prendere con spirito critico le stime Inps che sono utili per accendere un faro sul problema. Ma che si basano su parametri troppo ottimistici per quanto riguarda sia la crescita del Pil che quella delle retribuzioni».

Questi temi saranno anche al centro della Giornata nazionale della previdenza e del lavoro, la tre giorni organizzata da Itinerari previdenziali (presieduta da Alberto Brambilla) che si apre domani a Napoli. Nel corso delle prossime settimane la Busta arancione sarà inviata a sette milioni di lavoratori italiani che non dispongono del Pin Inps, cioè del codice per accedere al sito e provare a farsi i calcoli per conto proprio. Che cosa è utile fare quando arriva? «E’ necessario in ogni caso dotarsi del Pin o dello Spin, la credenziale unica di accesso ai servizi on line della pubblica amministrazione — risponde Carbone —. A differenza di quella cartacea, che utilizza un parametro standard, la versione elettronica offre diverse possibilità di simulazione e personalizzazione. Una volta entrati, il primo passaggio è verificare sull’estratto conto contributivo che l’intera vita lavorativa sia stata registrata in maniera corretta. Secondo l’Inps, del resto, circa il 20% degli utenti della Busta arancione ha riscontrato anomalie. Se il passato contributivo è in regola, si può pensare al futuro effettuando una o più simulazioni con parametri più prudenti per la crescita del Pil e anche sulla crescita della retribuzione». Quelli utilizzati di default nella Busta arancione si basano per entrambe le variabili su incrementi annui dell’1,5% in termini reali, cioè tenendo conto dell’inflazione: un dato che, per quanto riguarda il Pil, contrasta decisamente con la recessione di cui soffre l’economia italiana da molti anni a questa parte.

2.FISCO: con mille euro l’anno, sconto di 270 per un 30enne

Il Fisco dà una grossa spinta alla previdenza di scorta. Per un trentenne con reddito netto di mille euro al mese e versa un contributo di mille euro l’anno, il beneficio fiscale è di 270 euro l’anno: moltiplicato per i quarant’anni di versamenti sino al pensionamento (ipotizzato a settanta) il beneficio complessivo è di 11.366 euro. La prestazione finale sarà tassata invece a titolo definitivo con un’aliquota molto bassa, appena il 9%. Per un quarantenne con una retribuzione netta di millecinquecento euro, il beneficio fiscale è anch’esso di 270 euro l’anno e 10.565 per l’intero programma previdenziale, mentre la rendita sarà tassata con un’aliquota del 10,8%. L’ultimo esempio è relativo infine a un cinquantenne che ha una retribuzione attuale di duemila euro netti il mese e ne versa mille sempre all’anno, per i diciotto che gli restano al pensionamento. Il beneficio fiscale è di 380 euro l’anno e 6.840 complessivi, mentre la prestazione finale sarà tassata con un’aliquota del 14,1%. «Malgrado l’incremento dall’11,5% al 20% della tassazione sui rendimenti annuali, il regime fiscale sulla previdenza complementare rimane molto favorevole — sottolinea Andrea Carbone, partner di Progetica —. I versamenti sono infatti deducibili sino a 5.164 euro l’anno. Le agevolazioni riguardano soprattutto la prestazione finale sotto forma di rendita vitalizia o capitale in un’unica soluzione, possibile sino al 50% del montante maturato. Vengono tassati infatti con un’aliquota del 15%, diminuita dello 0,30% per ogni anno di partecipazione successiva al quindicesimo, con uno sconto che può arrivare al 6%». Sono soggette a una tassazione piuttosto favorevole anche le anticipazioni (somme in acconto sul montante maturato che si possono ottenere in determinate ipotesi) e quelle ottenute a titolo di riscatto, per esempio nei casi di disoccupazione o cassa integrazione guadagni.

3.RISCATTO LAUREA: aumenta l’assegno, consente l’anticipo

In certi casi consente di staccare prima dal lavoro: in tutti, invece, aumenta la ricchezza pensionistica complessiva. Il riscatto degli anni di laurea è uno dei più forti alleati su cui può contare chi vuole migliorare il proprio futuro previdenziale, anche se piuttosto costoso. «Le simulazioni in tabella non sono universali — spiega Andrea Carbone, partner di Progetica, la società indipendente di consulenza in pianificazione finanziaria e previdenziale che le ha realizzate —. Ogni lavoratore dovrà valutare attentamente la propria posizione. Normalmente, solo per chi ha iniziato a lavorare presto, verso i 25 anni, il riscatto degli anni di laurea può servire ad anticipare il pensionamento. Per coloro che invece hanno iniziato stabilmente oltre i trent’anni , potrebbe non bastare per smettere prima». Nelle tabelle un trentenne di oggi, per il quale l’età di pensionamento è stimata a 70 anni e 5 mesi potrebbe staccare a 68 e 4 con un riscatto di tre anni di studi, e a 66 e 2 se questo è di cinque anni. Per un quarantenne che ha un’età di pensionamento stimata a 69 anni e 5 mesi, il riscatto di tre anni consentirebbe di anticipare a 67 e 4, quello di cinque anni a 65 e 2 mesi. L’ultimo caso è relativo infine a un cinquantenne che ha un’età di pensionamento stimata a 68 anni e tre mesi: riscattando tre anni potrebbe staccare a 66 e 2, con cinque potrebbe smettere di lavorare a 63 anni e 11 mesi.

In tutti e tre i profili, il riscatto consente di anticipare il pensionamento perché sono state ipotizzate una data d’inizio lavoro a 25 anni e una vita lavorativa senza interruzioni contributive. Se si fosse cominciato dopo, l’effetto sarebbe stato molto minore o del tutto assente. Altro aspetto da prendere in considerazione è quello della ricchezza complessiva ricevuta nel corso della pensione in base all’aspettativa di vita: sotto questo profilo il riscatto è sempre conveniente. «Se da un lato smettere prima significa avere un assegno più basso — sottolinea Carbone — dall’altro è maggiore il numero di anni nei quali lo si percepisce». Così, per esempio, un trentenne che ha una pensione di 1.749 euro il mese, in base alla sua aspettativa di vita otterrebbe in tutto 446.513 euro. Riscattando tre anni il vitalizio si ridurrebbe a 1.645 euro il mese, 100 in meno, ma la ricchezza pensionistica complessiva aumenterebbe a 462.733 euro il mese, il 4% in più. Con cinque anni la pensione scenderebbe a 1.492 euro netti al mese, ma le entrate pensionistiche ricevute complessivamente sarebbero pari a 458.486 euro, il 3% in più. Anche nel caso di un quarantenne e di un cinquantenne il riscatto consente di aumentare la ricchezza pensionistica complessiva. La convenienza va valutata caso per caso, ma il riscatto è comunque un’opzione molto interessante anche per le forti agevolazioni fiscali di cui beneficia: gli importi versati, infatti, sono interamente deducibili dall’imponibile in 120 rate mensili senza il pagamento di interessi. Ovviamente prima di decidere se riscattare oppure no, bisogna anche riflettere se la stessa somma richiesta non sia meglio impiegarla in altro modo. Magari investendola sui mercati finanziari in modo da diversificare il rischio e non essere troppo dipendenti, nel bene e nel male, dalle sole performance dell’Azienda Italia o dalle manovre di bilancio pubblico che possono incidere sul quando e il quanto della pensione oltre che sulla validità del riscatto.

4.TEMPO: 33 euro al mese per averne cento (netti)

Una pensione di scorta da cento euro netti al mese: è un obiettivo raggiungibile con un limitato sacrificio economico, a patto di cominciare prima possibile. Le simulazioni realizzate da Progetica mostrano come il tempo sia un importante alleato su cui può contare chi vuole compensare con la previdenza integrativa una pensione di base destinata a essere sempre più ridotta. «Per ottenere una rendita vitalizia di 100 euro al mese, un trentenne dovrebbe versare 33 euro, sempre al mese, sino al pensionamento dopo quarant’anni», spiega Andrea Carbone, partner di Progetica. Ma se avesse iniziato cinque anni prima, ne sarebbero bastati 27, il 17% in meno. In totale sono quasi 3.000 euro in meno. Un quarantenne cui mancano ventinove anni alla pensione dovrebbe versarne 56. Al cinquantenne che davanti ha ancora diciotto anni di lavoro ne servono quasi il doppio, 108 euro al mese. Anticipando di cinque anni, in entrambi i casi il minor costo sarebbe di oltre il 20%. Le tabelle mostrano anche il costo del ritardo nell’avvio del programma previdenziale. Cominciando cinque anni dopo, un trentenne dovrebbe versare quaranta euro al mese, un quarantenne 73 e un cinquantenne 162, sempre per ottenere al momento del pensionamento una rendita integrativa pari a cento euro al mese. Le simulazioni di Progetica ipotizzano una continuità di versamenti sino all’età della pensione e l’adesione a un fondo pensione bilanciato-azionario con il 30% di titoli obbligazionari. Vengono considerati i costi medi di un fondo pensione aperto (promosso da compagnie d’assicurazione, banche, Sim e Sgr), in funzione della durata. Tutti i valori sono al netto delle tasse e dell’inflazione.

5.MERCATI: il rischio può alzare il risultato finale

La pensione di scorta è in azione: solo accettando una qualche dose di rischio sui mercati (adeguata naturalmente all’età e all’orizzonte temporale), si può ottenere una rendita integrativa adeguata con un esborso sostenibile. Un trentenne che vuole ottenere al momento del pensionamento una rendita integrativa di cento euro netti al mese dovrebbe versarne 33 in una linea bilanciata-azionaria, sino al pensionamento fissato a settant’anni. Con una garantita, invece, il conto salirebbe a 54 euro, il 65% in più. E anche per un quarantenne e un cinquantenne, la tranquillità di una linea garantita ha un maggior costo. Per ottenere al momento del pensionamento lo stesso obiettivo, il primo deve versare per ventinove anni 56 euro se opta per un comparto bilanciato e 80 se si rifugia invece nel porto tranquillo di un garantito. Per un cinquantenne, che davanti a se ha ancora diciotto anni di lavoro, il contributo da investire è di 108 euro al mese con un bilanciato e 135 con il garantito. «Nella previdenza integrativa, investire in una linea che ha una componente azionaria aiuta a ottenere rendimenti migliori nel medio-lungo periodo», spiega Andrea Carbone, partner di Progetica, la società indipendente di consulenza in pianificazione finanziaria e previdenziale che ha realizzato le elaborazioni. Le linee a basso rischio garantiscono infatti dalle oscillazioni di breve periodo dei mercati finanziari, ma pregiudicano la crescita nel lungo termine. Nelle tabelle sono stati considerati i costi medi di un fondo pensione aperto: tutti i valori sono in termini reali, tengono conto cioè dell’inflazione.

6.CONTRIBUTO AZIENDALE: vale molto, ma non è per tutti

Il contributo aziendale, che spetta solo a chi aderisce, fa la differenza nel determinare la convenienza del fondo pensione. Nelle simulazioni realizzate da Progetica viene considerata la pensione integrativa netta che si può ottenere grazie a un contributo del datore di lavoro pari all’1% della retribuzione. «Per esempio, un trentenne con un reddito attuale netto di mille euro il mese — spiega Andrea Carbone, partner di Progetica — può attendersi al momento del pensionamento, ipotizzato a settant’anni, una pensione integrativa di cento euro il mese se partecipa al fondo in una linea che garantisce la restituzione dei contributi versati, e di centocinquanta se opta invece per una bilanciata-azionaria: metà di queste rendite verrebbe finanziata dal datore di lavoro». Per un quarantenne con un reddito netto attuale di millecinquecento euro netti il mese e che davanti a sè ha ancora ventinove anni di lavoro, il contributo aziendale da solo vale una pensione integrativa di 89 euro con un comparto garantito e 122 con un bilanciato-azionario. Per un cinquantenne con un reddito attuale di duemila euro netti il mese e pensionamento a 68 anni, infine, la rendita mensile integrativa è pari a 62 euro il mese nel primo caso e 77 nel secondo. Attenzione però: ha diritto al contributo aziendale solo il lavoratore che s’iscrive al fondo pensione aziendale o di categoria, oppure a quello aperto (promosso cioè da compagnie d’assicurazione, banche, Sim e Sgr) su base collettiva, cioè in seguito a un accordo fra azienda e dipendenti. Anche in queste simulazioni è stata ipotizzata la continuità di versamenti sino alla pensione e sono stati considerati i costi medi dei fondi aperti in funzione della durata prevista. Tutti i valori sono al netto delle tasse e in termini reali.

7.TFR: investire la liquidazione per non tagliare il budget oggi

Destinare obbligatoriamente la liquidazione alla pensione di scorta. E’ una delle proposte di cui si sta discutendo per rilanciare una previdenza complementare che sarà sempre più necessaria, soprattutto per i giovani. Il Tfr (pari al 6,91% della retribuzione) rappresenta nel caso dei lavoratori dipendenti un’importante risorsa su cui contare. «Il conferimento del Tfr alla previdenza complementare evita di doversi privare nell’immediato di risorse — spiega Andrea Carbone, partner di Progetica, società indipendente di consulenza in pianificazione finanziaria e previdenziale —. Un trentenne con un reddito netto attuale di mille euro il mese che conferisce il Tfr a un fondo pensione può attendersi al pensionamento (ipotizzato a settant’anni) una rendita integrativa di 344 euro al mese se s’iscrive a una linea che garantisce la restituzione dei contributi versati, e 519 se sceglie invece per una bilanciata-azionaria con il 70% di azioni». Un quarantenne che destina a un fondo pensione il Tfr relativo a un reddito netto attuale di 1.500 euro il mese può attendersi al pensionamento, a 69 anni, una pensione integrativa di 307 con il comparto garantito e 421 con il bilanciato-azionario. Per un cinquantenne con un reddito netto di duemila euro il mese, infine, la rinuncia al Tfr (che in azienda si rivaluta con un tasso dell’1,5%, più il 75% dell’inflazione) può consentire di ottenere al pensionamento (a 68 anni) una pensione integrativa di 215 euro al mese se l’aderente sceglie una linea garantita, e 265 se opta invece per una bilanciata. Le simulazioni di Progetica presuppongono la continuità di versamenti alla previdenza integrativa sino all’età della pensione; tutti i valori sono al netto delle tasse e in termini reali, tengono cioè conto dell’inflazione.

www.filtabruzzo.it ~ cgil@filtabruzzo.it