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Pescara, 25/07/2024
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Data: 17/05/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Trasparenza, la Pa apre tutti i cassetti ai cittadini. Approvata in via definitiva la versione italiana del Freedom of information act. Atti e documenti delle amministrazioni pubbliche accessibili in soli trenta giorni.

ROMA Il via libera è arrivato ieri nel consiglio dei ministri. L’Italia diventa la novantunesima nazione ad adottare il Foia, il Freedom of information act, una legge nata negli Stati Uniti e poi esportata in tutti i paesi occidentali. Lo scopo è rendere l’amministrazione pubblica più trasparente. La regola di base è molto semplice. Ogni cittadino può chiedere ad ogni articolazione dello Stato, ad ogni amministrazione, ad ogni ufficio, di poter accedere a qualsiasi documento sia in loro possesso. La richiesta, ed è una novità assoluta per la legislazione italiana, non deve in alcun modo essere motivata. Certo, dei limiti a ciò che si può chiedere e ottenere rimangono. I paletti riguardano sia gli interessi pubblici che quelli privati. Sul primo versante, per esempio, non sarà possibile chiedere documenti che mettano in pericolo la tutela della sicurezza pubblica, quella nazionale, la difesa e le questioni militari, le relazioni internazionali, la politica e la stabilità economica e finanziaria dello Stato, la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento, il regolare svolgimento di attività ispettive. Sul versante degli interessi privati restano le tutele sulla privacy, la segretezza della corrispondenza, le proprietà intellettuali e il diritto d’autore. Ma nella versione uscita dal consiglio dei ministri, è specificato che il pregiudizio ad uno di questi interessi deve essere «concreto» e non astratto.
LE ECCEZIONI
Tolte queste eccezioni, si potrà chiedere tutto. E le amministrazioni pubbliche dovranno rispondere in tempi brevi. Entro soli 30 giorni dalla presentazione della domanda di accesso da parte del cittadino, che potrà essere fatta anche in via telematica, l’amministrazione dovrà fornire il documento o l’atto richiesto, oppure dovrà motivare in un atto il perché non vuole o non può consegnare le informazioni richieste. Questa è probabilmente la più importante delle novità inserite nel testo finale del provvedimento di attuazione della riforma della Pubblica amministrazione. Sul tema, infatti, c’era stato un acceso dibattito anche con le associazioni, come il Foia4Italy, che da tempo spingevano perché l’accesso pubblico diventasse legge anche in Italia. Nei passaggi tra i ministeri interessati, la norma era stata in qualche modo depotenziata. Era stato, in effetti, introdotto un meccanismo di silenzio-rigetto. In pratica se l’amministrazione alla quale il cittadino presentava la sua richiesta, non rispondeva entro 30 giorni, la domanda si riteneva automaticamente respinta. E questo senza nemmeno l’obbligo di motivare il rifiuto. Aderendo ad una richiesta delle Commissioni Parlamentari Affari Costituzionali di Camera e Senato, la logica nel testo definitivo è stata ribaltata. Le amministrazioni, come detto, dovranno rispondere entro 30 giorni motivando l’eventuale rifiuto.
LE REAZIONI
Ma cosa succede se un’amministrazione dice di no? Il cittadino potrà ricorrere, e avrà diverse strade per farlo. Quella più economica, perché non presenta costi, è appellarsi al difensore civico (dove esiste), oppure allo stesso responsabile della trasparenza. L’altra strada, questa volta onerosa, è quella del ricorso al Tribunale amministrativo. In realtà la filosofia di fondo del decreto, è quella di rendere il meno costoso possibile ottenere l’accesso ai documenti. É previsto, per esempio, che quando questi sono forniti in copia digitale, ai cittadini che li hanno richiesti non venga effettuato nessun addebito. Ieri il primo a plaudire all’approvazione del testo in consiglio dei ministri, è stato via twitter il sottosegretario alla Funzione pubblica Angelo Rughetti. «Il primo decreto ha finito il suo percorso. Foia è legge», ha scritto sul suo profilo annunciando l’approvazione del provvedimento.

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