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Pescara, 25/07/2024
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Data: 20/05/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
E Poletti annuncia: «Il taglio contributivo sui contratti fissi diventerà permanente»

ROMA Lo sconto sui contributi per gli assunti a tempo indeterminato diventerà strutturale probabilmente già a partire dal prossimo anno. L’annuncio è del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. E forse non è un caso che arrivi il giorno successivo ai dati Inps sulla frenata delle assunzioni stabili nel primo trimestre di quest’anno: -77% rispetto allo stesso periodo 2015. Un dato chiaramente legato al taglio dell’agevolazione scattato dal primo gennaio del 2016. «Valuteremo in sede di legge di Stabilità l’ipotesi di anticipare al 2017 un taglio strutturale del cuneo in modo da rendere meno costoso il lavoro a tempo indeterminato» ha annunciato Poletti.
La nuova agevolazione comunque sarà sicuramente più bassa rispetto a quella attuale. Già dalla prima versione di questo governo (in vigore nel 2015), a quella in vigore quest’anno lo sconto è stato sensibilmente diminuito. Si è passati dal 100% per tre anni per tutte le assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal primo gennaio al 31 dicembre 2015, al 40% per due anni per le assunzioni dal primo gennaio 2016 al 31 dicembre prossimo. «Stiamo valutando se concludere il terzo anno di decontribuzione con un ulteriore intervento di decalage o se fare un intervento sul cuneo in maniera stabile, per il quale però occorre una valutazione in termini di bilancio» ha spiegato ancora Poletti. Il ministro ha fornito anche un’indicazione dell’entità dello sconto qualora lo si rendesse permanente: «A mio parere il lavoro stabile dovrebbe costare all’impresa un 10% in meno del lavoro a termine nelle sue svariate tipologie. Già ora con l’eliminazione del lavoro a tempo indeterminato dalla base Irap le aziende hanno uno sconto del 5-6%».
STIPENDI DIMEZZATI
La decontribuzione è una misura molto apprezzata dalle imprese. Anche perché in Italia il cuneo fiscale è altissimo. Secondo l’ultimo rapporto Ocse «Taxing Wages 2016», siamo al quarto posto nel mondo (dopo Belgio, Austria e Germania), con il 49% di tasse e contributi che pesano sui salari. In pratica quasi la metà dello stipendio finisce dritto dritto nelle casse dell’Erario o dell’Inps. Cosicché le aziende hanno un costo del lavoro elevato che deprime la competitività, e i lavoratori invece si ritrovano stipendi più bassi rispetto ai colleghi stranieri.
LA FRENATA
I contributti previdenziali, senza sconto, pesano per il 33% sulle buste paga. Molti osservatori ritengono che più che le norme di flessibilità introdotte con il Jobs act (sui licenziamenti), sia stata proprio la decontribuzione al 100% a spingere le imprese nel 2015 a fare molte assunzioni stabili, così da portarne l’incidenza sul totale dei nuovi contratti dal 16 al 24%.
Anche i dati diffusi l’altro ieri dall’Osservatorio sul precariato dell’Inps sono la più evidente dimostrazione che, in mancanza di una ripresa sostenuta, la dimensione dello sconto influisce moltissimo sulle decisioni delle imprese per le assunzioni. Tra gennaio e marzo di quest’anno, infatti, il saldo tra attivazioni e cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, pur rimanendo positivo, è risultato inferiore di ben il 77% rispetto allo stesso periodo del 2015 (+51.087 contratti contro +224.929).

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