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Pescara, 25/07/2024
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Data: 24/05/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Pensioni, 3 ipotesi sulla flessibilità. Oggi confronto governo-sindacati per rivedere la Fornero. Via prima dal lavoro con assegno decurtato

ROMA Il governo scopre le carte sulla flessibilità in uscita. Dopo settimane di schermaglie dialettiche e indiscrezioni, l’esecutivo Renzi apre il tavolo di confronto con i sindacati sulla possibile modifica di alcuni aspetti della riforma Fornero. L’appuntamento è fissato per oggi al ministero del Lavoro, dove il titolare Poletti e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Nannicini ospiteranno i vertici di Cgil, Cisl e Uil. Il dossier messo a punto da Palazzo Chigi prevede una proposta di uscita anticipata e di aggancio alla pensione articolata essenzialmente su tre filoni che corrispondono ad altrettante categorie socio-lavorative. La prima è quella delle persone che, seppur stabilmente impiegate e senza alcun rischio per il proprio posto, decidono autonomamente di andare a riposo. Ebbene potranno farlo, a patto di trovarsi a non più di 3-4 anni di distanza dai requisiti previdenziali, accettando un taglio dell’assegno di circa 3 punti per ogni anno che manca al traguardo legislativo della pensione. Il che vuol dire, nei casi più estremi, rinunciare al 12% dell’assegno futuro. C’è poi il caso di chi ha necessità di andare in pensione anticipatamente, in quanto ha perso il lavoro, fa fatica a trovarne un altro e non ha ancora maturato i requisiti d’uscita. In questa circostanza, il governo pensa di far intervenire le banche. In sostanza, l’interessato chiede un prestito per coprire i contributi che ancora mancano e come garanzia mette il Tfr se non addirittura la pensione futura. Comincia ad incassare da subito un assegno ridotto (pagato dall’Inps) intorno a 8-900 euro e quando i requisiti previdenziali sono finalmente maturi restituisce il prestito alla banca ma comincia a godersi la pensione piena senza decurtazione. La terza categoria sono i lavoratori che l’azienda vuole mandare in pensione prima per ristrutturare l’organico aziendale. In questo caso sono le aziende stesse a coprire i costi dell’anticipo. In sintesi non sarebbe lo Stato a versare la pensione prima del tempo, ma si limiterebbe a coprire una parte dei costi con un’assicurazione a garanzia del rischio morte. L’intera operazione costerebbe circa 1,5 miliardi alle casse dello Stato anche perché il governo, in queste ore, ha confermato che i vincoli di bilancio non consentono molti margini di manovra. «Vogliamo introdurre flessibilità in uscita in un contesto di stabilità finanziaria» ha avvertito infatti Morando. «È chiaro che qualche sacrificio sarà necessario - ha aggiunto il viceministro all’Economia - ma non si potrà trattare di enormi risorse perché recuperare flessibilità in uscita è importante ma ancora più importante è riuscire a far ripartire l’economia». Una prudenza dettata dalla necessità di non urtare la suscettibilità di Bruxelles e delle istituzioni internazionali. Non a caso, proprio ieri il capo missione a Roma del Fondo monetario Internazionale, Rishi Goyal, ha sottolineato che il sistema pensionistico italiano «ha una base molto solida». E dunque, secondo Washington, l’uscita anticipata dalla pensione «deve essere fatta solo se sostenibile per il debito».

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