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Pescara, 25/07/2024
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Data: 25/05/2016
Testata giornalistica: Il Sole 24 ore.com
Il Jobs act francese - La riforma del lavoro. Proteste, Francia a rischio paralisi. Raffinerie bloccate, Total minaccia di ridurre gli investimenti. Caos trasporti. Dal 31 maggio sciopero a tempo indeterminato delle ferrovie, dal 2 giugno dei trasporti pubblici parigini e dal 3 al 5 degli aerei

L'obiettivo dei sindacati radicali (primo tra tutti la Cgt, Organizzazione vicina ai comunisti e alla sinistra socialista) ormai è chiaro: paralizzare il Paese, alla vigilia degli Europei di calcio che inizieranno il 10 giugno, prendere in ostaggio i cittadini e costringere così il Governo a ritirare la legge di riforma del mercato del lavoro. Ieri mattina, all'alba, la polizia è intervenuta per rimuovere i blocchi del sito petrolifero di Fos sur - Mer (raffineria e deposito di carburante) nei pressi di Marsiglia. Ci è riuscita dopo due ore di tafferugli, confuso di idranti e lacrimogeni. La Cgt - primo sindacato del settore - ha immediatamente reagito proclamando uno sciopero in tutte e otto le raffinerie francesi. Mentre ieri sera è iniziata la protesta al terminal di Le Havre, dal qua- le passa il 40% delle importazioni di greggio, e da questa mattina si fermerà l'intero porto di Marsiglia (con decine di navi ferme al largo inattesa di scaricare). E poi è stato un crescendo: sciopero a tempo indeterminato dal 31 maggio nelle ferrovie e dal 2 giugno nei trasporti pubblici parigini (che comprendono le linee da e verso la cintura, quelle utilizzate dai pendolari); paralisi del traffico aereo dal 3 a15 giugno; alla centrale nucleare di Nogent-sur-Seine i lavoratori hanno annunciato lo stop della produzione di elettricità. Iniziative che si aggiungono a quelle già annunciate: giornata di protesta, con cortei e manifestazioni, domani (l'ottava dal 9 marzo) e un'altra, con scioperi e manifestazione nazionale a Parigi, il 14 giugno, in concomitanza con la presentazione della legge al Senato. Con l'ormai consueto corollario di disagi per i viaggiatori e di violenze da parte dei black bloc. La penuria di carburante - che il Governo insiste nel negare, invitando gli automobilisti a non stoccare benzina e gasolio - si sta pian piano estendendo. Dopo il Nord, l'Ovest e il Sud, molte stazioni di servizio sono ormai a secco pure nella regione parigina. E i primi problemi sì stanno registrando anche nelle attività produttive. Le Camere di commercio e la Federazione delle imprese delle costruzioni hanno chiesto al Governo di intervenire «urgentemente per smantellare i blocchi». Di svolgere insomma «il suo compito di garante dell'ordine pubblico per evitare che una ripresa economica già fragile venga ostacolata dal radicalismo di movimenti corporativi e ideologici». Magari procedendo alla requisizione delle raffinerie, come aveva fatto nel zoio Nicolas Sarkozy in ri sposta alle proteste contro la riforma delle pensioni. Il presidente Frantois Hollan- de, il premier Manuel Valls e il ministro dell'Interno Bernard Caze- neuve assicurano che la polizia interverrà e la situazione verrà ricondotta alla normalità, ma è evidente che tentennano di fronte al rischio di una generalizzazione delle proteste e all'ingresso in campo anche dei sindacati riformisti, preferendo puntare all'iso- lamento della Cgt. Il cui segretario Philippe Martinez - che si atteggia ormai a leader dell'opposizione - ha parlato di «comportamento pericoloso da parte del Governo». Patrick Pouyanné, presidente del gruppo Total - al quale appartengono sei delle otto raffinerie e sta perdendo 45 milioni a settimana - è intervenuto per avvertire che la società sarà costretta a riesaminare il suo programma di investi- menti in Francia. Va ricordato che l'anno scorso Total aveva deciso di destinare circa 600 milioni alla modernizzazione dei suoi impianti, 40 dei quali nella raffineria di Donges. «Se qualcuno - ha detto Pouyanné - vuole prendere in ostaggio le nostre strutture industriali, per ragioni che non hanno nulla a che fare coni' azienda,bisogna interrogarsi se è giusto continuare a investire. Si tratta in qual- che modo della rottura di un patto tra il gruppo e i suoi dipendenti. Questo ci condurrà inevitabilmente a riesaminare seriamente i nostri piani». Certo è che questo ennesimo braccio di ferro, questo ennesimo scontro sui tentativi di riformare il Paese, darà un'altra mazzata all'immagine della Francia e alla sua attrattività rispetto agli investitori internazionali. Proprio ieri Ernst&Young ha pubblicato l'annuale rapporto sugli investimenti diretti esteri. Dal quale risulta che dei principali Paesi europei, nel 2m5la Francia è l'unico in calo (del 2%) a fronte di un aumento complessivo del 14 per cento. La percentuale di "decisori" disposti a prendere in considerazione la Francia per realizzare un nuovo investimento è scesa dal 35% a124 per cento. E in testa alle motivazioni oltre ovviamente alla pressione fiscale - ci sono proprio le rigidità del mercato del lavoro e le tensioni sociali. Ameno di un anno dalle elezioni presidenziali, Holland e non può ovviamente fare marcia indietro su una riforma alla quale affida le residue (e remote) possibilità di candidarsi alla propria successione e magari riuscire persino a sfidare la leader dell'estrema destra Marine Le Pen nella corsa all'Eliseo. Ma neppure la Cgt, che con questa battaglia si gioca la posizione di primo sindacato francese, è disposta ad arrendersi.

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