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Pescara, 25/07/2024
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Data: 26/05/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Il governo frena sulle pensioni anticipate. Poletti: «Tenere conto dei conti e dell’equità sociale». Boeri: «Inps in passivo ma il sistema tiene»

ROMA L’anticipo del pensionamento rispetto all’età di vecchiaia potrebbe avere un costo «prossimo allo zero» per i disoccupati, a partire da quelli che sono stati impegnati in attività usuranti, a pochi anni dalla pensione mentre potrebbero pagare tra il 2% e il 4% l’anno i lavoratori che decideranno di anticipare l’uscita dal lavoro. Lo ha detto il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti spiegando comunque che non c’è ancora una proposta finale sulla previdenza ma che questa dovrà tenere conto delle diverse situazioni dando ai diversi casi soluzioni differenti.Ieri intanto il presidente Inps, Tito Boeri in una audizione ha detto che si prevede per l’Inps a causa delle stime di risultati economici negativi nei prossimi anni un passivo patrimoniale di 56 miliardi nel 2023. Boeri comunque si è detto fiducioso nella tenuta del sistema pensionistico dopo le importanti riforme della previdenza fatte negli anni scorsi. Le prestazioni ai cittadini sono assicurate dal fatto che sono garantite dalle leggi e il bilancio che va considerato - ha sottolineato Boeri - è quello «consolidato» dello Stato. Il dibattito sulle modifiche alla legge Fornero dopo l’incontro tra governo e sindacati resta acceso. Poletti ha confermato che la proposta dovrà tenere conto sia della situazione dei conti pubblici sia dell’equità sociale. E su questo punto ha ribadito che il governo deciderà di privilegiare chi a pochi anni dalla pensione è disoccupato rispetto a chi ha ancora un lavoro. Certo la previsione di risultati economici negativi dell’Inps nell’ordine di 10 miliardi l’anno per i prossimi 10 anni rende ancora più complicato decidere di destinare somme ingenti all’uscita anticipata e all’incremento delle pensioni al minimo. Per queste - ha detto oggi Poletti - si studia l’estensione del bonus di 80 euro previsto ora per i lavoratori dipendenti con redditi inferiori a 26.000 euro l’anno. Il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano ha ricordato l’esistenza di una norma per l’uscita nel 2016 non solo delle donne nate nel 1952 ma anche dei dipendenti uomini del settore privato con 64 anni e sette mesi purchè abbiano 35 anni di contributi versati entro la fine del 2012 (per le donne ne bastano 20). La norma era stata introdotta perché la classe 1952 era stata la più penalizzata dalla riforma Fornero del 2011 che aveva innalzato l’età delle donne e abolito le «quote» (tra età e anni di contributi). «È un’ingiustizia - dice il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso - considerare che l’unico parametro dell’età pensionabile sia quello della aspettativa di vita ignorando il lavoro, la sua qualità, le tipologie, le differenze tra le persone».

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