Iscriviti OnLine
 

Pescara, 25/07/2024
Visitatore n. 738.577



Data: 28/05/2016
Testata giornalistica: Il Centro
«Sfruttati e malmenati dentro l’azienda». La Flai Cgil segnala casi di caporalato in una ditta di carni: vittime quattro pakistani. Denunciato il datore di lavoro (Guarda il servizio trasmesso dalla Tgr Rai Abruzzo)

PESCARA «Il fenomeno del caporalato è diffuso e riguarda non solo il settore dell'agricoltura ma anche quello della lavorazione delle carni». A parlare è Ada Sinibaldi, del coordinamento Flai Abruzzo (Federazione lavoratori agroindustria della Cgil), che interviene sul caporalato dopo la denuncia del sindacato sul caso di quattro pakistani sfruttati in un'azienda dell'entroterra pescarese. Nel settore delle carni, fa notare Sinibaldi, «c'è un problema legato ai subappalti alle cooperative di alcuni pezzi di lavorazione» e a pagare le conseguenze sono coloro che lavorano in condizioni di precarietà. Pensando ai caporali, che «fanno da intermediari tra datori di lavoro e lavoratori e trattano le condizioni con i datori di lavoro», la Cgil ha presentato una proposta di legge regionale finalizzata a «limitare l'azione illegale». Il testo mira a fissare delle regole nei settori dove c'è sfruttamento, prevedendo degli indici di congruità che stabiliscono produzione, fatturato e numero di lavoratori di impiegare. ©RIPRODUZIONE RISERVATAdi Flavia Buccilli wPESCARA Molti tacciono, non denunciano. Pur di lavorare e portare a casa uno stipendio accettano di pagare un “caporale” e di essere sfruttati. Ma c’è anche qualcuno che ha il coraggio di alzare la testa e di chiedere aiuto al sindacato, nel tentativo di vedere riconosciuti i propri diritti. Hanno detto basta alle irregolarità quattro pakistani che, tra il 2015 e i primi mesi di quest’anno, hanno lavorato in una ditta che si occupa di carni, in provincia di Pescara. I quattro sono arrivati in quell’azienda grazie ad un caporale, un irregolare, «che prima stava a Brescia e poi è venuto qui», racconta uno dei giovani stranieri che si è rivolto alla Flai Cgil dopo una lunga odissea. Ha lavorato circa un anno e ha dovuto versare il primo stipendio al caporale, circa 500 euro, dopodiché gli altri stipendi arrivavano sempre in ritardo, all’incirca di un mese. «Il contratto», dice, «prevedeva circa 5 ore al giorno, per 5 giorni a settimana e invece lavoravo 10 - 11 ore, sei o sette giorni a settimana e lo stipendio è stato prima di 475 euro e poi di 575 euro. Ho chiesto di essere pagato per le ore in più in azienda e mi è stato risposto che avremmo fatto i conti alla fine dell’anno», ma questo momento veniva continuamente rinviato fino a quando il datore di lavoro ha fatto sapere ai quattro che potevano anche starsene a casa. Questi pakistani hanno deciso di rivolgersi alla Cgil e a quel punto Luca Ondifero, che guida la Flai da qualche mese, ha contattato l’azienda, inviando una lettera. È stato allora che si è verificato un episodio molto preoccupante. Uno dei quattro pakistani, anche lui sottopagato, è tornato in azienda ed è stato picchiato, al punto che sono intervenuti i carabinieri e lui è finito in ospedale, con una prognosi di 5 giorni. Capendo che non c’erano più le condizioni per andare avanti, i quattro si sono dimessi per giusta causa e hanno fatto domanda di disoccupazione ma gli è stata negata. «La loro storia è emblematica», commenta Ondifero, «perché quando hanno avuto il coraggio di chiedere al datore di lavoro il riconoscimento di alcuni elementi basilari minimi e la corresponsione delle somme effettivamente dovute, gli hanno detto di andare via, perché c’erano altri pronti a farsi sfruttare. Al danno, poi, si aggiunge la beffa, perché i quattro sono stati costretti ad andare via, perché era insostenibile andare avanti di fronte alla minaccia fisica». Il sindacato si è mosso in tutti i modi per far emergere questa storia e far valere i diritti dei quattro pakistani. Oltre alla querela per l’aggressione è stata presentata la denuncia ai carabinieri dell’Ispettorato del lavoro per segnalare le irregolarità subite e il caporalato, è stata avviata la vertenza per il recupero delle somme dovute ed è stato presentato un ricorso all’Inps per ottenere la disoccupazione. «Le indagini sono in corso e confidiamo che ci siano degli interventi per evitare che continuino ad accadere fatti simili», si augura Ondifero lanciando un appello alle istituzioni. A fronte di queste persone che si sono fatte avanti «ce ne sono altre centinaia che non riusciamo a intercettare, per mille motivi», dice il sindacalista facendo notare che molti pensano al caporalato come a un fenomeno tipico di «territori distanti da noi e invece non è così». La Flai (Federazione lavoratori agroindustria) non è sola in questa battaglia. «Tutta la Cgil», dice la segretaria Emilia Di Nicola, «è impegnata per garantire la legalità sui luoghi di lavoro, contrastare il lavoro nero e lo sfruttamento degli immigrati e per ristabilire regole certe». ©RIPRODUZIONE RISERVATA

www.filtabruzzo.it ~ cgil@filtabruzzo.it