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Pescara, 25/07/2024
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Data: 06/06/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Poletti: «Il lavoro stabile costerà meno, sì alla flessibilità sull'età della pensione»

ROMA Quel che conta è il risultato finale, meno come ci si arriva. E il risultato finale deve essere che il lavoro stabile deve costare meno di quello precario. L'indicazione è arrivata dal ministro del lavoro Giuliano Poletti, che ha parlato a margine del Festival dell'Economia di Trento. Poletti ha spiegato che il costo del lavoro stabile può essere abbattuto «con la decontribuzione o con il cuneo fiscale e previdenziale», sottolineando però, come il governo non abbia ancora preso una decisione su quale debba essere la strada da seguire La scelta, ha spiegato il ministro del lavoro, sarà fatta con la prossima legge di stabilità. «In questo momento», ha voluto precisare Poletti, «non sono proprio in grado di dire se» un intervento sul cuneo fiscale sia «alternativo a un intervento sull'Irpef, questa discussione», ha detto, «la faremo in legge di stabilità». Di certo c'è. sempre secondo Poletti, che «questi temi hanno bisogno di una forte spinta» anche a livello europeo. «Sono molto d'accordo con Pier Carlo Padoan», ha aggiunto ancora il ministro, «quando dice che invece di parlare di flessibilità bisogna tornare a parlare di produttività, per fare in modo che la Ue sia capace di competere nel mondo». LA VIA MAESTRAIl ministro poi, ha anche indicato quale sarà la via maestra sche sarà seguita dal governo nella prossima legge di stabilità. Si tratterà di ridurre le tasse e aumentare la competitività per spingere la crescita, ma facendo attenzione a «non lasciare indietro nessuno». Dunque saranno le politiche sociali, secondo il ministro la cifra della prossima manovra di bilancio che conterrà, è la conferma, anche la tanto dibattuta flessibilità in uscita per le pensioni. Carte sul tavolo ancora il ministero non ne mette, e anche al prossimo incontro con i sindacati, già fissato per il 14 giugno, non è detto che presenterà una proposta precisa. «Cominceremo ad essere più precisi e puntuali», ha spiegato Poletti, ma «non ci sarà una proposta definita e indiscutibile» perché «l'impegno che ci siamo assunti è quello di un confronto vero». Se si arrivasse con la flessibilità già disegnata «potrebbero legittimamente dirci che gli facciamo perdere tempo, ma noi non vogliamo far perdere tempo a nessuno». Si tratta invece di trovare il punto di caduta più condiviso possibile e che tenga in equilibrio la possibilità concessa al lavoratore di ritirarsi fino a tre anni in anticipo senza che questo comporti un onore insostenibile per le casse dello Stato. E in questo senso il dibattito si concentra anche sulle possibili penalizzazioni che chi esce in anticipo potrebbe dover sostenere. LE IPOTESI ALLO STUDIOAllo studio ci sono varie ipotesi, nelle quali Poletti però non si addentra, che prevedono un certo grado di discrezionalità per il lavoratore, visto che potrebbero entrare in gioco anche le risorse accantonate nei fondi pensione per ridurre l'entità del prestito da restituire, e che dovrebbero essere a costo zero o quasi per chi invece una occupazione l'ha persa e non la può più ritrovare. Per ora ci sono le indiscrezioni circolate nelle ultime settimane secondo cui il prestito per anticipare la pensione dovrà essere restituito in venti anni. Le rate di ammortamento dovrebbero pesare diversamente a seconda del reddito. Più contenute per chi ha redditi bassi, più alte per chi ha guadagni maggiori. Nel primo caso il range dovrebbe essere di una penalizzazione compresa tra il 3% e il 5% per ogni anno di anticipo per chi ha redditi medio bassi, e fino all'8-9% per anno per chi ha redditi elevati.

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