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Pescara, 25/07/2024
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Data: 10/06/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Licenziamenti, per gli statali valgono le tutele dell'art. 18

ROMA Ai dipendenti pubblici l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori va applicato nella sua versione originale, quindi quella precedente alle modifiche (in senso restrittivo) apportate dal governo Monti nel 2012, tre anni prima che le regole sui licenziamenti fossero ancora cambiate con il Jobs Act voluto da Matteo Renzi. La Corte di Cassazione ha affermato questo principio rivedendo almeno in parte il proprio precedente orientamento contenuto in una sentenza dello scorso novembre. Dunque in caso di rimozione ingiustificata dal servizio al personale pubblico spetta la tutela più piena ovvero il reintegro, che invece nel caso dei lavoratori privati è solo un'eccezione a fronte della norma generale dell'indennizzo monetario.
DOPPIO LAVORO
Paradossalmente, ma non troppo, questa importante pronuncia arriva a distanza di 12 anni dai fatti a cui il giudizio si riferisce (il presunto doppio lavoro di un funzionario del ministero delle Infrastrutture) e interviene sul tema dello Statuto dei lavoratori anche al di là delle ragioni per cui questo era stato tirato in ballo nel corso del procedimento. Insomma i magistrati della Cassazione vogliono definire una volta per tutte una questione che finora era stata affrontata in modo controverso. D'altra parte, la sentenza (la 11868 del 2016) non tocca la normativa attualmente in vigore, appunto quella entrata in vigore poco più di un anno fa. Il governo, per bocca dei ministri Madia e Poletti (titolari rispettivamente della Pubblica amministrazione e del Lavoro) ha più volte affermato che il Jobs Act non si applica ai dipendenti pubblici, riservandosi però di confermare e chiarire il concetto in uno dei decreti con cui sarà data attuazione alla riforma della pubblica amministrazione.
LA PRESCRIZIONE
Capita anche, come in questo caso, che la Cassazione affermi un principio di forte tutela per i dipendenti accogliendo il ricorso del datore di lavoro. Simmetricamente invece dava ragione (per altri motivi) al lavoratore la sentenza 24157 del 2015 che invece restringeva tale tutela, sostenendo che al dipendente pubblico andasse applicato l'articolo 18 rivisto nel 2012 dalla legge legata - al pari di quella sulla previdenza - al nome dell'allora ministro Elsa Fornero.
Nell'ultima vicenda, il funzionario era stato allontanato dal suo posto per aver svolto due missioni diverse, con i relativi rimborsi spesa, a oltre 500 chilometri di distanza nello stesso giorno. Da questo fatto del 2004 era nato un processo penale poi concluso per prescrizione nel 2012. In seguito la Corte di Appello di Roma era intervenuta sul procedimento disciplinare, confermando il licenziamento ma riconoscendo all'interessato sei mesi di indennità risarcitoria, come previsto proprio dalla norma Fornero del 2012 nel caso di provvedimenti legittimi ma nel quali non siano state rispettate le procedure di contestazione della violazione. Ora con l'accoglimento del ricorso del ministero la palla torna alla Corte di Appello per una nuova decisione.
Nel rinviare ai giudici di Roma la Cassazione ha però colto l'occasione per affrontare in modo sistematico il tema dell'applicazione dell'articolo 18 modificato ai dipendenti pubblici, di fronte all'esistenza di due diverse correnti giurisprudenziali e di dottrina; la prima sostiene che il trattamento del lavoro pubblico e di quello privato devono essere il più possibile uniformi, la seconda sottolinea invece le ragioni di inconciliabilità tra i due regimi. Il motivo principale per cui - secondo i supremi giudici - la norma del 2012 non può essere applicata è che quella stessa legge prevedeva una possibile estensione al mondo del lavoro pubblico solo dopo un apposito provvedimento da adottare sentite le organizzazioni sindacali. E quel provvedimento non c'è stato. Detto questo, viene anche sottolineato come la riforma dell'articolo 18 varata quattro anni fa fosse dichiaratamente finalizzata alle esigenze dell'impresa privata.
La sentenza è stata accolta con favore dai sindacati. Per Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, è un segno che «le istituzioni continuano a funzionare». La Cisl invece con il segretario confederale Maurizio Bernava si augura che la vicenda non sia strumentalizzata per attaccare il pubblico impiego.

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