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Data: 15/06/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
La sfida dei sindacati dopo la parentopoli Atac «Fermiamo il dialogo». La confessione «Ho fatto entrare moglie e figlia, qui lo fanno tutti»

Una lettera di tre righe per comunicare ai nuovi vertici dell'Atac che verranno «sospese tutte le relazioni industriali a qualsiasi livello». Firmato Cgil, Cisl e Uil. Nel giorno in cui il Messaggero ha anticipato l'inchiesta sulla nuova Parentopoli in Atac, che ha messo nel mirino 350 assunzioni, quasi tutte a chiamata diretta, di dipendenti imparentati con i sindacalisti della municipalizzata dei trasporti, le sigle confederali passano al contrattaccano e decidono unilateralmente di bloccare tutte le trattative in corso con la partecipata del Campidoglio. «È un avvertimento al direttore generale Marco Rettighieri, che vuole portare tutti gli sprechi in Procura. Il messaggio è chiaro: non aprire quei cassetti», dice il senatore Stefano Esposito, vicepresidente della Commissione Trasporti del Senato ed ex assessore comunale alla Mobilità.
BRACCIO DI FERROL'arroccamento dei sindacati rischia di paralizzare tutte le trattative in corso: da quella per i nuovi turni dei macchinisti della metro, al potenziamento degli agenti di stazione, alle officine per la manutenzione. Certo, l'azienda potrebbe comunque decidere di agire con atti unilaterali, ma si rischiano ogni volta le barricate. Rettighieri non sembra spaventato. E ieri ha rilanciato: «Il cambiamento in Atac può avvenire con una leva e a una condizione; la leva è valorizzare le tante maestranze capaci e affidabili, basta con la paura e le influenze: meritocrazia e trasparenza. La condizione è che i sindacati tornino a fare il loro compito, un contributo essenziale per il processo di risanamento».
Ma il clima nella partecipata dei trasporti è sempre più teso. Oggi è in programma la presentazione di Alberto Giraudi, il nuovo capo delle metropolitane e delle ferrovie in concessione dalla Regione. All'appuntamento avrebbero dovuto presenziare anche i rappresentanti Cgil, Cisl e Uil. «Ma in queste condizioni, non ci saremo», taglia corto Gianluca Donati (Cisl).
DOPOLAVORODa giorni poi nei corridoi di via Prenestina circola voce che siano a un passo dalla chiusura anche le mense aziendali. Quelle gestite dal Dopolavoro, società controllata dai sindacati attraverso un appalto di oltre quarant'anni fa, mai rinnovato né sottoposto a controlli. Una delle commesse milionarie che Rettighieri aveva denunciato in Procura, consegnando un dossier al procuratore capo Giuseppe Pignatone. L'ennesimo vaso di Pandora scoperchiato, un business da oltre 4 milioni di euro non regolato da alcun contratto, giustificato solo da un vecchio accordo sindacale firmato nel 1974 e mai aggiornato. Tanto che fino alla denuncia di Rettighieri, Atac pagava a piè di lista, senza avere la minima idea di quanti pasti venissero effettivamente somministrati ai dipendenti. Nessun controllo sulle cucine né sulle condizioni igieniche. Ora che quell'appalto è stato congelato, le derrate alimentari sono in esaurimento. E senza i fondi, il Dopolavoro non sa più come pagare i suoi dipendenti.


«Ho fatto entrare moglie e figlia, qui lo fanno tutti»

Atac, una grande famiglia. Non è una fiction Rai, ma l'azienda dei trasporti pubblici di Roma. Dove oltre 350 dipendenti (su 11mila) risultano imparentati con i sindacalisti interni e sono stati assunti senza concorso. Mogli, figli, nipoti. A bordo, c'è posto per tutti.
Il leader del mini-sindacato che, due giorni fa, ha convocato lo sciopero durante la partita della Nazionale? Sua moglie è stata assunta in Atac, con una mansione amministrativa. Da un paio d'anni non lavora più nella municipalizzata. È stata licenziata? Ovviamente no, ha solo trovato un'occupazione altrove e ha scelto lei di andarsene. Con liquidazione da oltre 100mila euro.
Uno degli ex amministratori del Dopolavoro aziendale (la società partecipata dai sindacati che gestisce l'appalto da 4 oltre milioni l'anno per le mense dei lavoratori) è riuscito a fare doppietta: il contratto con la partecipata del Campidoglio lo hanno firmato tutti e due i suoi due figli. Assunti come autisti? Macchinisti? Operai della manutenzione del parco mezzi? No, anche loro impiegati amministrativi. Tutti e due hanno una poltrona e una scrivania nel quartier generale di via Prenestina.
DOPPIETTA E non è l'unico ad avere messo a segno il doppio colpo. Anche il segretario romano di una sigla confederale si è ritrovato con due figli assunti dalla società del Comune di Roma. Anche loro con la qualifica di amministrativi. Il volante dei bus e la cabina di guida di un treno non li hanno visti neanche da lontano. Di più: uno dei due figli del sindacalista, in Atac è transitato solo per poche settimane, poi è stato ingaggiato dal Priamo, il fondo di pensione complementare dei dipendenti dei servizi di trasporto pubblico.
LA CONFESSIONE Confessa un sindacalista, che chiede di rimanere anonimo: «Anche io ho fatto assumere mia moglie e mia figlia. Ma qui lo hanno fatto quasi tutti». L'inchiesta interna che i vertici dell'Atac vogliono portare in Procura ha già accertato per oltre 350 dipendenti un legame di parentela con i rappresentanti dei lavoratori che operano nella partecipata. Quasi tutti assunti a chiamata diretta, senza una selezione pubblica. E per ora sono stati presi in esame solo i contratti siglati negli ultimi dieci anni. «Andando a ritroso, se ne trovano molti di più - continua il sindacalista - La verità è che siamo un'azienda di raccomandati. Mogli di, figli di, nipoti di. Mi ricordo che quando sono entrato, vedevo i fogli delle presenze nei turni di servizio e leggevo sempre gli stessi cognomi. Non era mai un caso».

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