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Data: 18/06/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Speciale pensioni - Via dal lavoro, ma con le rate. Come funziona la proposta del governo sull’uscita in anticipo. In pole position ci sono i nati nel ’53. Il prestito dovrebbe essere erogato senza garanzie reali e senza l’obbligo di estinguerlo per gli eredi (Leggi l'articolo in formato pdf)

Rendere la flessibilità in uscita dal lavoro una realtà concreta. Questa l’intenzione della proposta del governo sull’Ape, dove la sigla sta per “Anticipo pensionistico” e in breve prevede la possibilità in vigore dall’anno prossimo di uscire dal lavoro fino a tre anni prima della soglia di vecchiaia. Ne hanno parlato martedì il governo e i sindacati, ma il percorso è appena partito e prevede un nuovo incontro il 28 giugno. Dunque chi, su base volontaria, deciderà di anticipare la data di pensione potrà contare su un nuovo prestito bancario da rimborsare in vent’anni. L’operazione per i primi tre anni, dal 2017 al 2019, attraverserà una fase sperimentale. L’anno prossimo saranno coinvolti i nati tra il 1951 e il 1953, nel 2018 la classe 1954, concludendo con il terzo e ultimo anno di sperimentazione quando toccherà ai nati nel 1955. Costi e lavoratori coinvolti. Si è parlato anche di costi per lo Stato, anche se la proposta è ancora in fase di studio e le cifre paiono destinate a subire modifiche a seconda di come si procederà nei futuri incontri messi a programma tra le parti. La cifra ipotizzata oscilla tra i 500 e 600 milioni. Questo nel caso che assicurazioni e banche vengano coinvolte nel progetto. In caso contrario l’impatto sulle case dello Stato potrebbe salire nettamente: fino a 10 miliardi. Più difficile dire in quanti saranno coinvolti dalla misura. Si ipotizza che tra i 30.000 e i 40.000 lavoratori potrebbero usufruire dell’uscita rateizzata dal lavoro, anche se ogni stima rischia di essere smentita considerata la base volontaria della decisione. Le reazioni dei sindacati. I sindacati si sono dimostrati attenti a quelle che, con le parole del segretario Cgil Susanna Camusso, sono «novità positive, come la disponibilità del governo a entrare nel merito dei vari aspetti». Parla di «vento che cambia» anche il segretario della Cisl Annamaria Furlan. La soddisfazione sindacale è da mettere in relazione con le indiscrezioni che circolavano sulle intenzioni del governo. Si temeva penalizzazioni del 2-3% all’anno delle pensioni fino a un massimo di 4 anni per chi decide di anticipare. Percentuale che in parte sarà comunque pagata attraverso gli interessi sulle rate, che potranno arrivare a incidere sull’assegno pensionistico fino al 15% del totale. Come funziona l’assegno. In pratica chi deciderà di andare in pensione prima della soglia di vecchiaia non subirà una decurtazione dell’importo mensile, ma dovrà versare una sorta di mutuo rateizzato, come quello per l’acquisto di beni immobili o di consumo, senza garanzie reali a carico del beneficiario. Non dovrebbe dunque coinvolgere gli eredi o incidere sulla reversibilità. Sarebbe previsto un costo diverso per chi perde il lavoro prima di raggiungere i requisiti per l'accesso alla pensione e per chi decide di lasciare spontaneamente l'impiego. Nelle intenzioni del governo i lavoratori che vivono una situazione di disagio, chi per esempio viene da un lungo periodo di disoccupazione, dovrebbero avere una decurtazione implicita dell’assegno ridotta al minimo se non azzerata. Sarà il governo, per i non meglio specificati «soggetti deboli», a farsi carico degli interessi da pagare sulle rate. Non è chiaro però a quali condizioni si rientrerà in questa fascia protetta. Chi mette i soldi. I dubbi maggiori sono qui. Il saldo per lo Stato è basso, le banche e le assicurazioni saranno coinvolte se si vorrà mantenere la spesa. L’ipotesi che appare più credibile prevede questo schema: il lavoratore che vuole andare in pensione in anticipo chiede il prestito all’Inps, che a sua volta si rivolgerà agli istituti finanziari che anticiperanno il capitale necessario. Le banche si vedranno rimborsato il prestito con una rata sulla pensione, ma è prevista una detrazione fiscale in modo da ridurre i costi di questo meccanismo. Altro dubbio riguarda il chi garantirà gli istituti in caso di insolvenza del lavoratore. Esclusi i parenti, rimane lo stato. Comunque un buon affare per le banche. Chi è “Rita”? Per abbattere almeno in parte il costo dell’anticipo tirato fuori dagli istituti, chi ha aderito a un fondo pensione in precedenza potrà ricorrere alla Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita). I lavoratori potranno avvalersi di una anticipo del capitale cumulato prima della decorrenza della pensione e utilizzarlo per coprire una parte dei costi dell’Ape.

In pole position ci sono i nati nel ’53. Il prestito dovrebbe essere erogato senza garanzie reali e senza l’obbligo di estinguerlo per gli eredi

ROMA Una rata di 500 euro al mese per tredici mensilità su una pensione netta di 2.500 euro per vent'anni: per chi deciderà di lasciare il lavoro a tre anni dal raggiungimento dell'età di vecchiaia la riduzione netta dell'assegno potrebbe arrivare al 20%. Il calcolo è stato messo a punto dalla Uil sulla base di un tasso di interesse fisso al 3% e una restituzione del prestito (in questo caso pari a 97.500 euro) in vent'anni. Con una pensione netta di 1.000 euro al mese l'anticipo di tre anni potrebbe prevedere una rata di 199,64 euro per 13 mensilità (216,29 se si restituisce con 12 mensilità sempre in 20 anni). La percentuale si ridurrebbe con una simulazione del tasso d’interesse al 2%: in quel caso (pensione netta di 1.000 euro) si ipotizza una rata mensile (per 13 mesi) di 182 euro per 20 anni. Il prestito da restituire ammonterebbe a 39.000 euro, ovvero a 1.000 euro al mese per i tre anni di anticipo rispetto all'età di vecchiaia. Questi dati non tengono conto del premio assicurativo per il rischio di morte prematura dato che il prestito dovrebbe essere erogato senza garanzie reali e senza obbligo di estinguerlo per gli eredi. Non è infatti ancora chiaro chi pagherà questo premio (presumibilmente alto dati gli alti rischi, anche di truffe) anche se si ipotizza che sia lo Stato a farsene carico. L'anticipo quindi appare poco conveniente per il lavoratore anche se il governo ha assicurato che ci saranno detrazioni fiscali per i lavoratori meritevoli di tutela come ad esempio quelli che a pochi anni dalla pensione hanno perso il lavoro e esaurito gli ammortizzatori sociali. Per l'anno prossimo le classi di età coinvolte saranno quelle dei nati tra il 1951 e il 1953 ma è probabile che la scelta coinvolga quasi esclusivamente quelli del 1953. Le donne del 1951 infatti sono già andate in pensione mentre quelle del 1952, grazie a una deroga prevista dalla legge Fornero, potranno lasciare il lavoro quest'anno a 64 anni (se hanno raggiunto nel 2012 venti anni di contributi). Gli uomini del 1951 e una parte di quelli del '52 hanno usufruito o usufruiranno nel 2016 della possibilità di uscita anticipata garantita a chi aveva raggiunto la quota 96 tra età e contributi con almeno 60 anni di età nel 2012. L'anno prossimo quindi il meccanismo sarà utilizzato prevalentemente da coloro che sono nati nel '53, appena compiuti i 63 anni e 7 mesi. La percentuale di riduzione a causa della rata sul trattamento lordo è più alta a fronte di un reddito più basso. In caso di pensione netta di 800 euro e un anticipo pensionistico di 3 anni (31.200 euro il prestito da restituire) la rata su 13 mensilità sarebbe di 159 euro (portando l'assegno a 641 euro) per 20 anni con una percentuale sul trattamento lordo del 17,7%. Per l'anticipo di tre anni su una pensione netta di 2.500 euro (e 97.500 euro di prestito) la rata sarebbe di 499,10 euro con una percentuale sul trattamento lordo del 13,9% (ma del 20% su quello netto). In caso di anticipo di un solo anno rispetto all'età di vecchiaia la rata sempre per 13 mensilità per 20 anni sarebbe di 53,24 euro per una pensione di 800 euro, di 66,55 per una pensione di 1.000 euro e di 166,37 per una pensione di 2.500 euro.

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