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Pescara, 25/07/2024
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Data: 20/06/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Il Pd crolla, un trionfo per il M5S. I candidati democratici sconfitti nettamente a Roma e Torino. A Milano la vittoria di Sala (Guarda i risultati)

ROMA La debacle di Matteo Renzi e del Pd non è totale solo per Milano dove, se pure di un soffio, Beppe Sala ha battuto Stefano Parisi. È la trincea del premier. Ma il Pd è sotto choc per aver perso Torino oltre che Roma. Virginia Raggi ha doppiato Roberto Giachetti (67,2%), Appendino ha vinto a Torino, città governata da ventitrè anni ininterrottamente dal centrosinistra battendo Piero Fassino, con il 54,8%, una rincorsa senza precedenti. A Milano Beppe Sala a fatica ha sconfitto Stefano Parisi e ha raggiunto il 51,8% con i voti della sinistra di Basilio Rizzo e del radicale Marco Cappato. Voti che peseranno anche sulla formazione della giunta. E pensare che Sala, l’uomo scelto sulla scia di Expo proprio da Renzi, avrebbe dovuto segnare un calcio di rigore. Sotto la Madonnina si è assistito a un testa a testa tra i due candidati, un duello importante non solo per le sorti del Pd e del modello partito della nazione. Ma anche per il centrodestra che grazie alla scelta di Parisi ha dimostrato di essere ancora in salute sia pure senza leader. A Milano con il 20% di Forza Italia che ha doppiato la Lega, si sono spenti i sogni di leadership di Matteo Salvini. E ora Parisi potrebbe essere lanciato sul terreno nazionale come nuove federatore del centrodestra. Il trionfo di Virginia Raggi a Roma, dopo Mafia Capitale e dopo il defenestramento di Ignazio Marino da parte del premier e del Pd, era dato per scontato anche se da giorni in casa dem si vaneggiava di una rimonta incredibile di Roberto Giachetti, facilitata anche dall’ultimo caso scoppiato sulle consulenze della candidata grillina per una Asl di Civitavecchia. Uno scandalo gonfiato ad arte e rilanciato anche con sms anonimi nella giornata di ieri che si è trasformato in un boomerang per il Pd. In ogni caso per vincitori e sconfitti c’è da considerare il bassissimo dato dell’affluenza nazionale, solo il 50,54% degli elettori è andato a votare. Quanto al Pd, con questi risultati, il partito a vocazione maggioritaria immaginato da Veltroni e rivendicato da Renzi rischia di restare un sogno irrealizzabile. «I ballottaggi segnano per i candidati del Pd una sconfitta netta senza attenuanti a Torino e Roma e una vittoria chiara e forte a Milano e Bologna contro candidati delle destre», recita una nota del Pd che parla di quadro frastagliato a livello nazionale e rinvia l’esame approfondito nella direzione del 24 prossimo. Renzi si è sgolato a furia di ripetere che il voto di ieri non ha valenza nazionale. “La madre di tutte le battaglie” sarà il referendum di ottobre sulle riforme. Già. Ma quello che fino ad oggi è solo stato uno spauracchio, ovvero una santa alleanza di tutti contro Renzi e contro il referendum, da ieri potrebbe essere possibile. E in casa Pd non mancheranno certo i contraccolpi. «Non è solo un voto amministrativo è un chiaro giudizio negativo sulla politica nazionale, così andiamo a sbattere occorre cambiare le politiche del governo e la gestione del Pd», avverte subito Federico Fornaro, bersaniano. E non si è ancora spenta l’ultima polemica al vetriolo su Massimo D’Alema. L’unico finora ad aver annunciato il suo impegno nel fronte del No al referendum. Ieri D’Alema è andato a votare «seguendo come sempre le indicazioni del mio partito», ha detto. Ma a chi gli chiedeva come era uscita la notizia del suo voto alla Raggi ha detto: «Una campagna orchestrata da un giornale con i mandanti all’interno del Pd». I conti nel Pd si faranno comunque presto. La minoranza userà i ballottaggi anche per mettere in discussione il doppio ruolo del segretario premier. Il partito ha bisogno di un segretario a tempo pieno e di un leader capace di ricucire a sinistra. E poi c’è la questione dell’Italcium la legge elettorale che Renzi ha disegnato e fatto approvare subito dopo il 40% delle Europee. Oggi l’Italia non è più un Paese bipolare. Torino docet.

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