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Pescara, 25/07/2024
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Data: 14/07/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Indagati i capistazione. Trovate le scatole nere. L’inchiesta in Puglia: possibile il coinvolgimento di un addetto ai controlli

Interrogativi su chi ha dato il “verde” per la partenza di uno dei due treni
I macchinisti, morti nello schianto, non avevano certo dubbi che la linea fosse libera e viaggiavano autorizzati da qualcuno. Si lavora sui tabulati telefonici sequestrati nelle stazioni

ROMA I due capistazione delle stazioni di Andria e Corato sono iscritti nel registro degli indagati e sono stati sospesi dal servizio. La procura di Trani mette il primo tassello nell’indagine sulla strage avvenuta martedì mattina sulla linea ferroviaria che corre su un unico binario,tra Bari e Barletta. Un disastro ferroviario costato la vita a 23 persone. Il più giovane aveva appena 15 anni. Secondo i primi accertamenti quel treno non doveva ripartire dalla stazione di Andria. Il procuratore di Trani, Francesco Giannella che coordina le indagini ha nominato un pool composto da cinque magistrati. Le ipotesi di reato rimangono quelle di omicidio colposo plurimo e disastro ferroviario. Le indagini puntano dritto al personale di Ferrotranviaria, la società che gestisce quella linea ferroviaria. Ci sarebbe un terzo indagato, l’addetto ai controlli. Perché gli accertamenti fin qui svolti dalla squadra speciale di agenti della Polfer, se non hanno consentito di ricostruire la dinamica dell’incidente hanno però messo alcuni punti fermi. Primo tra tutti, il segnale di partenza dato al treno fermo alla stazione di Andria: quel convoglio si è mosso quando non doveva, con l’ok del capostazione e il semaforo verde. Cosa è accaduto? C’è stato solo un errore umano oppure un guasto tecnico ha azionato il semaforo? Tre i livelli di indagine. Da un lato si procederà ad individuare le singole responsabilità nella catena di controllo che ha autorizzato il treno a lasciare la stazione di Andria, dall’altro si prenderanno in considerazione la sicurezza dei controlli da parte degli preposti e la questione del raddoppio della linea, la sua messa in sicurezza per arrivare all’individuazione di altre persone che potrebbero avere avuto ruoli non marginali. Recuperate intanto le due scatole nere fondamentali per ricostruire i minuti precedenti l’impatto. Ma è sui tabulati telefonici e la documentazione sequestrate nelle due stazioni da cui provenivano i treni, che si sono concentrate le indagini. La ricostruzione e le incongruenze. Sulla linea dove è avvenuto il disastro, gestita in concessione dalla Ferrotramviaria, i treni corrono su un binario unico e la circolazione viene regolata tramiteil sistema del “blocco telefonico”. Significa che lo “stop” oppure il “via libera” a ripartire viene ordinato ai macchinisti dopo che i capistazione si sono sentiti telefonicamente: in pratica, decidono loro, se e quale, dei due treni può lasciare la stazione. Come è stato possibile che martedì mattina sia il macchinista del treno che ripartiva da Andria, sia quello che ripartiva da Corato abbiano ricevuto entrambi il semaforo verde? È in quelle testimonianze e in quei documenti che gli investigatori avrebbero trovato la chiave dell’inchiesta che fin dai primi momenti ha comunque privilegiato la pista dell’errore umano rispetto al guasto tecnico. Una cosa è comunque certa: i macchinisti Luciano Caterino, 37 anni, e Pasquale Abbasciano, di 61, quando sono ripartiti non avevano dubbi che la linea ferroviaria fosse libera. Viaggiavano, autorizzati, a 100 chilometri all’ora su quell’unico binario che si snoda in mezzo agli ulivi. I treni si sono visti solo all’ultimo momento dopo essere sbucati da una curva. Nulla era più possibile, sono morti entrambi nello schianto. I primi vagoni di entrambi i convogli si sono sbriciolati. Con Rfi, la Corato-Andria non sarebbe percorribile. La tragedia della Puglia ha fatto emergere quanto l’Italia che viaggia in treno vada a due velocità sotto il profilo degli standard di sicurezza. Una viaggia secondo la normativa europea ed è quella dei treni che si muovono sulla rete Rfi, la Rete ferroviaria italiana, l’altra è quella dei vagoni che girano su linee gestite da privati, in concessione. Sulla rete Rfi non esistono i “blocchi telefonici” e non si può viaggiare senza almeno un sistema di controllo elettronico di sicurezza. Dunque, il tratto tra Corato e Andria dove martedì si sono scontrati i treni regionali non sarebbe stato percorribile se fosse appartenuto alla rete delle ferrovie italiane. Lì è completamente assente la tecnologia di sicurezza (il Scmt: il sistema controllo marcia) che consente di rallentare o bloccare il treno in caso di errore umano o anomalie attraverso sensori a frequenza elettrica installati sul binario. Quando su quella linea gestita da Ferrotramviaria, un treno si rimette in moto, si può solo fermare manualmente. A bordo inoltre c’è un solo macchinista. E questa non è l’unica divergenza. Tra la rete Rfi e quelle date in concessione ai privati cambiano anche gli organi che devono controllare e verificare il rispetto delle normative. I treni erano due da Corato. Ieri è emerso che i treno provenienti da Corato erano due e uno era in ritardo. Potrebbe essere stata questa la circostanza ad aver tratto in inganno il capostazione? Nessuno nega ci sia stato un errore, ma non c’era nessuna tecnologia a venire in aiuto al capostazione.

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