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Pescara, 25/07/2024
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Data: 14/07/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Statali, nuova mappa e via ai contratti. Sul piatto ci sono 300 milioni aumenti solo ai redditi bassi

ROMA Ci sono voluti sette anni per riscrivere la geografia del pubblico impiego. Dopo mesi di trattative, con una prima intesa raggiunta il 5 aprile durante una riunione notturna, ieri è arrivato l'accordo definitivo. L'Aran, l'agenzia governativa che si occupata dei negoziati, e i sindacati hanno sottoscritto il testo che ridisegna i settori della contrattazione della Pubblica amministrazione. L'intesa è fatta di 12 articoli. Viene innanzitutto definito il nuovo perimetro. Il pubblico impiego non sarà più diviso in undici settori ma in quattro, a cui corrisponderanno altrettanti contratti. Una mappa semplificata che attua, dopo diversi anni, la legge Brunetta del 2009. Con la nuova geografia i comparti previsti saranno quello delle Funzioni centrali con 247 mila dipendenti, quello delle Funzioni locali con 457 mila persone, la Sanità con 531 mila tra infermieri, medici e amministrativi e il grande agglomerato Istruzione e ricerca con ben 1 milione e 111 mila lavoratori.
L'ESCLUSIONE Dalla griglia dei quattro comparti è rimasta esclusa la presidenza del Consiglio dei ministri, che con i suoi 1.900 dipendenti e 300 dirigenti continuerà a rimanere isolata in un comparto a sé, perché nessuno dei decreti attuativi della legge del 2009 ne ha previsto l'inclusione nel nuovo assetto della Pa. Sanità ed enti locali escono quasi immutati dalla riforma (la dirigenza amministrativa di ospedali e Asl è stata destinata all'area dei poteri locali), che unisce invece tre grandi settori come la scuola, l'università e la ricerca in un unico gruppo, il più grande. L'accordo, infine, mette insieme il resto dell'amministrazione centrale, oggi suddivisa fra ministeri, agenzie fiscali come le Entrate e le Dogane, gli enti pubblici non economici (ad esempio l'Aci, il Pra, l'Enac e il Coni) e via dicendo. Sono poi stabilite le aree dirigenziali, anche queste ridotte da otto a quattro: 6.800 dirigenti nel comparto dello Stato 15.300 negli enti locali, 7.700 nell'area della conoscenza e 126.800 nella sanità, quasi tutti medici. L'accorpamento delle aree contrattuali impone aggregazioni anche tra i sindacati.
LA RAPPRESENTATIVITÀ Per essere rappresentativi, con le nuove regole, si dovrà raggiungere almeno il 5 per cento nella media di voti e di deleghe nelle Rsu, per cui più i confini sono larghi più c'è bisogno di iscritti per superare la soglia richiesta. E al fine di evitare la scomparsa delle sigle più piccole l'accordo ha previsto una soluzione ponte. Una finestra temporale di 30 giorni per le alleanze. I sindacati meno rappresentativi, in sostanza, avranno tempo fino alla vigilia di Ferragosto per aggregarsi, così da poter continuare a sedere ai tavoli delle trattative. Nell'accordo c'è un'altra clausola importante che riguarda più da vicino i dipendenti pubblici. È stato infatti confermato il principio per il quale la fusione dei vecchi comparti non produrrà subito regole uguali per tutti. I quattro contratti nazionali, infatti, potranno essere divisi in parti comuni, ovvero le regole di base su malattie, permessi e giorni di ferie, e parti speciali per regolare gli aspetti più caratteristici dei rispettivi comparti. Un compromesso per salvaguardare realtà diverse fra loro. In particolare, il settore della conoscenza con ricercatori, insegnanti, docenti universitari e amministrativi, che hanno buste paga molto differenti. La definitiva riduzione dei comparti è la premessa, imposta dalla riforma del governo Berlusconi, per far ripartire la trattativa sui contratti, sbloccati dalla sentenza della Corte costituzionale di fine luglio 2015. Superato lo scoglio delle aree un nuovo problema investe il governo, chiamato a proporre un rinnovo con solo 300 milioni di euro sul tavolo.

Sul piatto ci sono 300 milioni aumenti solo ai redditi bassi

ROMA Premiare chi ha meno in busta paga e chi si è distinto per il proprio impegno. Sono le due direttrici che guideranno il governo nella trattativa con i sindacati per il rinnovo del contratto degli statali e, dunque, l'aumento degli stipendi. Una trattativa attesa dal 2010, sbloccata dalla Corte costituzionale con la sentenza di fine luglio dell'anno scorso. Ad aprire la strada alla fase delle trattative è stata la riduzione dei comparti pubblici, imposta dalla riforma Brunetta, ma raggiunta solo ieri con la firma dell'accordo tra l'Aran e i sindacati. Entro fine mese le sigle sindacali saranno invitate a Palazzo Vidoni per un incontro con Marianna Madia. Per parlare di contratto ma non solo. Sul tavolo della ministra c'è anche la riscrittura complessiva delle regole del pubblico impiego, un Testo unico previsto dalla riforma della Pubblica amministrazione che arriverà a ridosso del 2017. Il tavolo sul rinnovo del contratto entrerà nel vivo verosimilmente a settembre. Da qualche settimana Madia sta lavorando alla bozza di direttiva da impartire all'Aran proprio in vista dell'apertura del tavolo. È ormai certo che il documento conterrà l'indicazione di concentrare le poche risorse disponibili soprattutto sui redditi medio-bassi. La dote, al momento, è di 300 milioni, ma potrebbero aumentare con la prossima legge di Stabilità.
SELEZIONE La strada sarebbe quella dei rialzi selettivi. Un meccanismo a scaglioni per una distribuzione graduale delle risorse, con un riduzione degli aumenti al salire dello stipendio. E con l'esclusione totale delle fasce più alte, che riguarderà in particolare i dirigenti. Una delle ipotesi sul tavolo ricalca lo schema del bonus Irpef: concedere gli aumenti di stipendio soltanto a chi guadagna meno di 26mila euro. Se il criterio dovesse essere questo saranno circa 800mila persone a ricevere un incremento in busta, su una platea di poco più di tre milioni di lavoratori pubblici. Un sistema diverso da quello seguito negli anni passati, quando gli aumenti venivano suddivisi per tutti i dipendenti con la stessa percentuale. Chi aveva stipendi più alti finiva per prendere somme maggiori. Una seconda indicazione che sarà probabilmente inserita nella direttiva Madia riguarda i salari accessori e i premi, con la richiesta di differenziazione legata alla produttività. Potrebbero essere applicate, almeno in un primo momento, le soglie decide dalla legge Brunetta rimaste finora su carta: solo il 25% dei dipendenti riceverà il premio per intero. Il 50% della fascia intermedia avrà il premio dimezzato. Infine il 25% che finisce in fondo alla graduatoria dovrà accontentarsi del salario base, senza neanche un centesimo in più legato alla produttività.

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