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Pescara, 25/07/2024
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Data: 15/07/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Nello scontro tra treni non solo errore umano. Accertamenti sull’Ustif di Bari, una struttura del ministero dei Trasporti. E Cantone denuncia: le mancate opere anche colpa della corruzione

Nei prossimi giorni si svolgeranno gli interrogatori dei due capistazione finiti sotto inchiesta per le ipotesi di reato di disastro ferroviario colposo e omicidio plurimo

ROMA Otto minuti. È in questo lasso di tempo che si è consumata la tragedia in Puglia. Il disastro ferroviario che ha causato la morte di 23 persone, tra cui un ragazzino di appena 15 anni, e il ferimento di altri 36 passeggeri, alcuni dei quali versano in gravissime condizioni. Su quell’unico binario delle Ferrovie di Bari nord, nel tratto Corato-Andria martedì mattina dopo le 11 non c’erano solo i due treni che poi si sono scontrati, ma tre. Sulla linea diretta a Bari viaggiavano due treni, uno dietro l’altro. Il primo è transitato nella stazione di Corato, in ritardo di otto minuti, ed è arrivato regolarmente ad Andria. Qui il capostazione Vito Piccarreta quando l’ha visto arrivare, ha comunicato al collega di Corato il via libera per far ripartire il treno diretto a sud, ma nessuno dei due capistazione si è reso conto che sul binario unico viaggiava un terzo treno diretto a nord. Impossibile per i due macchinisti fare qualsiasi manovra. Lanciati a 100 chilometri all’ora all’uscita di una curva i due convogli si sono schiantati l’uno contro l’altro. Il treno in ritardo e il via libera sbagliato. È questo il punto nevralgico dell’inchiesta sul quale si stanno concentrando gli investigatori. Il capostazione di Andria, Vito Piccarreta, uno dei due indagati (l’altro è Alessio Porcelli capostazione a Corato), avrebbe dovuto consentire la partenza del treno fermo in stazione solo nel momento in cui entrambi i treni provenienti da Corato erano in stazione. Il primo punto da chiarire per la procura è dunque questo: Piccarreta sapeva che i treni in arrivo da Bari erano due? E in ogni caso, come accertato dai video delle telecamere, perché ha dato il via libera al macchinista senza aver visto arrivare il convoglio da Corato? Ma anche Alessio Porcelli dovrà spiegare come mai una volta ricevuta la comunicazione dal collega dell’avvenuta partenza del treno da Andria non abbia immediatamente segnalato che sulla stessa linea c’era il secondo treno partito dalla “sua” stazione, quella di Corato. I due capistazione al momento sono gli unici indagati per disastro ferroviario colposo e omicidio plurimo. Sospesi dal servizio, saranno interrogati nei prossimi giorni. Oggi verranno sottoposti entrambi ad esami tossicologici e istologici per capire le loro condizioni fisiche. L’indagine coinvolge struttura del ministero dei Trasporti. «Ma parlare di errore umano è assolutamente riduttivo», ha tenuto a sottolineare il procuratore di Trani, Francesco Giannella che coordina il pool di cinque magistrati impegnati nell’inchiesta sul disastro ferroviario. Perchè se appare chiaro che da parte di uno, o di entrambi i capistazione sia stato commesso uno sbaglio, le indagini sono molto più complicate e coinvolgono gli enti che hanno consentito che si potesse verificare un errore umano dalle conseguenze così tragiche. Proprio per questo motivo è coinvolto nell’indagine un organo periferico del ministero delle Infrastrutture e Trasporti, l’Ustif (ufficio trasporti a impianti fissi) che ha competenza di controllo e vigilanza sulla sicurezza su tutti i trasporti pubblici che si avvalgono di impianti fissi: non solo ferrovie in concessione come quelle del nord barese, ma anche funivie e teleferiche. Il procuratore vuole capire se ci sono state violazioni delle normative. Ad esempio, se erano state autorizzate corse supplementari su quel binario unico dove ogni giorno viaggiavano circa duecento treni. L’altro ufficio dove ieri sono arrivati gli agenti della squadra speciale della Polfer sono quelli della Ferrotraniviaria, la società che ha in gestione le ferrovie del nord barese. Una serie di anomalie. «La dinamica è stata ricostruita» ha detto il procuratore Giannella. «Il treno che è partito per secondo non doveva partire». Disperato il capostazione Piccarreta ha ammesso: «Non sapevo che da Corato stesse arrivando un altro treno per questo ho dato il via libera. Ho alzato io la paletta verde, ma sono anche io una vittima». Ma gli inquirenti sono convinti che quella mattina si siano verificate sulla linea una serie di «anomalie», forse dei piccoli guasti; forse uno dei treni è tornato indietro come avrebbero riferito alcuni testimoni, forse ancora l’accavallarsi dei convogli potrebbe aver generato confusione nelle comunicazioni. «Tutti vogliono i veri colpevoli, la richiesta dei familiari delle vittime è legittima - ha promesso il procuratore - e faremo in modo che coloro che hanno avuto un ruolo in questa vicenda vengano perseguiti dalla giustizia». Responsabilità che gli inquirenti andranno a cercare anche negli enti pubblici: quelli dove si sono fermate le decisioni che avrebbero consentito di finire il raddoppio della linea ed evitare il disastro. Raffaele Cantone: la difficoltà di fare infrastrutture colpa della corruzione. Il presidente dell’Autorità anticorruzione ha lanciato una chiara accusa: «Le immagini delle lamiere accartocciate resteranno a lungo nelle nostre menti. L’incidente è probabilmente frutto di un errore umano, ma è certamente conseguenza di un problema atavico del nostro paese che è la difficoltà di fare le infrastrutture. Ed una di queste difficoltà è certamente da individuare nella corruzione».

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