Iscriviti OnLine
 

Pescara, 25/07/2024
Visitatore n. 738.575



Data: 31/07/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Pensioni, a settembre l'accordo

In pensione tre anni prima del tempo. Con il prestito della banca, la regia dello Stato e restituendo il denaro nell’arco di 20 anni. Tra le tante ipotesi in campo (lavori usuranti, agevolazioni per lavoratori precoci, ricongiunzione dei contributi versati in gestioni diverse e quattordicesime), un punto fermo in tema di pensioni c’è. La flessibilità in uscita si farà sicuramente. E sarà messa a punto entro fine settembre per poi essere formalizzata nella legge di Stabilità dopo un serrato confronto con i sindacati che si aprirà il giorno 6. Le parti sociali chiedono da tempo di cambiare la legge Fornero che ha inasprito i requisiti per l’accesso alla pensione e reso il sistema “troppo rigido”. Il governo, senza modificare l’impianto generale della legge varata nel 2011 dall’esecutivo Monti su richiesta di Bruxelles, pensa all’introduzione dell’Ape. Vale a dire l’anticipo pensionistico (su base rigorosamente volontaria) da restituire in 20 anni per uscire fino a tre anni prima dell’età di vecchiaia (con un taglio che varierà a seconda delle situazioni), con la discesa in campo anche di banche e assicurazioni, sotto la regia dell’Inps. Si dovrebbe partire con le classi 1951-53 nel 2017, per poi allargare il meccanismo ai nati nel 1954 nel 2018 e nel 1955 nel 2019. Invece dei 66 anni e 7 mesi attuali, si potrebbe lasciare il lavoro a 63 anni e 7 mesi. Per questi tre anni non si percepirebbe la pensione, ma si otterrebbe un prestito da una banca che poi verrebbe restituito a rate mensili trattenute dalla pensione una volta raggiunti i 66 anni e 7 mesi. A quanto ammonterebbe il prestito? Sarebbe commisurato a quello della futura pensione. L’assegno verrebbe erogato dall’Inps (al 95% del trattamento maturato con i requisiti ordinari ) che poi, al compimento dei 66 anni e 7 mesi, inizierebbe a rimborsare il prestito alle banche decurtandolo dalla pensione stessa. La decurtazione verrebbe legata all’entità dell’assegno, più alta per le pensioni alte, più bassa per quelle inferiori. Le cifre sono ancora incerte, ma per un anticipo di tre anni si oscillerebbe tra il 15% delle basse al 30% delle alte. Questo vorrebbe dire un taglio medio annuo compreso tra lo 0,5 e il 2% a seconda della situazione individuale del lavoratore. Il quale pagherebbe anche gli interessi sul prestito, mitigati però da un sistema di detrazioni fiscali. A settembre governo e sindacati affronteranno anche il dossier relativo all’innalzamento della quattordicesima, con l’idea di allargare la platea dei beneficiari (che oggi sono coloro che prendono un assegno sotto i 750 euro mensili, sotto i 10mila euro lordi l’anno), o di alzare l’importo. In che modo? Ad esempio elevando il tetto della no-tax area a 8.140 euro, la soglia di esenzione dall’Irpef. Nel menù previdenza figurano anche le ricongiunzioni, i lavori usuranti (con l’ipotesi di congelare per un certo periodo l’adeguamento automatico dei requisiti all’aspettativa di vita) e i lavoratori precoci (con l’ipotesi di riconoscere un bonus contributivo da 4 a 6 mesi per ogni anno lavorato tra i 14 e i 18 anni).

www.filtabruzzo.it ~ cgil@filtabruzzo.it