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Pescara, 25/07/2024
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Data: 02/08/2016
Testata giornalistica: Il Centro
“Bella ciao” e bandiere rosse per Marco. L’addio della città

LANCIANO Piange anche il cielo per Marco Di Rocco, sindacalista della Fiom ucciso dal mal di vivere a 51 anni. Una pioggia scrosciante e improvvisa scende a mischiarsi alle lacrime di un fiume di gente accorsa nella chiesa di Sant’Antonio per l’ultimo saluto ad un uomo che ha dato sempre tutto se stesso per gli altri: lavoratori, precari, persone in difficoltà, sindacato. Tutti hanno amato e amano Marco. Ieri ancor di più alla scoperta, lacerante, di quanta fragilità si celasse dietro i suoi sorrisi, di quanti anni di buio nascondesse la sua scanzonata vitalità. Marco è entrato in chiesa in mezzo a un fiume di gente e due ali di bandiere rosse della Fiom. Accanto alla bara, a turno, con gli occhi lucidi e lo sguardo basso, si alternano come vedette operai, amici, dirigenti del sindacato, colleghi. Restano fermi con le mani dietro la schiena a vegliare su Marco, come a proteggerlo da tutte le ondate di affetto che si riversano in chiesa. Ci sono tutti. Il sindaco Mario Pupillo e il vice Pino Valente con l’amministrazione e il consiglio comunale al completo. I dirigenti vecchi e nuovi di Fiom e Cgil, gli esponenti della sinistra locale e regionale. Ma ci sono anche delegati, rsa e tantissimi rappresentanti di altre sigle sindacali come Uilm, Fim, Ugl, Fismic, di altri partiti e altri schieramenti, associazioni, comitati, operai di fabbriche come Sevel, Isringhausen, Honda. Tutti ad omaggiare un grande sindacalista e un grande uomo che ha saputo unire anche nei momenti di massima divisione. La famiglia tutta (quattro tra fratelli e sorelle) si è stretta attorno alla figlia Federica, 16 anni e alla moglie Loredana, da cui era separato. In chiesa c’è anche l’attuale compagna, Daniela, che lavora in Cgil, arrivata con il segretario provinciale della Fiom, Davide Labbrozzi. Ci sono sindaci, amministratori, simpatizzanti di ogni latitudine politica e sindacale; operai metalmeccanici e dipendenti di fabbriche fuori dal circuito automotive. Perché Marco ha aiutato tutti, indistintamente. Dalle tre del pomeriggio il flusso di persone arrivate a salutarlo è continuo. Ad officiare la messa, iniziata alle 17, sono padre Damiano, padre Luciano e padre Celestino. «Marco nella vita ha brillato di tante luci», dice il primo che cita la poesia di madre Teresa di Calcutta, «di tanti momenti belli e di altruismo, di presa in carico sulle sue spalle di problemi e responsabilità degli altri. Tutte queste qualità sono perle preziose per Dio». «Caro compagno», dice Labbrozzi, «mi dicevi che di notte sognavi vertenze e lavoratori. Il mondo aveva bisogno di te e del tuo essere uomo dalle mille intuizioni. Oggi quel mondo è qui con te per salutarti e dirti grazie. Ti voglio bene». «Marco, hai salvato tante vite», interviene il sindaco Pupillo con la voce rotta, «grazie per quello che hai fatto per la comunità. Ci consola il fatto che adesso puoi ricevere quelle carezze di tua madre che non hai mai avuto e che tu meritavi». Il professor Remo Rapino gli dedica una poesia «per spegnere il rumore fastidioso dei perché». Fuori dalla chiesa c’è tutto l’amore di Marco che ritorna in mille facce e mille mani che si stringono. E quando la bara raggiunge l’auto è un tripudio di bandiere rosse, qualcuno intona “Bella ciao” e tutti lo seguono, come avrebbe fatto lui stesso, magari da un megafono, davanti a un picchetto o in mezzo a un corteo. Ciao Marco.

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