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Data: 05/08/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Le telefonate Muraro-Buzzi nelle carte di Mafia Capitale. Grillo difende la Raggi: tutti con te. Ma il direttorio lancia un ultimatum

ROMA Dove c'è emergenza, c'è Salvatore Buzzi, l'imputato numero uno del processo contro Mafia Capitale. Il ras delle cooperative può tutto e raggiunge tutti. E così non poteva mancare nella sua rete di rapporti anche l'aggancio con il neo assessore Paola Muraro. I due si conoscono, si telefonano, e di quelle comunicazioni riservate c'è traccia proprio all'interno dell'enorme quantità di intercettazioni contenute nel fascicolo dell'inchiesta che ha travolto la Capitale. I magistrati che hanno indagato non sembrano aver trovato un rilievo penale in quello scambio di informazioni. Ma è facile che il nuovo terremoto che ha colpito Ama e la sua consulente ora in Campidoglio, portino gli inquirenti a dare una rilettura a quelle telefonate.
L'EMERGENZA
La storia risale al 2013. Malagrotta sta per chiudere e l'Ama ha il problema di dove portare i rifiuti. Ai vertici della municipalizzata, in quel momento, c'è Giovanni Fiscon, poi travolto anche lui dall'inchiesta sulla mafia romana. Muraro è consulente dell'Azienda e, quasi certamente, deve aiutarlo a cercare una soluzione. Si deve fare in fretta. A quel punto Ama si rivolge a Federambiente e chiede la lista dei possibili impianti da utilizzare. Buzzi e le sue coop non ci sono e, infatti, non riusciranno a entrare nell'affare. Ma in quelle ore i vertici della municipalizzata spenderanno ogni energia per cercare una soluzione a favore del Cns, il Consorzio nazionale servizi di Bologna, di cui il ras delle coop è membro del consiglio di sorveglianza.
Ma non è tutto. La signora, conosciuta e stimata nel suo ambiente, sembra avere particolare facilità a tessere i rapporti. E così, tra le sue conoscenze, che ora destano qualche sospetto a piazzale Clodio, c'è anche quella con un altro ras, ma delle discariche, il novantenne Manlio Cerroni. Nel fascicolo assegnato al pm Alberto Galanti ci sono intrecci, diretti e soprattutto mediati, tra i due. A cominciare dalla affare cassonetti che a Roma, in sostanza, portano tutti al ras dell'immondizia. Così come la stragrande maggioranza delle inchieste sul ciclo dei rifiuti. Cerroni, plurindagato, è sotto processo per associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di immondizia. Accusa che la Procura gli contesta anche in una delle nuove indagini. L'ultimo anello di congiunzione tra Muraro e il Supremo è lo scontro che lei ha avuto con il presidente dimissionario dell'Ama, Daniele Fortini, sull'utilizzo del tritovagliatore di Rocca Cencia.
I SOSPETTI
L'impianto è della Colari, azienda di Cerroni, ed è inattivo da marzo. L'assessore dichiara che sarebbe necessario riaprirlo. Poi, però, si scopre che lo stabilimento è al centro di un'inchiesta della direzione distrettuale antimafia. Indagini che sono collegate a un'altra vicenda che coinvolge gli impianti di Trattamento meccanico biologico capitolini, due dei quali di proprietà dell'Ama e controllati proprio dall'assessore quando lavorava come consulente per la municipalizzata. Il sospetto degli inquirenti è che i Tmb abbiano smaltito meno rispetto a quanto stabilito nel contratto di servizio. Un rallentamento che potrebbe avere avuto come conseguenza dirottare la spazzatura nel tritovagliatore. Inoltre, c'è un altro filo rosso che sembra legare Muraro al Supremo, ed è sempre riguardo ai Tmb romani e alla società che li ha costruiti, la Sorain Cecchini, ditta sempre riconducibile a Cerroni. L'azienda compare nell'elenco dei soci di Atia-Iswa Italia, associazione che riunisce i tecnici gestori dei rifiuti e di cui il neo assessore è stato presidente - ora uscente - dal 2014.

Grillo difende la Raggi: tutti con te Ma il direttorio lancia un ultimatum

IL RETROSCENA

ROMA C'è chi lo chiama ultimatum: o si esce dall'impasse o non ti difendiamo più. Di fatto dopo quarantasei giorni di passione serve l'intervento diretto di tutto il direttorio sul blog di Beppe Grillo per fare quadrato attorno alla sindaca. Siamo tutti con Virginia recita il titolo del comunicato che ricorda i quasi 800 mila voti romani ottenuti da Raggi e che vuole evidenziare l'ovvio, ovvero che tutta la giunta, non si nomina mai Muraro, «sta lavorando a testa bassa per restituire ai romani una città pulita, ordinata, funzionante, viva e risolvere i danni lasciati da venti anni di mala politica». Il comunicato firmato da Beppe Grillo, Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio, Roberto Fico, Carla Ruocco, Carlo Sibilia significa diverse cose. Viene letto, all'interno del M5S, come un segnale «di debolezza» perché dà credito ai tanto maltrattati giornali (negando anche la telefonata, confermata da diverse fonti, tra il comico e la sindaca) e nei fatti sposta il commissariamento. Del caso Roma se ne occupano i big, non più il mini direttorio: la senatrice Paola Taverna sembra non averla presa benissimo per non essere stata invitata al vertice a casa di «Dibba». In tutto, questo la sindaca prova a rivendicarsi uno spazio autonomo. «Il nuovo ad di Ama Alessandro Solidoro ha detto ieri - è stato scelto da me insieme ai due assessori».
LA MORSA
E sulle tensioni interne: «I vertici del Movimento sono insoddisfatti di me? ha dichiarato Raggi serafica - Direi proprio di no». «Le precisazioni sul blog sono necessarie, tutto ciò che fa o dice Virginia si riverbera sulla possibilità che abbiamo di vincere le prossime politiche», commentano fonti interne al Movimento che osservano la situazione lontano dalla città eterna. Luigi Di Maio, grande sponsor di Virginia, e candidato in pectore a Palazzo Chigi ieri ha sentito la necessità di slegare il suo destino da quello di Raggi: «Non useremo Roma per andare al governo del Paese». A lui, infatti, tocca il compito di fare ammissioni eloquenti e riportare alla realtà le promesse di Raggi e Muraro che solo pochi giorni fa avevano dato l'ultimatum ai sacchetti di immondizia abbandonata: 20 agosto. Promessa che Di Maio dà già per persa: «La nostra colpa a Roma scrive - è non avere risolto in venti giorni le emergenze create dai partiti in vent'anni». Ecco perché Di Maio ha deciso di allargare ulteriormente la cerchia di persone fidate per condividere la tensione, e dare il segnale a Virginia Raggi che non è sola e che può e deve fidarsi. Il vicepresidente della Camera sta schierando in campo per lei tutti i suoi uomini: dal deputato Alfonso Bonafede, designato un mese fa come responsabile enti locali per il centro e la Sardegna, fino al suo responsabile delle relazioni istituzionali Vincenzo Spadafora. Allo stesso tempo Di Maio fa capire un governo M5S è possibile al di là della Capitale.
LE NOMINE
Al di là dei post la situazione è ancora molto magmatica. La sindaca non ha un portavoce: il giornalista in prestito dalla Camera Augusto Rubei, che le ha seguito la campagna elettorale, è finito al centro delle guerre intestine dei pentastellati. Ora è in ferie ma se ritornerà in Comune si occuperà di strategie della comunicazione, ma dietro le quinte. Per il ruolo di portavoce i contatti di queste ore portano al cronista dell'Ansa Teodoro Fulgione. La pratica è nelle mani di Rocco Casalino. Di sicuro però le nomine dello staff non saranno affrontate nemmeno oggi, quando tornerà a riunirsi la giunta (sono previsti gli inquadramenti di 4-5 figure di supporto degli assessorati e basta). Tutto il resto è bloccato e potrebbe essere così fino a settembre Anche perché «Virginia» (staccherà qualche giorno dal 16 agosto al 20). In questo clima di unanimismo un po' di facciata torna in auge il grande sconfitto delle primarie: Marcello De Vito. Dopo giorni passati a difendere Muraro e a pubblicare i video dell'avvio dell'era Raggi, nelle bacheche è comparso quello che viene finalmente considerato un vero provvedimento Cinque Stelle. Il titolo è eloquente: Fatti non parole e riguarda il taglio delle auto di servizio e dei permessi ztl. Ma il borsino è soggetto a continue oscillazioni.

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