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Pescara, 25/07/2024
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Data: 05/08/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Pensioni, il prestito conviene meno

ROMA L'anticipo pensionistico con la formula del prestito (Ape) - a cui sta lavorando il governo - salva i bilanci dello Stato ma penalizza i lavoratori in uscita rispetto ad altre proposte di flessibilità come quelle elaborate da alcuni parlamentari (tra cui l'ex ministro Damiano) e dal presidente dell'Inps Boeri. Mentre in queste giornate estive Palazzo Chigi e ministero del Lavoro stanno mettendo a punto gli ultimi dettagli della proposta, in vista della legge di Stabilità, l'Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) ha fotografato il dibattito sul tema flessibilità con un focus dedicato. Aggiungendo alcune raccomandazioni, in particolare sula necessità di calibrare bene l'aiuto pubblico - sotto forma di detrazione fiscale - che accompagnerà questa operazione.
Il punto di partenza è una riflessione sugli effetti della riforma Fornero entrata in vigore nel 2012. Un provvedimento dettato dall'emergenza finanziaria che ha ottenuto tra gli altri il risultato di far aumentare il tasso di occupazione nella fascia di età compresa i 55 e i 64 anni, in precedenza più basso di 10 punti rispetto alla media dell'area euro. Nello stesso periodo però l'occupazione si è ridotta nelle fasce di età relativamente più giovani. Questo elemento - nota l'Upb - ha contribuito ad alimentare il dibattito sulla necessità di un canale di uscita più flessibile; anche se la maggioranza degli economisti ritiene che in generale i lavoratori anziani non sottraggano posti a quelli con meno esperienza, è anche vero che in periodi di crisi bruschi innalzamenti dei requisiti per l'uscita possono avere effetti indesiderati.
LE RIGIDITÀ
Finora, viene ricordato nello studio, alla rigidità della legge Fornero si è ovviato con il meccanismo delle salvaguardie successive, oltre che con altri correttivi minori. Negli ultimi mesi si sono poi imposte all'attenzione almeno due proposte, quella parlamentare che porta il nome dell'ex ministro del Lavoro Damiano e ha la forma di un disegno di legge, e quella elaborata dal presidente dell'Inps Boeri. Nel primo caso è prevista l'uscita a partire dai 62 anni di età, con penalizzazioni economiche (il 2 per cento l'anno con un'anzianità contributiva di 35) per chi anticipa rispetto alla soglia dei 66 anni e simmetricamente una maggiorazione per chi invece si trattiene al lavoro anche fino ai 70 anni. La proposta Boeri punta invece ad estendere a tutti i lavoratori il canale di uscita con età di 63 anni e 7 mesi oggi riservato a chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 (senza il vincolo dei 35 anni di contributi ma solo 20). Il taglio dell'assegno sarebbe del 3 per cento l'anno; è previsto inoltre un importo minimo per l'assegno pari a 18 mila euro lordi l'anno.
LE SIMULAZIONI
In base alle simulazioni dell'Upb la proposta Damiano produrrebbe nel 2017 una maggior spesa pari a 3 miliardi, destinata poi a crescere a 8 miliardi l'anno nel 2024. Con la Boeri l'incremento sarebbe più contenuto, 650 milioni subito e poi 2,8 miliardi l'anno nel 2024, soprattutto a causa del vincolo di importo minimo sull'assegno. Quanto all'Ape, la proposta del governo non è ancora stata formalizzata: si basa su un anticipo fino a tre anni del momento dell'uscita: il relativo trattamento percepito in questa fase verrebbe poi restituito con trattenute sulla pensione ordinaria nell'arco dei vent'anni successivi al conseguimento dei requisiti. L'Ufficio parlamentare di bilancio nota che la bozza di proposta governativa è «chiaramente meno conveniente per il lavoratore e comporta un minore coinvolgimento dei conti pubblici». Questo perché le risorse non proverrebbero dal bilancio pubblico ma dal sistema bancario-assicurativo. Il contributo dello Stato ai più bisognosi verrà per via fiscale, probabilmente attraverso una detrazione Irpef: l'Upb raccomanda che sia coerente con gli altri istituti assistenziali presenti nel sistema pensionistico.

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