Iscriviti OnLine
 

Pescara, 25/07/2024
Visitatore n. 738.574



Data: 11/08/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Pensioni, costa 4 miliardi l'impatto della flessibilità

ROMA La riforma della riforma costa. Sfiorerebbe i quattro miliardi, quando tra 10 anni le misure andranno a regime, l'impatto finanziario totale del pacchetto a cui sta lavorando il governo, che ha lo scopo dichiarato di correggere alcune asprezze della riforma Fornero. Non tutte le ipotesi su cui sta ragionando vedranno necessariamente la luce con la legge di Stabilità, e proprio la valutazione complessiva del pacchetto, in un contesto in cui i margini di bilancio si restringono a causa di una ripresa meno vivace del previsto, consiglia al governo di operare una selezione all'interno del pacchetto.
Al tavolo della trattativa i sindacati chiedono un impegno che per l'anno prossimo arrivi a 2,5 miliardi. Dall'esecutivo, in via solo ufficiosa, è emersa la disponibilità a metterne sul piatto non più di 1,5. Paradossalmente, ma non troppo, il provvedimento maggiormente al centro della discussione, il cosiddetto prestito pensionistico, ha un effetto finanziario non trascurabile ma neppure devastante: 600-700 milioni, destinati in larga parte a finanziare - per i pensionandi in evidente difficoltà - le detrazioni fiscali necessarie a compensare l'onere delle rate di prestito da restituire. Una piccola parte della dotazione, non più di 50 milioni, servirebbe invece per gli oneri a carico dell'Inps, che sarà incaricato di fare da interfaccia amministrativo.
La singola voce più costosa, in base ai numeri anticipati dall'Ansa, è invece il bonus contributivo per i lavoratori precoci, ovvero quelli che hanno iniziato la propria carriera prima dei 18 anni. L'idea è di dare maggior peso ai contributi versati inizialmente, aggiungendo 3 o 4 mesi per ogni anno di versamenti in giovane età In questo modo gli interessati potrebbero accedere alla pensione anticipata un po' prima di quanto richiesto dalle regole attuale (42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, un anno in meno per le donne).
A regime costerebbe tra 1,2 e 1,8 miliardi. Decisamente meno complicato dare una mano ad un'altra categoria, quella di coloro impegnati in lavori usuranti: la scorciatoia a loro vantaggio avrebbe un effetto annuo pari a 72 milioni. Con 500 milioni annui, sempre a regime (ma solo 87 nel primo anno), si potrebbero rendere gratuiti la ricongiunzione dei contributi versati a enti diversi e il riscatto della laurea ai fini della pensione.
I REDDITI BASSIC'è poi un capitolo dedicato specificamente non a coloro che devono lasciare il lavoro, ma a chi si trova già in pensione. L'obiettivo è sostenere il reddito di queste persone. Due gli strumenti allo studio. Il primo, meno oneroso, è l'allargamento della cosiddetta no tax area, ovvero la soglia al di sotto della quale non si paga Irpef per effetto delle detrazioni d'imposta. Attualmente è fissata a circa 8.150 euro per i lavoratori dipendenti e a circa 7.750 euro per i pensionati. Si tratterebbe di unificare questo valore, con un effetto positivo a catena, pur se limitato, anche su coloro che hanno redditi bassi ma comunque pagano qualcosa. Il minor gettito è stimato in 260 milioni l'anno. Ma la misura più significativa potrebbe essere il potenziamento della quattordicesima una sorta di parziale mensilità aggiuntiva riconosciuta ai pensionati con un assegno basso. Raddoppiare la platea da 1,2 milioni a 2,4 milioni di persone costerebbe circa 800 milioni.
Insomma, la lista della spesa è piuttosto nutrita e ora il governo dovrà scegliere. A sollecitare ci sono soprattutto i sindacati, che chiedono un impegno di almeno 2-3 miliardi.

www.filtabruzzo.it ~ cgil@filtabruzzo.it