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Pescara, 25/07/2024
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Data: 11/08/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Pensioni, servono almeno 4,1 miliardi. Copertura insufficiente, il governo ne mette sul piatto 1,5: serviranno per Ape, “scivolo” dei precoci e quattordicesima

ROMA Il governo punta a mettere sul piatto 1,5 miliardi per correggere alcuni punti della riforma Fornero. Ma per realizzare un intervento efficace ne servirebbero più del doppio: 4,1 miliardi. È questa la stima che filtra dal ministero del Tesoro impegnato a calibrare il mix di interventi previdenziali in vista della legge di Stabilità. Ed anche se fonti di Via XX Settembre hanno fatto sapere che si tratta di una copertura che fa riferimento al momento in cui le modifiche saranno andate a regime (vale dire tra 10 anni) si tratta pur sempre di una cifra molto elevata. Anche se occorre ricordare che nelle intenzioni di Palazzo Chigi c’è l’idea di una riforma da completare per gradi: la flessibilità in uscita dal lavoro e la ricongiunzione gratuita dei contributi versati per la pensione in diverse gestioni subito, a settembre. Il resto del dossier a cominciare dalla primavera del 2017 e a seguire negli anni a venire. La riforma a tappe non cambia però la sostanza del problema: il peso gravoso della copertura finanziaria. L’intervento che ha in mente il governo si compone di sei pezzi. E quello economicamente più gravoso è quello che riguarda gli scivoli. Riconoscere uno scivolo al pensionamento per i lavoratori precoci, coloro che hanno iniziato a lavorare prima dei 18 anni, avrebbe costi che oscillano tra 1,2 e 1,8 miliardi a regime. Il riconoscimento di un bonus di 4 mesi per ogni anno di contribuzione prima dei 18 anni di età (a partire da 14) avrebbe un valore tra 1,5 e 1,8 miliardi, sempre a regime. Riducendo il bonus a 3 mesi si andrebbe da 1,2 a 1,4 miliardi. Sarebbe di 60-67mila la platea annua degli interessati. Quanto alla quattordicesima, raddoppiare la platea dei pensionati (da 1,2 a 2,4 milioni di persone over64) costerebbe 800 milioni l’anno. La cosiddetta ricongiunzione gratuita, cioè mettere in fila i contributi versati per la pensione in diverse gestioni, costerebbe 500 milioni a regime. La cifra includerebbe anche il riscatto della laurea (senza la spesa si abbasserebbe a 440 milioni). Nel primo anno di attivazione il costo sarebbe pari a 87 milioni di euro. Il costo dell’Ape, l’anticipo pensionistico tramite prestito, varierebbe tra i 600 e i 700 milioni di euro, una spesa destinata soprattutto a coprire le detrazioni per le categorie più svantaggiare, come i disoccupati. Circa 50 milioni sul totale servirebbero a finanziare la gestione dell’operazione Ape, la cui regia sarebbe affidata all’Inps. Allineare la no tax area dei pensionati a quella valida per i dipendenti costerebbe invece 260 milioni di euro l’anno. Si tratterebbe di alzare la soglia poco sopra gli 8mila euro per tutti i pensionati, equiparandola a quella prevista per i lavoratori dipendenti. Infine favorire il pensionamento di chi ha svolto lavori usuranti determinerebbe una spesa di 72 milioni di euro a regime (20 milioni il primo anno). Queste indiscrezioni hanno spinto i sindacati ad andare in pressing sul governo. «L’asticella di un milione e mezzo di euro deve essere superata e si deve andare oltre i due miliardi se si vogliono dare risposte vere sia alle pensioni medio basse sia alle criticità legate al lavoro, dai percorsi usuranti ai lavoratori precoci» ha spiegato il segretario generale della Cgil Ivan Pedretti. Il quale ha avvertito che «se il governo non fa uno sforzo vero, il sindacato è pronto alla mobilitazione». Più conciliante la Uil. «I risultati sino ad ora prodotti al ministero del Lavoro al tavolo delle pensioni sono stati utili e sono state già fissate le date per il prosieguo del confronto» ha detto Domenico Proietti. «È in quella sede - ha continuato - che bisognerà entrare nel merito anche economico della questione per definire provvedimenti concreti, fruibili e coerenti con gli obiettivi che vogliamo raggiungere».

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